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sabato 30 luglio 2011

Ricadute esistenziali delle contingenze narrative di Antonio Pagliara (Lupo editore)












Dal curriculum di Ciccio Spina – habitué del bar Sguario e amico dell’insostituibile Marco Cazzafitta – alla sofisticata arte salentina dell’inzuppare il biscotto, dall’aneddoto all’antropologia, dalle divagazioni filosofiche tra “chiocciole intelligenti” ai polli londinesi, fino alle prose di viaggio (Iran, Colombia, Turchia), è una fantasmagoria di storie, leggende e incontri con varia umanità.
Le diverse anime di questi racconti sembrano obbedire alla bizzarria del caso e produrre la meraviglia di un incastro caleidoscopico, inseguendo per esili richiami una loro missione di scoperta. E se il severo giudizio del “Professore” ha piombato lo scrittore nel dubbio, resta pur sempre vero che l’accusa di qualunquismo nasce da un eccesso di sambuca, e che in fondo l’esistenza è fatta di contingenze…
Sta al lettore raccogliere la sfida e decidere che fare di queste ricadute: se ridere o sorridere, pensare, incantarsi, o semplicemente godersele.

Antonio Pagliara - E’ un docente mitomane di trenta e passa anni. Laureato in lettere, ha lavorato in Colombia e Iran, ora vive a Istanbul. Il suo precedente romanzo s’intitola drammaticamente Schioma.

venerdì 29 luglio 2011

IM(MODESTI) CONSIGLI DI VIAGGIO

MEMO - Grandi Magazzini Culturali dedica
la cover story del numero estivo al viaggio e ai viaggiatori

All’interno di un festival letterario, all’insegna del nomadismo forzato e del sempre connesso, nei luoghi silenziosi del FAI, alla scoperta dei trend del turismo, tra le dieci righe di un libro, con un lapis, un taccuino e qualcosa da disegnare, con le regole giuste imparate da chi il viaggio lo insegna, camminando a piedi senza bucare il cielo, muovendosi nei reami dell’immaginazione, cercando Alice nel Paese delle Meraviglie, osservando fotografie scomposte ricomposte come in un puzzle, in compagnia di Hugo Pratt e Corto Maltese, ridendo della giusta distanza tra le parole e le immagini di un calembour, finendo talvolta dentro un baule firmato Louis Vuitton. [...]
Paolo Marcesini

Nel quarto numero di MEMO:

FERNANDO ACITELLI • EMILY ALLCHURCH ARCUS • PAOLA BARATTA • STEFANO BARTEZZAGHI • LUCA BEATRICE • ANDREA BEGNINI • LUISA BOCCHIETTO • SIMONETTA CAPECCHI • EDDY CATTANEO • CINZIA COMPALATI FAI • SYLVIE FORESTIER • MARCO FRANCIOLLI • MARIO GEROSA • GIACOMO LOPRIENO • MARCO MAGNIFICO
SARA MAGRO • CORTO MALTESE • ALBERTO MANGUEL • PAOLO MARCESINI • JAVIER MARISCAL • JOAN MIRÓ • FABRICE MOIREAU • ROBERTO MUTTI • VINCENZO NISIVOCCIA • STEFANO PESARELLI • ANTONIO POLITANO
HUGO PRATT • PATRIZIA PUGGIONI • CLAUDIA ROSATI • MATTHIAS SCHALLER • BARBARA SCHIAFFINO • ALESSANDRA MARIA SETTE • FONDAZIONE SYMBOLA • CLAUDIA TANI • JOHAN THÖRNQVIST • URBAN SKETCHER • PEP VENTOSA • CLAUDIO VISENTIN.
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Se c’è qualcuno tra i tanti lettori che non conosce l’arte di amare mi legga, poi potrà amare con stile. Per arte le navi veloci corrono a vela e coi remi, per arte i cocchi leggeri, per arte va amministrato l’Amore... Questo amore è selvaggio, spesso mi si ribella, ma è fanciullo ancor tenero, facile da guidarsi.

Con queste parole di Publio Ovidio Nasone, “L’arte di amare”, diamo inizio ad un emozionante viaggio dentro le pagine dei libri. 10 sono le tappe, e 10 sono le righe che citeremo per ciascun libro.

Qui potete leggere l'articolo Viaggiando tra le righe dei libri.





mercoledì 27 luglio 2011

Cuore nero, Amabile Giusti, Dalai editore


da pagina 30
[...]Voltandosi, però, vide solo la strada invasa dalla nebbia che veleggiava a banchi, con poche macchine parcheggiate ai lati, e le case grigie,
tra le quali si insinuava la foschia. Nel silenzio, rimbombava un lontano rumore di passi. Da dove provenivano? L’eco li faceva disperdere, sembrava giungessero da qualsiasi punto della via. Strizzando
gli occhi le parve di scorgere, in lontananza, delle sagome umane che
si muovevano nella sua direzione, a scatti, ora camminando ora fermandosi. Teo si mise a ringhiare tirando il guinzaglio. Giulia, suo
malgrado, avvertì una fitta d’ansia. Adesso riusciva a distinguere due
persone. La nebbia confondeva ancora i loro profili, eppure sembrava che… una delle due stesse mordendo l’altra sul collo.
Che cavolata! Come mi viene in mente una cosa del genere?
pensò ridacchiando in modo nervoso. [...]

A diciassette anni ci si può imbattere nel vero amore? È ciò che si chiede Giulia quando quel sentimento irrompe nella sua vita. Prima di allora era una ragazza indipendente, segnata dal burrascoso divorzio dei genitori, con una visione tutt’altro che romantica dei rapporti sentimentali.
Finché non si prende una cotta tremenda per Max, un compagno di scuola, e la sua razionalità inizia a vacillare. Lei, di solito brillante e decisa, si sente stupida e confusa. Eppure lui è fin troppo pieno di sé, non il suo tipo, anche se è terribilmente attraente, e Giulia fa di tutto per reprimere le proprie emozioni e dimenticare la loro breve, insignificante storia.
Una sera, mentre porta a passeggio il cane, incontra Victor, un ragazzo dall’accento francese che, sbucato dal nulla, le dice di essersi trasferito a Palmi da poco con la madre e la sorella. Biondi e pallidissimi, i tre sembrano avvolti da un mistero: escono solo di notte e abitano nella Villa dell’Agave, una vecchia casa dalla fama sinistra.
Da quel momento, inaspettatamente, Max ricomincia a corteggiarla, e non solo: fa di tutto per metterla in guardia da Victor, come se sapesse qualcosa sul suo conto che non può rivelarle. Come mai i due si conoscono? Perché si detestano? Cosa nascondono entrambi?
Trascinata da una passione irrefrenabile, Giulia piomberà in un mondo che credeva relegato alla leggenda e alla fantasia, un mondo abitato da esseri misteriosi assetati di sangue, che attraversano i secoli lottando per sopravvivere. E scoprirà che amare un vampiro è una dannazione, un desiderio proibito, ma sceglierà di correre il rischio a qualunque costo. Anche se sa di essere una preda. Perché se vivere con lui è difficile, vivere senza di lui è impossibile.




Amabile Giusti è nata in Calabria ed è lì che vive ancor oggi: proprio sulla punta dello stivale, fra il mare e la montagna, vicino a una distesa di verde che, vista dall’alto, sembra la sagoma di un cavalluccio marino.
Ha frequentato il liceo classico e si è laureata in Giurisprudenza.

Malafede di Maurizio Cotrona (Lantana editore). Intervento di Stefano Donno





















Malafede. Luogo strano, per utilizzare un eufemismo. Malafede è un quartiere costruito da Caltagirone che si trova tra Roma e Ostia. Giordano (che lavora in un Ministero) e Vittoria da Taranto, si trasferiscono proprio lì dove un alone “onto/fenomenico” di simil-plastica fa sembrare che tutto ciò che una coppia può desiderare stia lì, proprio lì e da nessuna altra parte al mondo. Ogni cosa è al suo posto dai praticelli, ai vicini che addirittura non rompono i coglioni. A Malafede Giordano calibra la sua esistenza su ritmi ed equilibri che farebbero impallidire le monomanie ossessive di un detective Monk. Giordano è un personaggio diviso profondamente tra una vita che non sente più sua, un matrimonio rattoppato alla meno peggio e la nostalgia della sua Taranto, dove il padre è rimasto vedovo e pensionato. Conosco Maurizio Cotrona, di chiara fama, sia come scrittore che blogger, e devo dire che non ha mai deluso le mie aspettative, mai! E’ un autore su cui punterei molto già da ora, e che sia poi pugliese, (che va tanto di moda) me ne importa poco. Malafede è un lavoro che si struttura per un meccanismo narrativo da alta “orologeria svizzera”. Dai silenzi alle diverse gradazioni emozionali dei personaggi che si agitano tra le pagine di questo lavoro, Cotrona riesce a farci capire come la felicità sia soprattutto una questione di elasticità e flessibilità che permette a ciascuno di noi di sopravvivere anche in forte carenza di ossigeno. A mio avviso c’è molto del celeberrimo “Il Fu Mattia Pascal” dell’immenso Pirandello in Malafede (opera pubblicata dall’eccellente Lantana editrice), perché Giordano nel recitare la sua parte di coniuge premuroso e ossequioso, indefesso lavoratore, falsamente risolto, gioca con il Destino un gioco sporco, che invece gli presenterà un conto forse troppo salato! Assolutamente da leggere!!!

martedì 26 luglio 2011

Ghost di Richard Mateson (Fanucci). Intervento di Stefano Donno












Long Beach dista poco da New York. D’estate si trasforma in un carnaio di gente, quasi invivibile, pieno di gente di ogni risma, cultura, razza e maleducazione. D’inverno si nutre di abbandono e silenzi agghiaccianti, insomma un luogo perfetto dove impazzire. Ma alla fin fine qualcuno spostato di testa incrocia luoghi e destini: in un inverno gelido e malevolo, David ed Ellen, una matura coppia di coniugi, si rifugiano a Long Beach sperando di ricucire il loro rapporto incrinato da anni. Ma ahimè a metterci lo zampino in questo momento così delicato è Marianna. Di lei non si sa da dove viene e che cosa vuole da David. Da qui comincia il salto nella foliia architettato da Richard Mateson che crea un romanzo che terrà i lettori inchiodati in un crescendo di tensione e mistero.

“Giunsero alla villetta poco dopo le quattro di quel pomeriggio. David parcheggiò la macchina sul davanti e lui ed Ellen rimasero seduti in silenzio a fissare le assicelle di legno sbiadito che rivestivano le pareti esterne, gli infissi piegati e rugginosi e le finestre con un dito di sporco sopra. Alla fine David disse: «Chissà se Roderick e Madeline Usher ci stanno aspettando.». Ellen rispose con un debole rumore: se fosse di divertimento, o di dolore, o di entrambi, David non riuscì a capirlo. Si girò verso di lei e le sorrise per confortarla. «Vuoi provare un altro posto?» le chiese. Lei lo guardò sorpresa. «Ma l’agente immobiliare ci ha detto che non ci sono altri posti.». «Non qui, no.». L’espressione di lei si incupì. «Non a Logan Beach?». «Voglio dire...» David fece un gesto vago. «Piuttosto che stare qui dove non ti senti a tuo agio.» Riuscì a rivolgerle un altro sorriso. «Sarebbe solo per la notte» aggiunse. «Di giorno staremmo qui.». Ellen annuì distrattamente e tornò a fissare la villetta. Non era possibile alloggiare lì, si rese conto David, se non altro perché faceva troppo freddo. Si piegò all’indietro, lasciò cadere le mani dal volante e si voltò verso il sordo brontolio della risacca. Strano che quel posto fosse sopravvissuto e l’altro no: era ugualmente vicino all’acqua. «Peccato che l’altra villetta sia andata distrutta» disse. «Già, proprio un peccato» replicò lei con calma. David la guardò nel tentativo di interpretare la sua espressione. C’era dolore, certo, e sgomento. C’era anche rassegnazione? Allungò una mano e strinse quelle di lei, chiuse in grembo. «Non sto cercando di cambiare il piano» disse. «È solo che... be’, abbiamo fatto un bel po’ di strada, e sarebbe brutto stare in un posto che ci fa venire la depressione.». Lei lo studiò, preoccupata. «Dove potremmo andare?». «Oh...» David alzò le spalle. «Sono sicuro che ci sono un bel po’ di posti lungo il Sound. Potremmo...». Si interruppe quando Ellen scosse vigorosamente la testa. «No» disse. «Sono certa che questo andrà benissimo. Non abbiamo nemmeno controllato dentro e già lo condanniamo.». Sorrise. «Su, andiamo a dare un’occhiata.». «Sei sicura?». «Sono sicura.» Ellen aprì lo sportello dal suo lato e scese. David fece lo stesso e rimase in piedi, sentendosi le gambe ancora addormentate. Si stiracchiò e poi rabbrividì quando il vento gelido gli passò sotto la giacca. Mentre si avvicinavano alla parte posteriore della villetta, David notò una fila di alte finestre al secondo piano. «Quello deve essere lo studio» disse. Ellen alzò gli occhi verso le finestre coperte da pesanti tende. «Da lì deve esserci una vista magnifica» disse David, scosso da brividi interrotti. «Cavolo se fa freddo!». «Lo so.». Qualcosa nel suo tono – di sconfitta, di sconforto – lo costrinse a guardarla. Lei se ne accorse e fece uno sforzo per sorridere.

lunedì 25 luglio 2011

CADENZE EVITATE - Versi in cinque movimenti. Poesie di Luca Soldati (LaRecherche.it). Prefazione di Irene Ferrari












Anime liberate, / corpi cristallini, / poi sul parquet / d’un tempo / immobile / nella sala d’ambra / danzare un bislacco / valzer in due quarti…

L’impianto di questa opera prima di Soldati appare evidente sin dal titolo derivato dal linguaggio musicale. Una Cadenza evitata è una formula armonico-melodica che prevede una modulazione tra due tonalità che crea una sonorità imprevedibile ed una forte sensazione di movimento alla ricerca di una risoluzione conclusiva. L’obiettivo perseguito ossessivamente dall’autore, pertanto, è quello di evitare risposte di senso; come si evince dall’ultimo distico della poesia Naufragi posta a chiosa della raccolta: «non un approdo sicuro / sono i miei versi, leviamo l’ancora!». Il finale aperto con cui il poeta lascia il lettore sta a sottolineare il rifiuto di qualsivoglia visione teleologica: la verità – soprattutto la “Verità ultima” – non esiste! Ognuno si riconoscerà nell’ «apolide» per il quale meta e partenza coincidono e i versi rappresentano i remi di cui far «ali» per intraprendere il «folle volo».

L’intera silloge è strutturata come una sinfonia scandita in cinque movimenti Vorspiel, Burleske, Intermezzo, Langsam Sehr Trotzig e Das trunkene Lied. […]. (Dalla prefazione di Irene Ferrari)

Luca Soldati. «Ipse cioè io: mi è difficile definirlo, giacché, nonostante l’età, continua a mutarsi nel tentativo di non prestarsi a classificazioni. È perfino capace di non riconoscersi in un ritratto o di rifiutare di identificarsi in qualsivoglia abbozzo di frase. Ci sono comunque i dati anagrafici, che accetta in quanto non li può smentire[1]». Dunque fu nato un due d’Agosto di trentasei anni fa. Inizia lo studio del violino all’età di sette anni sotto la guida del nonno paterno, successivamente frequenta le lezioni di diversi maestri tra i quali il vincitore del Premio Paganini dell’edizione 1980 N. Tudor. Dal 1989 al 1992 fa parte di un complesso cameristico, I Solisti della Sinfonica Apuana, dove ha la possibilità di suonare con noti concertisti tra i quali Cristiano Rossi. Abbandona gli studi regolari dello strumento alle soglie del compimento dell’ottavo anno. Dopo aver conseguito la maturità classica si iscrive alla Facoltà di Filosofia dell’Università degli Studi di Pisa. Collabora al mensile di politica cultura e ambiente Trentadue. Vive «dove ronca lo carrarese» che «ebbe tra ‘ bianchi marmi la spelonca / per sua dimora». Cadenze evitate è la sua opera prima.

[1] Cfr. Algior Lucifer Nota dell’autore in Algior Lucifer Perestroia, Milano 1994 Editrice Nuovi Autori

sabato 23 luglio 2011

Barack Obush, di Giulietto Chiesa con Pino Cabras (Ponte alle Grazie). Intervento di Nunzio Festa





















L’inchiesta di Chiesa realizzata con Cabras, non a caso entrambi di www.megachip.info e d’altri soggetti diventati attivi nella lotta realmente politica, fa luce su una serie di giganti mistificazioni, mastodontiche bugie, prepotenti falsità che il Potere, quello rappresentato da Obama in primis, consegna alle nostre vite normali. Però, innanzitutto, occorre rivedere il presente. Per sapere che i tre pilastri dell’Impero, spiegano Giuletto Chiesa e Cabras sono: Usa, Israele, Arabia Saudita. Perché queste forze sono unica forza. Corroborata, giorno per giorno, da fiumi d’armi e di petrolio. Quelle piccolezze che fanno la geopolitica. O quelle piccole cose, i mondi piccini e tutt’altro che paralleli, quanto in verità cuore della finanza mondiale, in virtù della cui tutela si decide d’inventare guerre e la necessità della guerra e che i diritti umani sono di stampo e marchio diverso da nazione a nazione. L’Arabia Saudita, ricordiamo, è fra i principali possessori di titoli di credito dell’America di Obama. Quindi il declino economico degli States passa anche da queste lande di regnanti ovviamente più che antidemocratici, soppressori delle libertà individuali e collettive del loro popolo e/o dei loro popoli. Innanzitutto, comunque, passando per l’Israele applauditissimo e sempre nel Congresso, dunque voglia o non voglia Barack Obama con le sue idee in ormai avvenuto stato di trasformazione radicale, il Vendicatore Obama ha progettato e scritto e realizzato insieme al suo team naturalmente agguerrito, la finta morte di Osama bin Laden. E Chiesa spiega, allo stesso tempo, come comunque non avrebbe avuto diritto d’ammazzare nessuno. L’autore dell’inchiesta lo fa, persino, servendosi – oltre che delle stesse smentite del Governo yankee – di pareri d’illustri rappresentanti e conoscitori del mondo. Certamente non comunisti. Il libro di Giulietto Chiesa smentisce le tante stronzate serviteci dal mainstream. Facendo capire come AlQa’ida sia altra cosa rispetto al soggetto da film di Bond presentatoci dall’Obama degno successore, anzi miglior successore per il punto di vista nordamericano, di Bush. Spenti, come si dice, i riflettori di tv e giornali passa-comunicati, le lampadine di Chiesa e Cabras rivedono le questioni trattate. L’opera mette in evidenza come gli Usa siano ‘l’Impero in declino’, anzi “un impero al declino, gravato dall’immenso debito, dallo svuotamento della democrazia e dalla feroce concorrenza internazionale, che tuttavia dovrà vender cara la pelle”. Al costo di bruciare il resto del mondo, pur di garantire il famoso stile di vita di cui sappiamo. Il fatto è che non solamente ai ciccioni degli Stati di Obush si dicono una serie spropositata di puttanate che in pochi smascherano. Il terrorismo e l’antiterrorismo del nuovo Vendicatore degli Usa, le sue guerre attuali e le prossime in progetto, checché ne dicano gli analisti e i passa-notiziacce assoldati sempre assoldati dal potere o certe volte platealmente ignoranti e superficiali, sono minaccia per tutte e tutti. Gli argomenti esposti nel volume sono davvero tanti. Troppi da sintetizzare. Ma senza dubbio capirete, molto facilmente, che massa di falso è garantita al mondo intero. Inoltre, nel testo è accennato a un possibile quadro futuro, rileggendo le potenzialità, anche, d’Europa e Cina.

venerdì 22 luglio 2011

L'ombra del Destino di Ettore Maggi e Daniele Cambiaso

L'ombra del Destino
Daniele Cambioso, Ettore Maggi
Rusconi libri
pag. 288
€.12,90
 
L’ombra del destino è, nella sua essenza, il libro che si legge tutto di un fiato. Parlo di essenza perché il fascino di questo romanzo, il suo avvincerci fino all’ultima parola, non risiede solo, e principalmente, nel dispiego di una tecnica retorica ben congegnata.
   Certo, leggiamo questa storia con l’ansia di vedere come finisce, presi dalle sue vicende come in un’allucinazione, in virtù di una ragionabile serie di strumenti diegetici adoperati con immodesta maestria.
   L’ombra del destino, possiamo congetturare subito, ci cattura grazie alle strategie messe in atto dal genere letterario in cui si iscrive ottimamente: la spy story. Il romanzo ci fa vivere l’avventura (anzi, ci fa vivere nel destino) di Stefano e Giulio che, giovani studenti, (siamo negli anni Settanta) vengono arrestati per una loro presunta appartenenza alle brigate rosse. Viene loro offerta la possibilità di non subire i danni di un simile sospetto: devono accettare di essere coartati al servizio delle forze dell’ordine. Sedici anni dopo, nel 1995, sullo sfondo di una complicata trama che unisce i quadri del neofascismo a quelli dei servizi segreti italiani e delle diverse forze militari e politiche in lotta nella dilaniata Jugoslavia, la loro scelta forzata (una scelta del destino) conosce il suo tragico esito finale. Una spy story delle migliori, dunque, ma anche (dal momento che la storia dei generi letterari è una storia di lotte e invasioni), un notevole western. Ma fin d’ora si potrebbe dire qualcosa di più: il libro parla di destino, della sua necessaria struttura ontologica; del fatto che si presenta all’uomo sempre come nemesi. Questo riconduce inevitabilmente il romanzo all’epica e alla tragedia classica.
    Ancora: questa storia ci attrae perché ci parla da vicino. Niente come la narrazione storica, o dei grandi personaggi del passato, ammalia la nostra fantasia. Il passato, potremmo dire, è la lingua dell’anima. In questo romanzo la storia, quella nostra, e quella recente, ci si offre come fatta della migliore materia del sogno. Dovrei dire dell’incubo. E così il lettore può godere con estasiato terrore dell’esibizione dei fatti più o meno occulti che determinano la sua realtà quotidiana. Uno spettacolo, c’è da crederlo, che non lascia indifferenti.
   Infine, (ultimo non per importanza) il lettore che si incatena a queste vicende è certamente vittima di una speciale capacità mimetica nella resa delle scene e dei personaggi. Personaggi conosciuti per mezzo di un vischioso intreccio di analisi psicologica (sappiamo tutto di loro: storia, pensieri, rapporti famigliari) e di rivelazione mitologica (gli autori ce la danno sfacciatamente: una cavaliere senza macchia e senza paura è Giulio; Stefano è l’eroe imperfetto: un re Artù e un sir Galvano, per intenderci). Una vera e propria invasione della fantasia che impone al lettore un’identificazione totale.
   Bene, questi tre elementi (la perfetta esecuzione di un romanzo d’avventura, quella di un racconto storico, e la disanima impeccabile di due personaggi umani) cadrebbero nel vuoto se a sostenerli non fosse la struttura ontologica, filosofica del dettato narrativo.
   In altri termini, lo spettacolo davanti al quale ci mettono, senza possibilità di riparo, gli autori è quello della configurazione del cosmo.
   È come nei film di Hitchcock: possiamo vederli e rivederli in continuazione non perché siano ottimi gialli, ma perché scoprono trame gnostiche, vedantiche. Allo stesso modo, possiamo leggere e rileggere L’ombra del destino perché ci rivela il mondo dal punto di vista del nostro destino individuale; ci rivela come il nostro destino individuale sia soggetto a un meccanismo tanto complesso quanto fatale in cui la necessità e il caso giocano di sponda (giocano con noi di sponda) per il mantenimento del meccanismo medesimo. È la stessa allucinante teologia che godiamo nell’improbabile Arcobaleno della gravità di Thomas Pynchon. Il meccanismo qui rappresentato nella versione pecoreccia, dadaista caligoliana del potere così come è concepito nel nostro bel paese, dove l’esercizio esornativo del potere è perentoriamente un esercizio contro qualcuno; è un gioca al rincaro con il caso e l’arbitrio; una negazione della civiltà esaltata a criterio civile o, meglio, a intrattenimento di corte.
    Ogni italiano può essere l’oggetto (lo zimbello) di questo intrattenimento, come Stefano e Giulio. Per questo leggiamo la loro storia con il fiato sospeso.
Pier Paolo Di Mino

giovedì 21 luglio 2011

Sindrome giapponese. La catastrofe nucleare da Chernobyl a Fukushima, Alessandro Tessari (cur.) edito da Mimesis Edizioni












Come si è inserito il nucleare in Italia? Non solo grazie alla sistematica disinformazione e alla manipolazione di dati tecnico-scientifici, ma anche grazie all’assoluta mancanza di un progetto e ad un risvolto clandestino e malavitoso. (Il primo capitolo è UNA FAVOLA NUCLEARE, cronistoria parlamentare della legge 10 gennaio 1983, n. 8.). La tragedia di Fukushima ci pone ancora una volta di fronte al devastante potere distruttivo delle tecnologie nucleari. Anche quando l’intento è pacifico, e nonostante le possibili misure di sicurezza, l’impatto di una centrale nucleare in avaria sul territorio e sulle popolazioni è tale da pregiudicare la vita stessa per migliaia di anni. Ovviamente, gli enormi interessi economici in gioco hanno avuto il potere di tacitare i rischi e di evidenziare risultati spesso solo ipotetici. Scienziati interessati, politici assoldati e divulgatori a pagamento, hanno a lungo fornito – anche in Italia – l’immagine illusoria di un’energia pulita, sicura e a basso costo, alternativa al petrolio e al carbone. Ora la realtà della catastrofe fornisce un’altra dimostrazione di come la tecnologia non sia “neutrale” e una fonte energetica creata come arma di distruzione di massa non possa magicamente riciclarsi per usi pacifici senza perdere la sua pericolosità intrinseca. Anche la proverbiale saggezza giapponese rivela un inquietante risvolto: l’atavico istinto di sottomissione ai poteri costituiti e un pericoloso fatalismo. Il mescolarsi proficuo di tradizione e innovazione trova i suoi limiti nella mancanza di senso critico e nel conformismo. Eppure proprio un disastro nucleare (Hiroshima e Nagasaki) aveva segnato la data di inizio del Giappone contemporaneo. Fukushima segna nuovamente un punto di svolta. Una nuova consapevolezza del volto osceno del potere, per quanto tardiva, offre una speranza nell’ora del pericolo estremo.

Interventi di: Alessandro Tessari, Hiroki Azuma, Kojin Karatani, Roberto Terrosi, Florian Coulmas, Marcello Ghilardi, Francesco Paparella.

Alessandro Tessari, docente universitario, già deputato e poi senatore della Repubblica, prima nel PCI, poi coi Radicali, ha fin dagli inizi combattuto la battaglia contro il nucleare. è stato uno tra i più importanti promotori del referendum che nel 1987, dopo la tragedia di Chernobyl, ha abrogato il nucleare in Italia.

mercoledì 20 luglio 2011

Sentieri a Sud dal 24 luglio al 9 agosto 2011 a Kurumuny (Martano, Lecce)












Si rinnova, anche per questo 2011, l’appuntamento organizzato da Kurumuny Edizioni con la rassegna “SENTIERI A SUD”, dedicata alle produzioni e agli attraversamenti culturali, tra musica e poesia, tra documentario e racconto, tra cultura antica e evoluzioni culturali moderne. Tutti gli incontri si terranno in località Kurumuny (Martano), a partire dalle ore 21.00, e rigorosamente con ingresso libero. Ad aprire la rassegna sarà la presentazione, il 24 luglio 2011, del “Prezzario della rinomata casa del piacere” (Kurumuny Edizioni, curato da Anna Chiriatti e Stefano Donno), libro dedicato alla bellezza femminile di inizio secolo e alla bellezza della poesia.

A impreziosire questo primo incontro sarà la presenza della regista Cecilia Mangini. Cecilia Mangini regista documentarista, fotografa e finissima intellettuale, è stata la prima donna che, nell’Italia del dopoguerra, ha raccontato la nostra realtà con la cinepresa. I suoi documentari, spesso realizzati insieme al compagno di una vita, Lino Del Fra, hanno conosciuto la censura, i premi internazionali ma, soprattutto, hanno scritto la storia di un genere che anche grazie a lei finalmente sta ritrovando una sua vitalità. Ed è proprio a riconoscimento di questo impegno lungo una vita che, il 3 novembre 2009 a Firenze, è stata consegnata a Cecilia Mangini la medaglia del Presidente della Repubblica nell’ambito della cinquantesima edizione del Festival dei Popoli, la prima rassegna di cinema documentario italiano, per aver trasmesso alle generazioni future, attraverso la sua attività di cineasta documentarista, alcune delle più belle immagini dell'Italia degli anni ‘50 e ‘60.

L'atmosfera sarà curata anche dal punto di vista musicale grazie ai suoni del dj set di Tobia Lamare, dedicati alla musica dagli anni ‘20 agli anni ‘50. La serata di inaugurazione proseguirà con una degustazione gratuita di vini.

Il 29 luglio 2011 Dario Muci presenterà il suo libro+cd musicale dal titolo “Sulu” (Kurumuny Edizioni e AnimaMundi) insieme al professor Eugenio Imbriani. Pasquale Rinaldi, su “il Fatto Quotidiano”, ha scritto che Dario Muci “narra storie senza nostalgie, senza rimpianti, in fuga da ogni luogo comune del folklore”. Il suo lavoro è frutto di una ricerca che coniuga la tradizione dei canti popolari al solco dei cantastorie, passando per i testi della di una vera e propria neo-tradizione, quali possono essere quelli di Rina Durante e Pino Veneziano, un appuntamento da non perdere.

Il 5 agosto 2011 sarà un giorno importante per tutti coloro che sono interessati al dibattito sul Salento. Si partirà proprio dalla riflessione del documentario “Ritorno a Kurumuny” (Kurumuny Edizioni) di Piero Cannizzaro dedicato al luogo e alle persone che lo hanno reso, come scrive Enzo Mansueto uno degli “elementi iconici di un paesaggio consolidato nell’immaginario”, e si proseguirà con l’incontro insieme al giornalista Pierfrancesco Pacoda, autore del recente “Salento amore mio” (Kowalski), un testo che fotografa il Salento di oggi dal punto di vista delle ascendenze culturali. A seguire intervento musicale a cura delle Cantrici di Cannole.

Il 9 agosto 2011, ultima data della rassegna, Luigi Chiriatti presenterà insieme a Milena Magnani “Morso d’amore” (Kurumuny) la ristampa del fortunatissimo testo che raccoglie le oramai ritenute classiche ricerche di Chiriatti sul tarantismo nelle quali l’autore racconta la propria esperienza di ricercatore, nato e cresciuto nei luoghi e nella cultura su cui indaga, che si ferma sulla soglia del rito nel timore di esserne catturato e di non potersene allontanare. Durante la serata ci sarà la proiezione del documentario omonimo.

martedì 19 luglio 2011

Piccole storie indaco. Il libro di debutto di Paolo Amoroso edito da Edizioni La Gru












Paolo Amoruso è un giovanissimo poeta: è nato il 17 luglio 1995 e vive a Bari. Il suo libro “Piccole storie indaco”, accolto nella collana Scintille, contiene trentotto poesie che sfiorano l’intimo del narratore attraversando diverse tematiche: il tormento adolescenziale, la ricerca della fede e di Dio, la nostalgia, la paura di crescere, gli affetti più veri e sinceri, narrando l’esistenza con un'alternanza di tratti dolci e amari. Per l’autore, la scrittura è in primo luogo un atto di riconoscenza e d’amore nei confronti di Alda Merini, poetessa grazie alla quale ha scoperto la forza e la bellezza delle parole.

La dedica infatti recita: “Ti ho conosciuta per caso e per caso il mio cuore ha deciso di legarsi al tuo. Oggi sono qui, attraverso la tua voce, le tue parole che ancora rileggo continuamente. Oggi posso dire di aver avuto una grande maestra di vita. A te che sei parte di me. A te, Alda Merini.”

Piccole storie indaco ha raccolto il consenso entusiastico da parte dal giornalista del Corriere della Sera Andrea Salvatici che ha spesso parlato di Paolo e delle sue poesie sul suo blog “Il posto delle fragole”: Piccole storie indaco. Il libro di debutto di Paolo Amoruso, una giovanissima voce poetica potente e destabilizzante! Complimenti! I poeti Mario Luzi e Alda Merini avrebbero letto volentieri le poesie di Paolo. Adesso dobbiamo solo proteggerla questa necessaria e meravigliosa allodola. Ci sono troppi cacciatori invidiosi del suo volo poetico. Sono grato per avermi fatto scoprire un talento simile. Peccato, Alda non c'è più altrimenti le avrei presentato volentieri Paolo.

Briciole del mio esistere

E facendo nuotare,

quelle briciole del mio esistere,

nella mia saliva sconosciuta

penso.

Certo, anche io

sono stato piccino.

Anche io vivevo in quel mondo, fatto di chimere, fantasie e

candide illusioni.

Lo amavo.

Poi,

quando anche

i suoni del mio pianoforte,

diventarono più robusti,

come tanti mi sono ritrovato

davanti a quella strada

dove ho dovuto

iniziare a percorrere quel viaggio

verso la ricerca della felicità.

Sarò stato anche iniquo, scorretto e immorale,

ma volevo ancora vivere in quel mondo fantastico,

dove le candide illusioni mi facevano compagnia

e le rughe del mio viso erano più marcate.

Amavo quel sognare e vivere ingenuamente

e il destino mi ha allontanato da tutto questo

senza pensare a quanto il mio cuore ne soffriva

e come, ingiustamente,

avrei dovuto percorrere

questo viaggio importante

con la tristezza che m'affogava.

Piangevo come un diverso

e mi sentivo tale,

in confronto a tutti quelli

che correvano allegramente, ridendo,

lungo quella strada.

Loro erano accompagnati,

ovunque la loro felicità li portava

da una meravigliosa luce

che illuminava il loro cammino,

mentre io ero perseguitato dal buio

che mi odiava e senza pietà mi torturava.

Cosa voleva il destino

dal mio cuore già in passato non compreso

e non amato dalla sua stessa esistenza

che lo portava dove sarebbe rimasto triste.

Avrei voluto addormentarmi

finché il mio vero cammino

verso la ricerca della felicità

non fosse venuto a farmi visita.

Oggi dormo ancora

vivendo in quel sogno non più fatto

di chimere, fantasie e candide illusioni

con un briciolo di speranza

che mi da ancora quella misera forza

di coraggio

che purtroppo non son riuscito

a trasmettere al mio destino

libero di manovrarmi come vuole.

lunedì 18 luglio 2011

UNA PREGHIERA TRA DUE BICCHIERI DI GIN- Il jazz italiano si racconta di Nicola Gaeta (Caratteri Mobili)












Esiste una scena italiana del jazz? E, se sì, quali sarebbero i tratti della sua “riconoscibilità”? Attraverso le interviste inedite a trentatré protagonisti di una vicenda artistica e umana che si dipana dalla seconda guerra mondiale ai giorni nostri, il libro guida il lettore nei territori italiani del jazz e dei suoi immediati dintorni. Ma cos’è il jazz? «Una preghiera mormorata tra due bicchieri di gin», risponde Giorgio Gaslini, distillando dai ricordi personali una frase di Duke Ellington, che segna il passaggio del testimone tra uno dei padri fondatori e un veterano della scena nostrana. Organizzate in tre sezioni, che raccontano la nascita, la maturazione e le nuove prospettive del jazz in Italia, le interviste interrogano musicisti e produttori tra i più rappresentativi. Con introduzioni narrative, piccoli “a solo” sulle persone dei protagonisti, l’autore si ritaglia uno spazio interpretativo che miscela licenze letterarie al rigore della cronaca. Quasi un romanzo, quasi un’enciclopedia, quasi un’inchiesta, il libro è la testimonianza appassionata di una grande storia italiana ancora tutta da raccontare.

Interviste a: Franco Cerri, Giorgio Gaslini, Enrico Rava, Franco D’andrea, Giovanni Tommaso, Antonello Salis, Aldo Romano, Giovanni e Flavio Bonandrini, Enrico Pieranunzi, Paolo Fresu, Roberto Gatto, Nicola Stilo, Stefano Bollani, Stefano Di Battista, Danilo Rea, Roberto Ottaviano, Furio Di Castri, Emanuele Cisi, Sergio Veschi, Gianluca Petrella, Francesco Bearzatti, Fabrizio Bosso, Vito Di Modugno, Giovanni Falzone, Rosario Giuliani, Gaetano Partipilo, Fabio Morgera, Gianni Lenoci, Mirko Signorile, Daniele Di Bonaventura, Nicola Conte, Marco Valente.

NICOLA GAETA, medico, critico musicale, conduttore radiofonico, ha maturato una lunga esperienza di deejay nei club e nelle radio tra anni Settanta e Novanta. Collaboratore di testate quotidiane e specializzate, tra le quali il Corriere del Mezzogiorno e Jazz Magazine, è stato inviato presso i più importanti festival nazionali e internazionali, da Roccella Jonica , al Montreux Jazz Festival al North Sea Jazz Festival. Questo è il suo primo libro.

ENZO MANSUETO, poeta, saggista, critico letterario e musicale, insegnante, è stato autore di testi e voce solista della band postpunk The Skizo, le cui vicende ha narrato in Lumi di Punk (a cura di Marco Philopat, Agenzia X 2006). Ha collaborato con diverse testate. Tra le sue ultime pubblicazioni, il libro/cd di poesia fonografica Scassatadentro (Edizioni d’If 2010), con i contributi sonori di Davide Viterbo e Angelo Ruggiero.

FILIPPO BIANCHI è direttore da molti anni della rivista Musica Jazz. Si è occupato di musica in generale, e di jazz in particolare, in qualità di giornalista, di conduttore radiofonico, di produttore e direttore artistico. Nel 1987 ha fondato l'associazione Europe Jazz Network, prima rete telematica al mondo in ambito culturale

domenica 17 luglio 2011

La gabbia dei matti di Luca Rinarelli (Agenzia X, collana inchiostro rosso, illustrazione di copertina Maurizio Rosenzweig)












Cercheranno di coprire la verità. Sai quanti casi come quello di Jack ci sono stati negli ultimi anni? Mai un colpevole. Mai un poliziotto colpevole. La chiusura di una struttura pubblica è la scintilla che sconvolge gli operatori e i disabili mentali in cura. La successiva morte di uno di loro, forse ucciso dalla polizia, crea un vortice di rabbia cieca che li spinge a organizzare il rapimento di un vicequestore, ritenuto responsabile. Si barricano armati in una fabbrica dismessa e pretendono giustizia. Per suscitare clamore pubblicano su internet i video degli estenuanti interrogatori cui sottopongono il prigioniero. Il cortocircuito claustrofobico farà detonare la situazione fino alle estreme conseguenze. Il web e YouTube al servizio di una vendetta per una narrazione al cardiopalma ispirata dai casi Cucchi e Aldrovandi. Luca Rinarelli vive a Torino, fa parte da anni di un’associazione che si occupa di persone senzatetto e in difficoltà. È autore di lavori fotografici. Ha pubblicato il romanzo In perfetto orario e racconti su diverse antologie.

Mi gira la testa. Ho bevuto troppo e mi gira la testa. Ho paura.

«Lasciatemi andare! Liberatemi le mani!».

«Stai calmo, va bene?».

«Io non ho fatto niente! Dove mi avete portato?».

«Buono, buono! Boschiazzi …segna sul verbale che siamo rientrati con il fermato alle tre del mattino. Ehi, voi altri. Non è in sé, fate attenzione.».

Ma cosa vogliono da me?

«Datti una calmata,. Non abbiamo molta pazienza. Siamo stanchi delle tue urla. E’ tutto il giorno che stiamo lavorando.».

«Ciao, Pini. E’ il ragazzo che abbiamo preso in collina, dietro la Gran Madre. E’ ubriaco e un po’ su di giri.».

«Lasciatelo a me. Vedete che lo calmo subito. ».

«Pini, per favore. ».

«Voi due non dovete finire il turno?».”

sabato 16 luglio 2011

Dante nella numerologia esoterica di Giorgia Riezzo (Arcadia Lecce edizioni Ebooks)













Il 13 ottobre 1307 all’alba, tutti i templari di Francia e a seguire quelli d'Europa vengono arrestati nelle loro case per ordine di re Filippo IV il Bello. L’accusa, contenuta in un libello redatto dal cancelliere del regno Guglielmo di Nogaret (1260 ca.-1313), parla di pratiche idolatriche e altre accuse terribili. I templari da quel momento non sono definitivamente scomparsi e si sono adattati nel tempo ai testi e i contesti della modernità e contemporaneità. Dunque per loro il tempo ha scandito l'evolversi dell'ordine sotto qualsiasi punto di vista, certo mantenendo intatti i valori e le regole, ma guardando al progresso con attenzione e aderenza nei progetti e negli sviluppi anche della moderna tecnologia. L’obiettivo dell’Associazione d’ispirazione templare Arcadia Lecce, è quello di risvegliare i valori della Cavalleria e della Tradizione dei Cavalieri Templari. Il Cavaliere Templare di oggi è un cavaliere nelle azioni, nella comunione d'intenti, nei sentimenti di fratellanza verso i propri fratelli e sorelle della Congregazione e non solo. E’ una persona di buona volontà di cui sono provate le doti morali e professionali. Inoltre l’associazione (il blog è su piattaforma blogspot http://ilblogdiarcadialecce.blogspot.com/) dalla sua fondazione si è spesa non solo con azioni concrete nei confronti dei più bisognosi, ma anche ha voluto concretamente promuovere la cultura a 360 gradi, impegnandosi inoltre nella conoscenza e diffusione della cultura esoterica ed essoterica in ambito poetico, saggistico e narrativo. Dunque chi pubblicherà con Arcadia Lecce Edizioni E/books potrà esplorare un nuovo modo di fare editoria, proponendo contenuti che sposeranno appieno una linea editoriale semplice, dai costi concorrenziali, dall’illimitata capacità distributiva, e di alto e indiscusso valore. Ed è proprio con questo spirito che nasce Arcadia Lecce Edizioni E/books sotto la direzione di Valentino Zanzarella, con la redazione composta da Daniela Pispico, Giorgia Riezzo, Eleonora Sorrento. Arcadia Lecce Edizioni E/books realizzera’ pubblicazioni in formato digitale e a richiesta su formato cartaceo con cadenza aperiodica, i cui proventi verranno impiegati a sostenere solo ed esclusivamente le attività di carattere sociale e culturale promosse dall’associazione d’ispirazione templare Arcadia di Lecce Per le pubblicazioni in digitale l’ass. Arcadia si avvarrà delle piattaforme distributive ebookyou (http://www.ebookyou.it/) e all’occorrenza Youcanprint (http://www.youcanprint.it/) della Boré srl di Tricase (Lecce).

Non basta aver passato al setaccio la Divina Commedia dell’immenso Dante Alighieri, o conoscere gli aspetti più nascosti dal punto di vista storiografico e filologico dell’opera più conosciuta della storia della letteratura internazionale. Esiste tutto un mondo nascosto, dai significati occulti in bilico tra la luce e l’ombra, che rivelano aspetti del Sommo Poeta, che meritano di essere conosciuti. Dunque questo agevole saggio di Giorgia Riezzo proposto da Arcadia Lecce Edizioni E/books ci aiuta a capire una serie di punti di vista che sfuggono a molti standardizzati manuali di storia della letteratura italiana nelle nostre scuole e presso alcune cattedre di Letteratura Italiana, e che legano Dante Alighieri ad una numerologia che di esoterico conserva molte preziose sorprese

SCARICABILE QUI

venerdì 15 luglio 2011

Il senso del Piombo

Luca Moretti
Il senso del Piombo
Castelvecchi
P. 128
Euro 12,50

Si sa che Platone non ha mai scritto quello che pensava. Era qualcosa di troppo prezioso (quindi risibile per gli altri) che poteva solo affidare, con la propria viva voce, agli amici cari e ai discepoli prediletti. Eppure ha usato la scrittura, e anche congegnandola a perfezione; lo ha fatto intrecciando il mito con il pensiero. In realtà, dal momento che anche il pensiero ha, per lui, una struttura mitologica, si potrebbe dire che Platone ha solo scritto mito, e che è uno dei più grandi poeti epici di tutti i tempi. Platone scriveva consegnando agli uomini, a un suo sogno utopico di popolo, i miti necessari a pensare; a vivere liberamente filosofando. Questo è il senso più puro del mito. E questo è anche Il senso del piombo di Luca Moretti.
Io, che, del resto, non lo sono in senso proprio, qui meno che mai posso svolgere funzione di critico. Con Moretti ci unisce una fratellanza umana e professionale (nel senso di professione di fede) che mi permette, piuttosto che analizzare e discettare, di rievocare l’incantesimo di un lavoro che condividiamo: fare agire miti. E nel senso, appunto, platonico.
Posso rievocare un lavoro fitto e profondo (della profondità che porta alla saggezza) che ha immerso l’autore in una trama storica e documentaria vischiosa, pericolosa. Per capire le ragioni di una storia, di una storia nera e tragica, bisogna usare non solo i piedi di piombo, ma un’intera attrezzatura da palombaro: da qui la cura maniacale sui documenti, per ricostruire i fatti, gli ideali e le speranze, comunque li si voglia giudicare, di una parte della gioventù che, alla fine deglii anni Settanta, si scagliò contro il sistema capitalistico e borghese applicando una strategia terroristica: la parte nera: quella degli eversivi fascisti. Conoscere dall’interno, come vissute, le dinamiche di quelle azioni (le stragi di piazza; gli omicidi; gli attentati; le rapine; gli incontri clandestini; le discussioni politiche; l’organizzazione militare) ha imposto a Moretti di seguire l’azione dei suoi personaggi giorno per giorno, cronaca dopo cronaca. Ma per raccontare di Giusva Fioravanti e dei Nar era anche necessario conoscere l’intricata suggestione dei loro moventi, e di qui un nuovo sprofondamento: quello nell’etica e nei miti fascisti; nelle parole di Evola e Freda; nei dibattiti sul primo fascismo, sulla Repubblica Sociale, sul fascismo democratico, sul milazzismo, e sulla guerra senza frontiere alla borghesia. Ed infine arriviamo all’esito di questa macchina tragica, che nel nostro paese prende i contorni, sempre, della trama occulta. E così Moretti ha dovuto mettere le mani tra le leve sottili della tecnica, della pragmatica ontologica di cui il potere si serve per alimentare se stesso. L’Italia è un paese fondato sul caos sistemico, su un gioco caligoliano finalizzato a determinare e sfruttare l’anomalo, la confusione, la forza rivoluzionaria di qualsiasi segno per mantenere immutato se stesso.
Questo minuzioso lavoro, voglio rivelare, non è servito semplicemente a una particolareggiata ricostruzione storica. La calata negli abissi di Moretti è valsa, prima di tutto, a resuscitare e a fare agire un mito: quello della ribellione pura e incondizionata. Un mito che, coscientemente o meno, riviviamo sulle pagine de Il senso del piombo in prima istanza per virtù della struttura linguistica del racconto. Bisogna fare come Platone, pettinare bene le parole. Ed è quello che fa Moretti che inventa una prosa impetuosa, una sintassi precipitosa che scavalca sempre se stessa e i propri nessi logici: una prosodia incalzante, da canto di guerra. Ed è di guerra che parliamo, infatti: quella primordiale, insita nella struttura del cosmo. La guerra che è bella e che i giovani vogliono vivere in prima linea per dare fuoco a tutto e non lasciare dietro di sé più niente. La guerra all’odore disinfettato di napalm. La guerra per mangiare rancio e praticare distruzione; la guerra per fuggire all’orrore del quotidiano e vivere in un attimo l’eternità insieme ai propri compagni: la guerra che combatte il giovane eterno. La guerra bellissima che ha cantato Omero, raccontando di Achille, della sua giovinezza furiosa che si ribella contro il potere anchilosato, la vecchiezza ottusa di Agamennone, ed è capace di mandare a morte il suo popolo e infine morire egli stesso, cercando con disperazione la morte, aggrappato a menzogne che si è inventato da solo: morire per la gloria, per il proprio amico: morire, in realtà, per sfuggire all’orrore di una pace, che è noia, è gioco di potere, è vecchiaia ottusa, è morte dello spirito.
La guerra è come la racconta Omero: bella e orribile. La guerra contro tutto e tutti della gioventù che si scaglia è come la racconta Moretti che, con i trucchi incantati della sua arte di narratore fa esalare una volta per tutte, con i suoi fumi, il senso del piombo.

Link per leggere le prime 22 pagine del libro


Pier Paolo Di Mino

giovedì 14 luglio 2011

La guerra degli angeli di Heather Terrell (Newton Compton) - il booktrailer

Un potere segreto. Un mondo parallelo. Chi sono in realtà Ellie e Michael? Un romanzo sull'amore, il destino e l'eterna, appassionante lotta tra il Bene e il Male

mercoledì 13 luglio 2011

Linda McCartney, Life In Photographs (Taschen Books). Intervento di Stefano Donno




















Nel 1966 nell’ambito di una piccola esperienza per la rivista Country, Linda Eastman riesce a strappare un accredito come addetto stampa per un evento molto esclusivo di promozione per i Rolling Stones a bordo di uno yacht sul fiume Hudson. Da subito i suoi scatti per la loro freschezza, intimità, bellezza e liricità, risultarono di molto superiori alle istantanee formali e stereotipare deò realizzate dal fotografo ufficiale della band. Ed è così che Linda Eastman si immise con prepotenza sulla strada del successo sino al gota dei fotografi del mondo del rock. Nel maggio del 1968, con il suo ritratto di Eric Clapton, entrò di peso nel libro dei record come la prima donna fotografa ad avere il suo lavoro sulla copertina di Rolling Stone. Durante tutto questo periodo di grandi successi e soddisfazioni come il fotografo leader della scena musicale a partire dalla fine del 1960 ', ha catturato molti tra i più importanti musicisti rock come in un gigantesco film: Aretha Franklin, Jimi Hendrix, Bob Dylan, Janis Joplin, Simon & Garfunkel, The Who, The Doors, e i Grateful Dead. Nel 1967, Linda si trasferì a Londra per documentare i "mitici anni sessanta", e lì incontrò Paul McCartney al Bag 'O Nails club. Paul e Linda si innamorarono, e si sposarono il ​​12 marzo 1969. Per i successivi tre decenni, fino alla morte prematura, Linda si dedicò alla sua famiglia, al vegetarianismo, ai diritti degli animali, e alla fotografia. I suoi scatti vanno da foto di famiglia spontanei ritratti di sessioni in studio con Stevie Wonder e Michael Jackson. La sua arte la si può qualificare come estremamente dotata di freschezza e sensibilità tanto da riuscire a cogliere l’attimo in cui si rivela l'essenza di ogni soggetto. Questa retrospettiva in volume pubblicata da Taschen è un metissage di immagini selezionate dal suo archivio di oltre 200.000 scatti, è prodotta in stretta collaborazione con Paul McCartney e i suoi figli. Sono incluse prefazioni di Paul, Stella e Mary McCartney. Come tale, è un diario personale in movimento e una testimonianza eccezionale del talento di Linda.

lunedì 11 luglio 2011

Trattato della vita elegante di Honoré de Balzac

Il Trattato della vita elegante di Honoré (de) Balzac è un libro delizioso e dinamitardo. Delizioso perché dinamitardo.
    Il fatto che la somma delle osservazioni che raccoglie si presenti infine come la proposta di un paradosso può essere assunto a garanzia che ci troviamo dinnanzi a un importante manuale di filosofia applicata. Una filosofia di vita, e quindi di morte e di amore avrebbe aggiunto Mishima, che si è espresso in questi termini elucubrando, troppo profondamente, sul suo Hagakure, il manuale del samurai che Pietrogiacomi, nella bella introduzione all’agile opuscolo che proponiamo all’attenzione dei lettori, cita come distrattamente. Un modo coerentemente blasé di rinviare il lettore a una serie di riflessioni vaste, ognuna delle quali non trascurabili. Tra l’altro lo stesso Hagakure non ha mancato di occuparsi di eleganza. Il samurai ha il dovere dell’eleganza (deve sapersi vestire, truccare, mostrarsi bello, giovane, raffinato). Un dovere che deve spartire con quello, non inferiore, che gli impone, tutto al contrario, il disprezzo dell’eleganza. Non si può ridurre questo testo sacro a una definizione, ma diciamo che l’insieme delle sue considerazioni potrebbero arrivare a suggerire che la via che mena un uomo alla vita è la morte, e che chi scopre questo manifesto segreto diviene un individuo libero, fino al punto di poter rinunciare alla sua libertà e perdersi negli altri. E sul piano di queste riflessioni che il Trattato della vita elegante si apparenta alla via del samurai. Anche Balzac si ritrova a tormentare, e non poco, il suo lettore con una serie di proposizioni che ci propongono l’eleganza come un mistero piantato nel cuore dolorante della nostra augusta civiltà. L’eleganza, per Balzac, non si definisce. L’eleganza non ce la può dare né la schiatta e, meno che mai, il denaro. L’eleganza non è nei vestiti. L’eleganza non è nell’eleganza. L’eleganza coincide con un determinato tipo di uomo.
     Questo è un modo serio di farla finita con la metafisica e con le dottrine. Questo spazzare vie le nostre superstizioni sulla misurabilità, sulla commerciabilità, sull’utile, sul ragionevole tutto a favore del valore è una proposta radicale di rivoluzione. Magari Balzac ha proprio pensato alla rivoluzione, che andava tanto di moda ai tempi suoi; e a Saint-Simon (che cita); e a quel mistero da poco che è lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Ne parla espressamente: sapete, quel mistero su cui hanno riflettuto tanti studiosi molto seri, quando per esempio, si interrogano su come mai è possibile che Hitler fosse tanto pazzo e cattivo da fare cose così brutte alla povera gente onesta. Provo a rispondere con Balzac: la soluzione è che Hitler ci trovava il conveniente, e che la gente non era buona e onesta, ma pazza e pure cattiva. Pazzi, dal più affamato degli operai al più ricco capitano di industria a gettare le proprie vite come obolo a questo Dio dell’utile e del commerciabile che è la nostra augusta (angusta) civiltà. Il Trattato della vita elegante è un manuale di socialismo radicale, ossia senza dottrine sociali, senza lo spettro di nessuna società da costruire, senza manie di socievolezze (un socialismo senza impiegati statali e gente tanto rumorosamente zelante sul lavoro). Un socialismo tutto costruito attorno al determinato tipo di uomo di cui sopra, l’uomo elegante, ossia che sa scegliere: prima di tutto la propria vita, magari perché sa che a questa porta la morte, e tutto il resto. Chiamiamolo poeta, quello che fa per eccellenza, e pensiamo la poesia per quello che è: l’azione fondamentale.
    Penso a un altro poeta, a un altro arbitro di eleganza (selvaggia e raffinata come sarebbe piaciuta al maestro dell’Hagakure). Penso a D’Annunzio che, nella realizzazione dell’utopia fiumana, rivelò come la poesia (così titolò un giornale dell’epoca) sia nella sua essenza dinamitarda. Deliziosa e dinamitarda.

Pier Paolo  Di Mino

Sandman Slim di Richard Kadrey (Fanucci editore). Intervento di Stefano Donno












Nessuna lettura ad oggi mi ha inquitetato, terrorizzato, esaltato come l’ultimo prodotto editoriale della casa editrice romana Fanucci. Parlo di Sandman Slim di Richard Kadrey. Se dovessi fermarmi ad una lettura che si occupi di definirne solo gli aspetti tecnico-letterari potrei dire che ci troviamo dinanzi ad una grande capacità di resa del plot complessivo, curato in ogni minimo dettaglio, immenso acume nella resa psicologica dei personaggi ed una inarrestabile verve ironica in un mix adrenalinico che con uno stile unico ed eccezionale lo rende il miglior romanzo degli ultimi vent’anni … del genere ovviamente. Insomma Kadrey non consente al lettore di lasciare quest’opera nemmeno per un minuto. Protagonista indiscussa di queste pagine è l’Oscurità, con tutti i nessi e connessi, un’Oscurità che è popolata di dannati, talvolta dotati di qualche nuance supereroistica e non di rado superomistica, ma comunque che popolano questa dimensione, la nostra e non stanno a “bighellonare” all’inferno!. Imperdibile!!!

Ecco la storia - Dopo undici anni passati all'inferno a uccidere mostri per conto di Azazel, uno dei generali di Lucifero, James Stark fugge e torna sulla Terra, a Los Angeles, pervendicare l'uccisione dell'amata Alice da parte dei suoi ex compagni del circolo di magia, il cui capo è Mason Faim, un uomo dai poteri magici stra-ordinari. Starkè deciso a trovare Mason e i compagni e a eliminarli tutti, e per fortuna ha degli amici ad aiutarlo: Allegra, una ragazza che lavora al videonoleggio di proprietà di Kasabia; Vidocq, un alchimista ultracentenario che veste i panni del saggio, e Kinski, un medico in grado di curare attraverso la magia. Grazie al possesso di una chiave che ha rubato ad Azazel e che porta nel petto, Starkha accesso alla Stanza delle tredici porte, dalla quale è possibile andare in qualunque luogo dell'universo. Starkha già aperto tutte le porte tranne la tredicesima. Alla fine, con l'aiuto del Golden Vigil - un antico ordine dedito a proteggere il mondo -, della Sicurezza nazionale e di Candy, l'infermiera vampira di Kinski, riesce a uccidere numerosi amici di Mason Faim, e infine trova anche lui e il suo braccio destro, e riserva loro una vendetta lucida e spietata.

domenica 10 luglio 2011

Un marziano in Italia. Omaggio a Flaiano di Pascal Schembri (Edizioni Anordest)





















Una biografia che omaggia l’Oscar Wilde italiano, il nostro Woody Allen del dopoguerra, romanziere e sceneggiatore, soprattutto fustigatore della stupidità nazionale. Che ne è del Premio Strega assegnato per la prima volta proprio a Ennio Flaiano nel 1947? Che ne è del cinema italiano alla cui grandezza nel Novecento il Nostro ha dato massimo contributo? Si dice che di Flaiano rimangano soprattutto gli aforismi e questo, è segno di vitalità della memoria, di segno indelebile lasciato nella cultura del Paese. Pascal Schembri delinea il profilo di Ennio Flaiano, attingendo agli aforismi che l’autore ha donato al suo Paese quale eredità d’arguzia. Anche se alla domanda: “Che ne pensi dell’Italia?” Flaiano rispondeva: “è un aforisma venuto male”. Pascal Schembri, dopo aver inaugurato lo stile del "saggio-pirata" in "Essere Frangoise Sagan", ne reimpiega il metodo a metà tra l'esegesi e il surfing mediatico in un omaggio a Ennio Flaiano nel centenario della sua nascita. Ne esce il ritratto di un artista unico. Attingendo agli aforismi e agli scritti che l'autore di "Tempo di uccidere" ha donato al suo Paese quale eredità d'arguzia, come pure analizzando le sceneggiature che il genio abruzzese ha elaborato per alcuni tra i più grandi film italiani, Schembri delinea il profilo di uno spirito indomito, di un artista febbrile, di un intellettuale senza pregiudizi in un'Italia talora vicina alla nostra. Prefazione di Walter Pedullà.

sabato 9 luglio 2011

Morso d’amore di Luigi Chiriatti (Kurumuny)












L’autore presenta lo svolgersi del suo lavoro sul tarantismo, dalle prime inchieste alla collaborazione con la regista Annabella Miscuglio per la realizzazione del film documentario Morso d’amore (1981), alle ultime interviste e verifiche degli anni Novanta. Racconta la propria esperienza di ricercatore, nato e cresciuto nei luoghi e nella cultura su cui vuole indagare, che si ferma sulla soglia del rito nel timore di esserne catturato e di non potersene allontanare. L’autore, quindi, più dei suonatori terapeuti, più delle tarantate stesse, si offre come protagonista di una ricerca a ritroso dei simboli e dei luoghi magico-rituali frequentati da bambino: quasi un esorcizzare razionalizzante e accomodante per poter unificare le due anime, quella di portatore conoscitore dei fenomeni della propria etnia e quella di ricercatore-studioso degli stessi. Si può parlare dunque di una endo-etnologia e allo stesso tempo di una auto-etnologia che si fonda sull’implicazione del ricercatore e sulla sua appartenenza al gruppo nativo. (Georges Lapassade)

Un ricercatore implicato che non è mai stato in posizione periferica, perché si è trovato coinvolto nel mondo dei tarantati e dei loro terapeuti prima ancora di dedicare a essi uno studio particolare: Luigi Chiriatti è attore sociale da più di trent’anni ed era già musicista, ha contribuito infatti alla costituzione nel Salento di uno dei primi gruppi musicali, e ricercatore nella fase in cui il rinnovamento folk presupponeva necessariamente una ricerca sul campo. Implicazione, identità e ricerca-azione per l’autore di Morso d’amore sono divenuti un tutt’uno tra l’uomo, lo studioso e il ricercatore sul campo. Dalla cultura della sofferenza a una cultura dell’affermazione del sé: il morso e ri-morso della taranta salentina sono come una chiave, quella appunto della vita e della morte della gente che vive il Salento, un lembo d’Italia che ancora oggi, nell’era di internet, riesce a nascondere gli intimi segreti dell’anima di un popolo.

L’AUTORE - Luigi Chiriatti da decenni si dedica all’attività di ricerca nel campo delle tradizioni popolari del Salento. Dopo aver inciso nel 1977 con il Canzoniere Grecanico Salentino il disco Canti di terra d’Otranto e della Grecìa salentina, ha curato e pubblicato numerosi lavori sul tarantismo, la musica e la cultura popolare salentina. Nel 2002 ha fondato la casa editrice Kurumuny, impegnata tra l’altro nella documentazione audio e video della storia orale del Salento.

venerdì 8 luglio 2011

La Besa editrice in Montenegro












“Dalla Montagna Nera, scrittori e poeti montenegrini contemporanei” è l’antologia pubblicata dalla Besa Editrice che per la prima volta presenta al pubblico italiano uno spaccato dell’esperienza letteraria contemporanea del Montenegro. “Dalla Montagna Nera, scrittori e poeti montenegrini contemporanei” è il primo testo organico, di questo spessore, a essere pubblicato in Italia, esso ha l’obiettivo di illustrare la particolarità dell’esperienza letteraria montenegrina, presentando i momenti di spicco della sua produzione letteraria; davanti al lettore si trovano testi finora non tradotti scritti da eremiti letterari sia balcanici che mediterranei. L'antologia rende nel migliore dei modi l'attuale mappa letteraria montenegrina, alquanto frastagliata, senza caratteri costanti, rappresentata dai trentacinque autori selezionati da Pavle Goranović. Le opere di questa raccolta contribuiscono a plasmare un nuovo rapporto nei confronti dell’eredità universale, rapporto che diventerà il motore di nuove energie creative. Gli autori del volume sono: Andrej Nikolaidis Božo Koprivica, Čedo Vulević, Dragan Radulović, Mirko Kovač, Ognjen Spahić, Sreten Asanović Vladimir Vojinović, Zuvdija Hodžić, Željko Stanjević, Zoran Kopitovic, Sreten Perović, Vojislav Vulanović, Jevrem Brković, Milo Kralj, Husein Bašić, Ratko Vujošević, Slobodan Vukanović, Mladen Lomparm, Momir Marković, Èedomila Vujošević Ðurđić, Ljubeta Labović, Ljubomir Ðurković, Milorad Popović, Sreten Vujović, Zoran Stanojević, Bogić Rakočević, Nebojša Nikčević Balša Brković, Aleksandar Bečanović, Jovanka Uljarević, Sanja Martinović, Vladimir Ðurišić, Marko Nikčević, Dragana Tripković.

Il volume verrà presentato oggi 8 luglio 2011 a Podgorica (Montenegro) e il 9 luglio 2011 a Bar (Montenegro). L’ iniziativa è promossa grazie all'impegno dell'Assessorato al Mediterraneo della Regione Puglia, del Consolato del Montenegro a Bari, di Besa editrice, di CESFORIA (Centro studi e formazione in relazioni interadriatiche della Università di Bari) e della Fondazione Gramsci di Puglia. Intervengono nei due appuntamenti previsti: Dragica Milica, Vice Ministro della Cultura del Montenegro, Pavle Goranovic ,curatore dell’antologia Danica Bogojevic capo di gabinetto del Ministero della cultura del Montenegro. Sarà presente l’Editore.

La divisione della gioia, di Italo Testa (Transeuropa). Intervento di Nunzio Festa



















Racchiusa in tre sezioni, “La divisione della gioia”, nuova opera poetica di Italo Testa, che è anche traduttore e saggista, alla sua seconda edizione, è esempio d'arte che s'assorbe in sé la vita. In “Cantieri”, tanto per cominciare, spuntano e si spuntano le lingue urticanti delle fabbriche del Nord (NordEst), da Marghera in oltre, nel contatto necessariamente generoso dei paesaggi della post-modernità, quindi i casermoni industriali spesso in disuso, con gli uccelli, gli alianti che fendono e sfrecciano per l'aria. Il primo segmento del libro, quindi, è maggiormente spedito nel cielo dell'esistente universale, in una porzione d'amore che supera il destino dell'amore doppio e/o a due. Qui il tono, evidentemente, è più civile. Si raccoglie il fruscio della speranza ammazzata e delle constatazione, per quanto è possibile, dello stato d'imbarbarimento degenere di 'certi' luoghi: nonostante la poesia. Scavalcata, a gamba molto alta, questa fase, o “la” fase, condita di frasi-versi che spopolano i deserti al fine di popolare i reperti della vita arriva il mistero dell'erotismo, in punta di dialogo esistente e inesistente, fra corpi e parole, dove si sparge la rosa, appunto, della divisione eterna fra la gioia d'un possesso che è accesso da tenere in conto nel momento dolorifico dell'abbandono assoluto. S'è parlato, quindi, di lacerante bellezza. Fra perdita, per l'appunto, e 'paura' per-della Perdita. Dopo i “Canti ostili”, il poeta Testa – che avevamo già avuto modo d'apprezzare, e persino tramite versi ripresi in questa nuova opera, in un'antologia curata da Franco Buffoni – si conferma cantore di fiamme alte quanto la disperazione, anzi verso la desolazione. Ma col rischio, soddisfacente a tratti, di scacciare l'urto dei timori di cui detto nella riproposizione in chiave eternamente sublimata di ciò che è stato, di ciò che dovrebbe ancora essere. Fra ansie, proprio, e proprie ribellioni interiori alla solitudine offerta dal maggior abbandono che si possa conoscere. Il canto gentile e sensuale di Testa, d'altronde, non lascia laghi e foreste all'abbattimento della noia. Nonostante il magistero della forza delle scomparse. Siano esse di luoghi che di persone. Siano della speranza, sempre accolta in Italo Testa, che d'una già finito e sfinito sentimento di speranza.