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martedì 31 maggio 2011

Sociologia del Teatro di Georges Gurvitch (Kurumuny)












Sociologia del teatro (1956) è il breve saggio con il quale Georges Gurvitch ha impostato per la prima volta un programma per la ricerca sociologica nel campo del teatro. Le sue indicazioni risultano ancora oggi attuali e delineano percorsi di analisi di fatto seguite e approfondite da diversi studiosi nei decenni successivi. Il panorama delle proposte contenute in questo saggio rivolge l’attenzione a temi quali la realtà sociale dinamica e stratificata del pubblico teatrale, le interazioni tra i professionisti del teatro a tutti i livelli (attori, registi, scrittori, ma anche tecnici, responsabili amministrativi e organizzazioni di categoria), le trasformazioni delle opere, delle teorie e delle pratiche teatrali in relazione al contesto politico-sociale, e così via. Inoltre, collocando questa riflessione nel vivo del dibattito sociologico della sua epoca, Gurvitch ragiona, a partire dall’imprescindibile e «sorprendente affinità» tra teatro e vita sociale, e individua per la sociologia un metodo di indagine sperimentale che, proprio attraverso il teatro, sia in grado di cogliere la più viva realtà dei gruppi e delle collettività «in fermento». Uno scritto anticipatore, la cui portata è stata a lungo misconosciuta. Questo volume ne propone la prima traduzione italiana, nell’intento di sottrarlo all’oblio nel quale è stato relegato e di sollecitare una riapertura del dibattito intorno ai temi dei quali è oggetto.

Georges Gurvitch (1894-1965), dopo i primi studi di filosofia e diritto, si dedicò alla sociologia nell’intento di sviluppare un pensiero in grado di cogliere il divenire della realtà sociale, in una continua tensione umana e intellettuale propria del suo spirito di studioso e della sua esperienza di vita. Nacque in Russia, dove visse in prima persona la Rivoluzione d’Ottobre ed iniziò la carriera accademica nelle università di Pietrogrado (oggi San Pietroburgo) e di Tomsk. Emigrato nel 1920, insegnò a Praga per poi approdare in Francia, sua patria d’elezione dal 1925, e prendere, nel 1935, il posto di Halbwachs alla cattedra di sociologia a Strasburgo. Tra il 1940 ed il 1945 soggiornò negli Stati Uniti, entrando così in contatto con la sociologia nordamericana. Rientrato in Francia, dal 1948 fu professore alla Sorbona e all’École Pratique des Hautes Études. Pensatore arguto e appassionato, oggi quasi dimenticato, ha lasciato ampia traccia di sé in opere come La vocazione attuale della sociologia (1950), Determinismi sociali e libertà umana (1955), Dialettica e sociologia (1962).

Il curatore - Marco Serino ha conseguito il titolo di dottore di ricerca in Sociologia, analisi sociale e politiche pubbliche (2010) presso il Dipartimento di Sociologia e Scienza della Politica dell’Università degli Studi di Salerno, collaborando anche alle attività di tutorato promosse dalla corrispondente area didattica. Ha inoltre svolto nel 2006 un’indagine sul pubblico del Teatro “Carlo Gesualdo” di Avellino, pubblicata dallo stesso Dipartimento. Sta lavorando al perfezionamento dello studio iniziato con la tesi di dottorato.

lunedì 30 maggio 2011

Da Questo Libro Presto un Film - L'amore pareggia! di Simona Toma (Mondadori). Il book trailer



Da Questo libro Presto un Film - un'esilarante storia di amore e cinema. (Mondadori) Di Simona Toma.

domenica 29 maggio 2011

Oltre l'orizzonte di Gianfranco La Grassa (Besa editrice)













Il testo qui presentato è il quinto, e ultimo, volume di una ricerca teorica intorno a diverse forme della società capitalistica; una ricerca che si riallaccia al pensiero di Marx, ma che se ne allontana su alcune questioni decisive. Il testo si divide idealmente in due parti. Nella prima si illustra il primo disvelamento teorico compiuto da Marx con riguardo alle correnti della scienza sociale dei suoi tempi. Nella seconda si compie un passo successivo, criticando varie impostazioni odierne, accomunate dal riferimento o alla pura volontà e forza politica o alla netta predominanza assegnata all’ambito economico e al calcolo che lo pervade, quello del minimax (minimo costo o massimo beneficio). Qui si tenta di connettere strettamente la razionalità economica e quella strategica (applicata al conflitto per la supremazia), pur assegnando la prevalenza alla seconda. Se ne traggono numerose conseguenze in merito all’interpretazione delle “strutture” economico-sociali, della loro storia, delle pratiche politiche perseguite nel XIX e XX secolo, ecc. Soprattutto ci si sforza di superare la generica indicazione della società moderna quale capitalismo, segnalando l’esistenza di sue forme diverse, sia in successione temporale (storica) sia nella loro compresenza attuale.

Gianfranco La Grassa ha lavorato nell’industria ed è stato docente di Economia nelle Università di Pisa e Venezia. È autore di decine di libri e articoli vari. Fra gli ultimi volumi pubblicati: Gli strateghi del capitale e Finanza e poteri (Manifestolibri) e Tutto torna ma diverso (Mimesis).

venerdì 27 maggio 2011

Anteprima ESCLUSIVA - L’isola dei liombruni, Giovanni De Feo, Fazi Editore


10 righe DA PAGINA 90 [...]
«Fa’ vedere».
Smiccio fa una smorfia. L’impronta dei denti spicca bluastra sugli avambracci.
«Non è niente».
«Non è niente un corno! Adesso ti bagni subito in mare».
«Sì zietta».
«Non fai ridere! Davvero Smiccio, sono serio, la devi smettere
di far coglionate! Quasi quasi stamattina facevi un certamio con Cagliuso, ora ti metti anche a sputare agli scalzi… merda! Ci stavamo per giocare l’ombra!».
L’altro tira su col naso. «Non l’ho fatto apposta».
«E se non c’ero io? E se… guarda non ci voglio nemmeno pensare».
Rimangono zitti a fissare il mare. Gruppi di ragazzi si tuffano dal molo, anche da lì si sentono le grida e il rumore delle onde sugli scogli.
«Comunque se lo meritava», fa a un tratto Smiccio. «Sai, avevi ragione su quelli, sono proprio stronzi. Hai sentito che ha detto? Ascadeo l’ha fatto apposta ad affogare Nardo. E perché? Perché l’ha sognato Primo? Ma che cazzo vuol dire?
Primo sogna tutto, pure quello che stiamo dicendo io e te adesso».
Zenzero non risponde, rumina in silenzio quello che gli ha detto Cannarone. E se davvero gli scalzi li volessero tutti morti? Se volessero metterli gli uni contro gli altri così che si ammazzino a vicenda? Ma perché? Per farne altri come loro?
Zenzero non ci crede. Sa per esperienza che i senz’orme se possono si evitano, sono besti solitarie. E allora qual è il loro vero scopo? Che la chiave sia nel sogno di Primo? Se solo Zenzero riuscisse a parlargli, ma dalla Notte nessuno l’ha più visto, nessuno sa dove sia. A un tratto si accorge che Smicciolo sta fissando. [...]

DIMENTICATEVI PETER PAN: IL DESIDERIO DI UNA PERENNE INFANZIA NON È MAI STATO COSÌ PERICOLOSO. È IL SOGNO LA CHIAVE D’ACCESSO PER UN’ISOLA SPERDUTA, UNA TERRA INCONTAMINATA CHE SI RAGGIUNGE SOLO IN SOGNO E CHE I SUOI ABITANTI DIFENDONO A OGNI COSTO. LASCIATEVI CONDURRE DA SMICCIO E ZENZERO TRA LE REGOLE DI UN GIOCO INNOCENTE E SPIETATO COME SOLO I BAMBINI SANNO ESSERE.

STORIA DI AMICIZIE E PRIMI AMORI, PROFEZIE E INCANTESIMI, L'ISOLA DEI LIOMBRUNI DI GIOVANNI DE FEO FONDE ATMOSFERE GOTICHE E MEDITERRANEE, MESCOLANDO ELEMENTI HORROR E MITOLOGIA, PER CREARE UN ORIGINALISSIMO ROMANZO-MONDO DA CUI NON VORRETE PIU' USCIRE. UNA FIABA DOLCE E CRUDELE A UN TEMPO SUL MITO DELL'INFANZIA E SULLA SUA MORTE.


GIOVANNI DE FEO
È nato a Roma. Laureato in Storia del cinema, nel 2003 ha vinto il Premio Solinas per la miglior sceneggiatura originale e da un suo soggetto è stato tratto il film L'uomo fiammifero (www.uomofiammifero.it), finalista al David di
Donatello 2010. Ha pubblicato con E/O e nel 2010, con Salani, il romanzo fantastico Il mangianomi. Ha insegnato all'Università di Reading e a Oxford, alla Berlitz School. Attualmente insegna Letteratura italiana alla Deledda InternationalSchool di Genova

CRISTINA

giovedì 26 maggio 2011

Luca Di Persio MOMENTO ZERO (Elliot)





















Un estratto
- Lunedì 15 ottobre, ore 4.50. Roma, periferia sud, via Appia Nuova, 5 km oltre il Grande Raccordo Anulare. Intense perturbazioni in arrivo dal versante atlantico. Ottantadue km/h. La luce stava tornando. La sentiva strisciare alle sue spalle, guadagnare spazio. Sarebbe arrivata di colpo a prenderlo e trascinarlo via, come la massa di una marea. Avrebbe divorato ogni cosa e riempito fino all’orlo tutti i buchi, le cavità e le fessure della sua testa. Strinse gli occhi e schiacciò l’acceleratore. Il vetro era appannato, nonostante lo sbrinatore fosse alla massima velocità. Staccò una mano dal volante per pulirlo, quando le luci lampeggianti della strada illuminarono di colpo il gomito di una curva chiusa e stretta. Un’ondata di riflessi gialli invase l’abitacolo: sterzò all’ultimo momento e colpì con la fiancata dell’auto un pezzo sporgente di guardrail. Lo specchio retrovisore destro si staccò dallo sportello, sbatté a terra e schizzò via in mille frantumi. Sentì le ruote posteriori perdere aderenza e scivolare verso il limite della carreggiata. Diede un colpo di gas, scalò marcia e in qualche modo riprese il controllo dell’auto, prima che fosse troppo tardi. Gli alberi e i burroni non si muovono, lo aveva sentito dire una volta a un famoso pilota di rally. Ma ora non gli credeva affatto. Riprese fiato. Il naso gli andava a fuoco. Alzò il volume girando la manopola a vuoto, oltre il limite, e le casse davanti gracchiarono distorcendo i bassi. Non riusciva a sentire alto quanto avrebbe voluto. Gli sembrò di vedere una c’hai le palle. Chiamiamo il Giona che se la carica lui la tipa. Dai. Ci costa duecento euro il Giona, vero Darietto? Darietto?». Lippo si rivolse al tizio che guidava; ma quello non disse nulla. Aspettò qualche secondo, poi riprese a parlare. «E la tipa ce la scopiamo tutti e tre senza rischiare un cazzo. Un cazzo. Noi tre più Giona, è chiaro. Ci pensa lui a tutto e poi gli dà quattro sveglie alla troia e la scarica da qualche parte. Facciamolo dai. Darietto, lo hai già fatto, vero? Come si chiamava quella che vi siete caricati a Capodanno? Lucrezia? Luridella? Porella… anzi, porella ’sto grandissimo cazzo! Cazzo. Oh, un’altra cosa, Darietto bello e tenebroso: ma quanto fa ’sto bidone di macchina di tuo padre? Li prende i duecinquanta all’ora? All’ora?». Ridevano. Ma Dario Murri guidava e non rideva. E non parlava. Guidava, non rideva, non parlava. Gli altri due continuavano a beccarsi con una voce troppo alta per il suo mal di testa. Lippo poggiò la mano sui tasti dell’impianto stereo. «Basta salsa! C’ha rotto le palle ’sta salsa. Mettiamo Radio Globo. A palla. Che fanno la musica “antica” da discoteca. Vai Riccardino, alziamo la caciara vera. Rolla pure un cannone, che c’ho voglia. Voglia». «Grande Lippo!». Riccardo prese le cartine dalla tasca della giacca, quando notò qualcosa in lontananza, sulla strada, oltre il vetro del parabrezza. Indicò un punto con il dito, tra le gocce di pioggia sempre più fitte. Poi disse. «Oh, ragazzi… laggiù… li vedete quei fari? Eh? Che dite?». Lippo gli rispose eccitato, mentre con la mano smuoveva la testa di Dario. «Che vuoi fa’ il giochetto? Lo facciamo caga’ sotto dalla paura? Dalla paura?». A quel punto, Dario Murri parlò. «Lippo, ma perché cazzo ripeti sempre le cose due volte, te?». «Ma guarda! Darietto il silenzioso ha parlato! Parlato! Guida e parla pure, adesso. Allora ce l’hai la lingua, Darietto bello, però la usi quando non devi. Non devi. È una malattia, ve l’ho spiegato già, mi pare. Mi pare. Quando sono fatto mi prende. Prende!».

mercoledì 25 maggio 2011

Lagune (quasi) blu - Condizioni di vita e di salute degli stagni costieri in Italia di Mauro Lenzi (Effequ)












Esce “Lagune (quasi) blu - Condizioni di vita e di salute degli stagni costieri in Italia” di Mauro Lenzi per Effequ. Mauro Lenzi ci guida alla scoperta delle "zone di transizione: le aree in cui avviene la mescolanza delle acque dolci, provenienti dalle terre emerse, con le acque marine. Tra queste devono annoverarsi le lagune costiere … di cui è ricca la costa del Mediterraneo (nonostante gli scempi del passato) soprattutto nell'arco Nord, tra Spagna, Francia e Italia". In che stato si trovano le lagune costiere italiane? Questo libro prova a dare una risposta comprensibile a tutti scattando una impietosa e lucida fotografia ("Le zone di transizione sono state fortemente compromesse dallo sviluppo della nostra civiltà"). Si tratta di ambienti di transizione tra mare e terraferma che furono scelti dai nostri antenati per le loro palafitte proprio per la possibilità di facile sopravvivenza offerta dall’habitat, perfetto per numerosissime specie animali e vegetali ("costituiscono habitat per numerose specie di animali, per alcune delle quali risultano un vero e proprio paradiso alimentare. E questo le ha rese appetibili all'uomo: in esse ha potuto cacciare e pescare con relativa facilità"). E tuttora le lagune e gli acquitrini italiani sono zone di grande importanza ecologica, naturalistica, paesaggistica, ma anche economica, con il loro indotto di attività lavorative (turismo, pesca, allevamento ittico). Nella storia più recente, però, nelle lagune sono stati perpetrati scempi di ogni tipo ("Una laguna che risultasse in pessimo stato ambientale richiederebbe ingenti interventi della spesa pubblica. Ma non solo, ci si scontra sul tipo di interventi da adottare. Ecologi e ingegneri spesso non hanno buoni rapporti tra loro"). Con tutte le ripercussioni pratiche, economiche e politiche conseguenti; e anche dopo interventi d’urgenza esse sono diventate comunque ambienti problematici, su cui si scontrano le idee opposte di ecologi, ingegneri, cacciatori, pescatori, gestori di attività turistiche, amministratori…

L’autore: Mauro Lenzi è membro della Società italiana di biologia marina, cofondatore della rete italiana per la ricerca lagunare Lagunet e dirige le attività di ricerca del laboratorio di ecologia della laguna di Orbetello per la società Orbetello pesca lagunare. Collabora inoltre con il polo universitario di Grosseto, con le università di Pisa, Firenze, Siena, Parma, Venezia e Roma, con l’Ispra (Istituto di ricerche protezione dell’ambiente) di Roma, con il Wwf Italia, con l’Arpat (Protezione ambientale toscana), con la Fao Roma, con il Cnr Italia (National research council), con l’Enea (Agenzia nazionale per la nuova tecnologia), con l’Iss (Istituto superiore della salute) e con l’Authority per la bonifica della laguna di Orbetello. Ha al suo attivo numerosissime pubblicazioni di carattere scientifico.

La collana: I Saggi Pop sono volumi tascabili, leggeri nella forma e nel contenuto, ma che non rinunciano alla sostanza, mai banali o superficiali, testi che aiutano a riflettere e offrono risposte immediate, pratiche, curiose sulla storia, il costume e la società. Un'attenzione alla leggerezza, che si riflette anche sul portafogli.

Lagune (quasi) blu - Condizioni di vita e di salute degli stagni costieri in Italia di Mauro Lenzi, Effequ, pp.160, euro 10

lunedì 23 maggio 2011

"Trenta miserie d'Italia" di Roberto Roversi (Sigismundus Editrice, 2011). Il book trailer



Booktrailer del libro "Trenta miserie d'Italia" di Roberto Roversi (Sigismundus Editrice, 2011). A cura di Andrea Pulcini e Gabriele Sisti. Con la collaborazione musicale di Henry Giardini.

domenica 22 maggio 2011

Quando parla Gaber - Pensieri e provocazioni per l’Italia di oggi, Guido Harari, Chiarelettere


Oggi non c’è nessuno che dica che in un terzo dell’Italia non c’è lo Stato: da Frosinone in giù lo Stato non esiste. Mi hanno raccontato che, per portare via i rifiuti dal Napoletano con
destinazione Germania, un treno è stato fatto partire di notte, per non farsi vedere dalla camorra. Lo Stato è dunque clandestino, mentre la camorra è ufficialità. Poi si parla dei
grandi progetti per il Mezzogiorno, dei grandi risultati ottenuti grazie ai pentiti, della mafia che è stata sconfitta. Intanto lo Stato non c’è, o è allo sfascio e si fa finta che basti un attimo a rimettere tutto a posto. In realtà non è così, grazie a un’inamovibile burocrazia. In tutto questo io mi sento un perdente comunque. Ma chi ha vinto, mi chiedo? (2001)

Quando metà degli italiani non va a votare, quelli fingono di preoccuparsi per tre giorni, poi ricominciano con il loro gioco, che è il gioco dei partiti. Un gioco che non mi
piace, in cui tutti sono democratici e rappresentano il popolo. Anche Prodi ha fatto il suo bel Partito democratico. Quando tutti, proprio tutti, usano la stessa parola mi vien
da pensare che il suo senso si sia completamente perso, annacquato in un mare di finzioni.
(1999)

“ERO E RIMANGO UN CANE SCIOLTO, UNO DEI TANTI. ORMAI SIAMO IL TERZO PARTITO.”

“LA NOSTRA VITA? DA QUALE PARTE L’ABBIAMO CERCATA UNA VITA CHE SIA NOSTRA?”

“LA NOSTRA DEMOCRAZIA NON È NEMICA DELLA QUALITÀ. È LA QUALITÀ, CHE È NEMICA DELLA NOSTRA DEMOCRAZIA.”

“ABBIAMO BISOGNO DI GENTE COSCIENTE, NON DI VITTIME O DI EROI.”

“LA LOTTA PER LA LIBERTÀ FA BENE, LA LIBERTÀ FA MALISSIMO.”

Giorgio Gaber

“NEL TEMPO DELL’INGANNO UNIVERSALE, DIRE LA VERITÀ È UN ATTO RIVOLUZIONARIO!”

Pier Paolo Pasolini

SCHEDA DEL LIBRO

Leggilo. Gaber graffia ancora. Al pari delle sue canzoni, anche le sue battute, le sue domande urticanti fotografano l’Italia di ieri e anticipano quella di oggi: la politica, lo Stato, la Chiesa, la famiglia, il dilemma della coppia, il sesso, la televisione, il mercato, l’omologazione culturale, la stupidità dilagante, il berlusconismo che è in noi. Dopo l’autobiografia GABER. L’ILLOGICA UTOPIA, Guido Harari propone qui una selezione di pensieri e provocazioni, affilati come bisturi, di una delle maggiori coscienze civili che questo paese abbia avuto.

LINK PER LEGGERE I PRIMI 3 CAPITOLI

Beastly

Devo ammetterlo, ho preso in mano questo libro pensando di trovarmi nuovamente al cospetto di vampiri, streghe e mostri vari, abbelliti e ripuliti per questa nuova veste tutta moderna. Il mio snobismo è però durato poco tempo. Stile di scrittura scorrevole, personaggi veri, vividi e tremendamente reali con i loro problemi da adolescenti, con quel modo di pensare che ancora ricordo. Quei conflitti interiori, quel catalogare tutto cercando fuori dell’ordine che non si ha dentro. Alla fine, mi sono dovuto piegare alla bellezza di questo libro. La storia anche se non originalissima e ispirata alle varie versioni de La Bella e la Bestia scorre veloce, nascondendosi dietro i conflitti del nostro bello trasformato in bestia da una strega che per vendetta decide di mutare il suo aspetto, tanto per insegnare e insegnarci che la vera bellezza non è fuori ma dentro; che prima o poi tutto l’apparire appassisce, proprio come le rose... Un ottimo messaggio per tutte queste generazioni bombardate da veline, tronisti e surrogati del miglior Dorian Gray, postmoderni e posticci... (Marco Varuzza)

Continua su:

http://www.evidenzialibri.it/beastly

sabato 21 maggio 2011

Colpiscimi di Olivia Corio (Alet). Intervento di Stefano Donno











“Colpiscimi” è l’opera esordio di una giornalista milanese classe 1975, di nome Olivia Corio. La sua è una scrittura dove il sentimento prende corpo e si fa umanità, generosità del dire e del donare, diviene pietà verso l’altro nel senso più compassionevole del termine. Romanzo fatto di improvvise sterzate di ritmo proprio come il nostro essere oggi, ma anche delicata lente d’indagine sul destino e su tutti i suoi nessi e connessi. Il libro si legge velocemente e non certo per la brevità dei capitoli, quanto invece per la “musicalità” dei dialoghi e per un certo non so che “vetero/pop” che stempera paranoie sulla paternità e maternità, sul vivere e il senso della vita. Ringrazio chi mi ha donato questo libro, ovvero una cara amica, che ci tiene alla mia salute “intellettuale”, e che sa che certe letture mi fanno ripartire con più voglia di vivere e di sorridere. Ad ogni modo il volume esce nella splendida collana “Iconoclasti” della Alet di Padova ideata e diretta dalla letterata patavina Giulia Belloni, “faber” già degli “Intemperanti” per Meridiano Zero e dei “Giovani Cosmetici” in Sartorio. Protagonista della vicenda, è Mariasole che provoca e solletica il cambiamento in ogni voce che si palesa tra le pagine di “Colpiscimi”. Forse un cambiamento non sempre foriero di cose buone, e forse solo un goffo volo, monco e sgraziato.

“Ecco Mariasole: pedala, i cerchi girano lenti, il cuore corre al posto delle gambe, strappa sangue ai muscoli, ruba fiato. È che si agita se pensa a Lorenzo, perché avranno un bambino e lui non lo sa. Glielo dirà tra poco e non saprà trovare le parole, le cercherà con le mani in tasca, le dita nascoste nella tana della fodera, i pensieri raccolti in nodi difficili da allentare, ma dovrà parlare, questo è sicuro, e non sarà facile”. Forse un inconscio desiderio di voelrsi “stordire” di vita per sentire e sentirsi di nuovo.

giovedì 19 maggio 2011

Dovevamo saperlo che l'amore di Nelson Martinico (Lupo editore)












Salvare una biografia per i posteri: questo garantisce la Polizza “Genial Biography” proposta da Nelson e sottoscritta da Pino con l’impegno di raccontare almeno quarant’anni della sua vita familiare. E si va per libera associazione di idee… dai nonni emigrati dalla Sicilia a Roma negli anni Trenta, ai traumi della guerra e alle incertezze della difficile ricostruzione, alle svolte epocali degli anni Sessanta e all’atmosfera di piombo di quelli successivi. La scrittura – unica terapia – ricostruisce esistenze, ripercorre infanzia e adolescenza nel chiassoso e a volte goliardico clima di una grande famiglia sicula di cuore generoso, nei quartieri romani della formazione; rivive i passaggi di una giovinezza tanto avida di sperimentare quanto bisognosa di nutrirsi di scoperte (la poesia, il cinema, la politica) per individuare la propria vocazione. Mentre la famiglia si allarga e la narrazione vive tra le estati siciliane, la Capitale e il Veneto, che si fa quasi patria d’adozione del protagonista, egli attinge alle donne che hanno provveduto alla sua educazione sentimentale, agli indimenticabili personaggi che con la loro stravaganza o semplicità gli hanno aperto la mente, alle proprie non sempre lineari tappe esistenziali, ai cult che hanno fatto da riferimento alla sua crescita. E la storia (le storie) si fa registro dell’evoluzione della società italiana di quegli anni: un vasto affresco di intense passioni collettive alternate ai momenti bui delle stragi e dei terremoti. Ogni evento esterno si traduce in “segnale” di vissuto, trova eco nel percorso privato incalzandolo, determina orientamenti e disorientamenti, suscita buona e cattiva coscienza nel contratto di sincerità stipulato dal narratore col suo puntiglioso alter-ego. Tra sorriso e “incazzatura” (alla De Andrè), col pudore delle pulsioni poetiche ma con il coraggio delle fragilità, l’autore intreccia il filo della propria storia nel tessuto collettivo e in anni che hanno visto la fondazione di un’Italia alla quale un’intera generazione guarda forse con nostalgia.

Nelson Martinico, di origini siciliane, è nato a Roma. Dopo una folgorante quanto effimera carriera da giovane promessa del pallone – interrotta a un passo dal professionismo in seguito a uno sfortunato incidente – ha fatto di tutto: camionista, barman, imbianchino, stuntman in una dozzina di spaghetti-western del periodo declinante, fatto parte di un quintetto folk sardo-siculo (alla fisarmonica). Infine ha insegnato Latino e Greco. Ha pubblicato cinque volumi di poesia. L'ultimo, Una Mezza Commedia (poema in terza rima dantesca) è stato adottato nelle scuole. Ha inoltre pubblicato il romanzo I numeri del fuoco (GBM, Messina, 2008). Si sono interessati alla sua produzione, fra gli altri: Luigi Baldacci, Eugenio Montale, Paolo Ruffilli, Cesare Segre. I laboratori di scrittura da lui ideati e condotti nei licei hanno vinto il Premio Mario Luzi, Concorso Nazionale di Poesia per le scuole superiori 2004/2005 e 2009/2010. Attualmente conduce il Laboratorio di scrittura creativa – Arte Poetica presso l’Università La Sapienza di Roma, facoltà di Scienze Umanistiche.

Chi volesse comunicare con lui può scrivere al suo migliore amico: pinoligotti@yahoo.it

martedì 17 maggio 2011

La passione del calcio di Franz Krauspenhaar (Perdisa Editore). Intervento di Roberto Martalò













Poeta, romanziere e blogger, Franz Krauspenhaar si dimostra scrittore prolifico e talentuoso con il suo ultimo libro dal titolo “La passione del calcio”. “Ultima rappresentazione sacra del nostro tempo”, come lo definiva Pasolini, o sport che “ha le sue ragioni misteriose che la ragione non conosce”, come scrisse il grande Osvaldo Soriano, il calcio, nel nostro paese, è lo specchio della nazione e coinvolge gran parte della popolazione. Krauspenhaar subisce il fascino di questo sport fin da bambino, da quando cresceva nella periferia di Milano e, influenzato dal compagno di banco e dallo zio, cominciava ad appassionarsi e a sentirsi parte di qualcosa di grande. Non si tratta semplicemente di uno scritto sul calcio, anzi è più un libro sulla passione, su quel fervore che, a un certo punto della vita, ti prende, anche forse irrazionalmente, e ti segue, accompagnandoti per anni finché, man mano, si affievolisce. Il calcio è una delle passioni più forti per diversi motivi: la calendarizzazione, ossia l'appuntamento fisso domenicale (anche se oramai si gioca quasi tutti i giorni) e quindi la ritualizzazione, l'aggregazione e la condivisione (in particolare in occasione di eventi come Mondiali o Europei che riguardano una nazione). Un romanzo autobiografico che non coincide con lo scorrere del film della vita dell'autore: il calcio è lo strumento che lo scrittore utilizza per far riemergere il ricordo e per raccontare lo sviluppo dell'Italia dalla fine degli anni '60 a oggi. Con precisione e nostalgia, l'autore, ad esempio, collega la fine degli anni '60 e l'inizio degli anni '70 al fantastico calcio totale degli olandesi; ancora, rammenta l'entrata di Berlusconi sulla scena sportiva italiana e la sensazione che tutto sarebbe cambiato, e tanto altro ancora. Un libro piacevolissimo, attraverso flash-back improvvisi che non seguono un ordine cronologico. Piuttosto, si tratta di un flusso di ricordi ed emozioni che l'autore riesce a raccontare con grandi capacità e un registro linguistico che sa essere alto o basso, secondo le specifiche esigenze letterarie. Così, Krauspenhaar crea un'atmosfera familiare e “calda”, dove il lettore si ritrova perché la passione del calcio, pur nella sua individualità, è universale e trasversale. “Che cosa è il calcio, al centro di se stesso? Un dribbling...Nel dribbling il calcio si liofilizza, si incentra. È un simbolo, un riassunto, una sinossi del calcio... È una sintesi della vita, per certi versi. Perché è un'azione individuale che si crea all'interno di gruppi contrapposti”. Un unico dubbio: siamo sicuri che la passione dell'autore sia venuta meno? A leggere cosa scrive dei Mondiali 2010 non sembrerebbe. Infine, un piccolo rimprovero: la squadra del cuore non si cambia..

La passione del calcio di Franz Krauspenhaar (Perdisa Editore)

domenica 15 maggio 2011

D/battiti fra le righe con Giuseppe Cristaldi



"D/battiti - fra le righe" è una rubrica letteraria prodotta da ACMElab e curata da Stefano Donno. Novità, curiosità e recensioni dal mondo letterario. Il nuovo ospite della serie dedicata agli autori è Giuseppe Cristaldi.
www.acmelab.it

sabato 14 maggio 2011

Viaggio nel tutto di Umberto Di Grazia (Youcanprint)





















Umberto Di Grazia è un uomo straordinario. Questa è la descrizione sintetica che si può fare dell'autore de "Viaggio nel Tutto", libro edito da Youcanprint.it. Come avevano già scoperto i filosofi scienziati dell'antica Grecia i sogni hanno un ruolo fondamentale nella nostra vita. Umberto Di Grazia potrebbe essere definito come una persona che non ha cessato un solo attimo, fin dalla tenera età di tre anni, di restare sintonizzato su tutte le dimensioni della realtà, diventando anche egli filosofo e scienziato. L'autore de "Viaggio nel Tutto", si propone con molta semplicità di descrivere i fenomeni particolari che lo hanno accompagnato per tutta la sua vita.

Esistono energie sottili, lati nascosti, forze latenti e impetuose in ciascuno di noi, forze che non sappiamo di possedere e che ci permettono di padroneggiare la nostra mente fino a far saltare quel tenue meccanismo che ci lega a "una" spazialità e a "una" temporalità, in modo da poter viaggiare sia nel passato che nel futuro. La possibilità dunque di compiere viaggi nel tempo su piani extramentali ed extracorporei rivoluziona le fondamenta della nostra cultura e anche i concetti stessi di Morte e Reincarnazione. L'autore, testimone diretto di settecento precognizioni e retrocognizioni ha avuto modo di studiare per più di trenta anni, i fenomeni extrasensoriali, viaggiando in tutto il mondo e confrontandosi con gli studiosi più accreditati di questo tipo di fenomeni, giungendo a una conclusione, la prima presentata nel testo, quella secondo cui i fenomeni di percezione extrasensoriale possono essere trattati in modo scientifico e replicati. Secondo l'affascinante tesi esposta i fenomeni paranormali non sono appannaggio di un ristretto numero di eletti bensì una capacità latente in ognuno di noi. L'esperienza più affascinante è quella dell'O.O.B.E (Out of Body Experience), o esperienza extra-corporale, una tecnica che in modo raffinato ha permesso all'autore, in questi anni, di risolvere casi giudiziari e di mettersi in contatto con il 'doppio' di diversi pazienti, con l'unico obiettivo di ristabilire un'armonia tra il proprio corpo/mente e l'universo. È solo l'inizio degli strabilianti temi dell'ultimo lavoro di Umberto Di Grazia, dal titolo "Viaggio nel Tutto": un'opera che se letta senza pregiudizi potrà fornire un concreto aiuto nella scoperta delle proprie potenzialità.

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giovedì 12 maggio 2011

Il linguaggio segreto dei fiori di Vanessa Diffenbaugh (Garzanti). Intervento di Stefano Donno




















Chissà perché ma ho sempre associato ai fiori delle doti, delle qualità particolari semi/oniriche quasi, che puntualmente facevano riaffiorare tra le maglie dei miei ricordi sinuosità, delicatezze, e sorrisi di tante donne che ho conosciuto. Misteri dell'immaginifico! Indistintamente tutti i fiori hanno su di me il potere di catapultarmi in atmosfere surreali, dove tutto si sfiora con estremo pudore, dove la storia, le storie non sono condizionate né da ferite profonde, né da ritorni mancati. Poi mi capita (in maniera rocambolesca) tra le mani questo splendido lavoro di Vanessa Diffenbaugh dal titolo “Il linguaggio segreto dei fiori” edito da Garzanti. Splendido perché è riuscito a incuriosirmi, a commuovermi, a farmi sorprendere, tutte cose che di rado un lettore (border/line) come me riesce a trovare in un libro. Non è questione di intraprendere una lotta feroce contro il “postmodernismo” (in fondo senza il mercato - anche quello editoriale - non potremmo nulla, non saremmo nulla, e forse vivremmo ancora in un mondo dominato da barbarie ben più sanguinarie delle logiche del profitto), ma è tentare di scovare con la lente dell’indagine e della critica letteraria, quell’identità che è l’Autore autentico, come nel caso di questa meravigliosa penna. Narrazione di confine, dove la protagonista Victoria, è una ragazza vissuta in "infeni" fatti di violenza e “anestetizzazioni” intimistiche, tanto da farle odiare il contatto fisico, o il semplice lasciarsi andare, o fidarsi. Poi l’incontro con una donna, Elizabeth, che le insegnerà il linguaggio dei fiori. E Victoria che ha il suo bel hortus conclusus, dove tutto è pace e silenzio, nel parco pubblico di Portero Hill, proprio lì pianterà e accudirà i suoi fiori imparandone fragilità e durezza, scoprendo la bellezza, la durezza e lo splendore della vita con tutte le sue ascese e le sue cadute. E i fiori, nel romanzo della Diffenbaugh, curano prima di tutto le cicatrici ancora aperte dell’anima e lasciano delle dolci caramelle di felicità. In fondo meno male che ci sono i fiori. Meno male che ce n’è uno per ogni male dell’anima.

mercoledì 11 maggio 2011

Il linguaggio segreto dei fiori, Vanessa Diffenbaugh (Garzanti)



Non mi fido, come la lavanda. Mi difendo, come il rododendro. Sono sola come la rosa bianca, e ho paura. E quando ho paura, lascio che la mia voce siano i fiori. Il linguaggio segreto dei fiori, Vanessa Diffenbaugh (Garzanti)

Musica: She Dreams in Blue - Josh Woodward
http://www.joshwoodward.com/song/SheDreamsinBlue

domenica 8 maggio 2011

Augusto. Il braccio violento della storia, Luca Canali, Bompiani


“Ho subito capito che tu eri l’unica persona cui avrei potuto affidare non solo gran parte dei

miei beni, ma anche il completamento del disegno politico che ho sempre avuto in mente”.

Giulio Cesare


da pagina 13

[...] Pensava tutto ciò con assoluta convinzione. Giovanissimo, ma nato vecchio, e già

pieno di malanni che curava con diete ascetiche, perché

avrebbe dovuto dolersi della tragica sorte di un cavallo,

o della morte di un valoroso soldato, come invece faceva

Cesare? Egli se ne sarebbe subito, freddamente, procurati altri dieci. In certi momenti Cesare gli appariva soltanto un formidabile e geniale coltivatore di illusioni. Ma

ora toccava a lui fare quanto necessario alla respublica.

E lui, se necessario, avrebbe ingannato tutti, aggirando,

modificando, e collettivizzando le personali istituzioni

tradizionali. Se poi si fosse imbattuto in avversari irriducibili, avrebbe cercato di eliminarli senza pietà, di persona, o per mezzo di sicari prezzolati, ai quali sarebbe stato

sufficiente dire: “Costoro sono miei nemici, uccidete il

loro corpo e tenetevi il resto, i loro beni, persino le loro

mogli e figlie, se vi piaceranno.” Ma aveva programmato

anche una propria necessaria doppiezza: “Predicherò la

purezza dei costumi, e sarò severo anche con i miei fami

gliari, quando lì avrò. Ma rimarrò estraneo, quasi esonerato dalle mie stesse leggi e dalle mie intenzioni purificatrici, immune dal moralismo che tarpa le ali a qualsiasi

Principe voglia governare per il bene di tutti in assoluta

libertà di pensiero e di azione. [...]


Il primo imperatore romano, forse il più grande: Ottaviano Augusto. La difficile ma inarrestabile scalata al potere, gli intrighi, i retroscena psicologici, i personaggi: Agrippa, l’amico fidato, uomo forte e imperturbabile, votato al servizio gregario e all’ordine senza forse e senza ma. E poi Livia Drusilla, di cui Ottaviano si innamora, e ne fa la sua sposa e ispiratrice. E ancora, le trame segrete dei conservatori capeggiati da Cicerone, Catone, e Bruto, la guerra sanguinosa contro gli uccisori di Cesare, da cui emergerà la figura dell’uomo di potere unico, il princeps per antonomasia.

Uomo malaticcio ma sospinto da irrefrenabili pulsioni, adottato da Cesare che lo vedeva come il solo condottiero in grado di risolvere il dissidio che opponeva il Senato al princeps. Repressione di congiure, diplomazia con il ceto nobiliare, stretto legame quasi affettivo con le legioni, un saldo secolo di pace, detta appunto pax augusta, che ha quasi per fondamento ideologico la cultura e la poesia, di cui Mecenate è ispiratore, sono i fondamenti del nuovo impero.

Molti tormenti anche nella sua vita: più grave di tutti il comportamento libertino di sua figlia Giulia e sua nipote Giulia Minore.

Luca Canali ricostruisce col sicuro e avvincente passo del romanziere e con il rigore dello storico un capitolo epico della storia romana, fra tolleranza e dispotismo, poesia e sangue, amore e morte. La vicenda di un uomo il cui braccio violento, anche attraverso la crudeltà delle proscrizioni,

ha impugnato ogni arma disponibile per saldare per sempre il destino di Roma a quello dell’Occidente.


LINK PER LEGGERE IL PRIMO CAPITOLO DEL LIBRO

CRISTINA

Senza respiro di Valentina F. (Fanucci)












Quando Alicia pensa che ormai la storia tra lei e Rudi, il ragazzo messicano conosciuto l’estate precedente, sia acqua passata, ecco che in un giorno d’autunno riceve una lettera in cui lui le scrive che è pronto a soddisfare la promessa che le aveva fatto poco prima di dividersi: un biglietto aereo a suo nome è stato acquistato e Rudi l’aspetta in Messico da lì a due settimane! Ad Alicia non sembra vero: dovrà ottenere il permesso dai suoi genitori e poi potrà abbracciare quel ragazzo dagli occhi nocciola e dal sorriso dolce e che desidera tanto. Ma c’è un unico inconveniente che sa anche un po’ di avventura: è previsto uno scalo a New York e lei non si è mai trovata da sola in un aeroporto. Dopo una complicata manovra di convincimento andata a buon fine, ecco che il fatidico giorno della partenza è arrivato e tutto sembra filare liscio. Ma Alicia ancora non sa che una tormenta sta per abbattersi su New York proprio nel momento in cui il suo aereo sta volando a tutta velocità. E così, triste e sconsolata, si ritroverà a dover trascorrere più tempo del previsto nella grande mela e sarà coinvolta, suo malgrado, in un’esperienza travolgente ed emozionante che cambierà per sempre il corso della sua vita. Ma Rudi, nel frattempo, che fine ha fatto? Senza respiro è il quarto volume della saga di Alicia scritta da Valentina F. con lo pseudonimo di Shari H. Grilli, che ha venduto solo in Italia oltre 150.000 copie. Valentina F. è il vero fenomeno tra le teenager del nostro paese.

Valentina F. Romana, studentessa, ha esordito nel 2007 con il romanzo TVUKDB– Ti Voglio Un Kasino Di Bene, uno straordinario successo editoriale tradotto all’estero in più lingue. Nel 2008 Fanucci Editore ha pubblicato Il mio cuore x te, che ha confermato il talento della giovanissima autrice e Il sogno di un amore, da cui è stato tratto il graphic novel Il sogno di Valentina (2009), disegnato da Tomatozombie. Nel 2009 è uscito il quarto libro della serie TVUKDB – M’ama o non m’ama e nel 2010 il quinto volume Quattro inseparabili amiche e il Diario-agenda con i consigli e i racconti inediti di Valentina F. Con lo pseudonimo di Shari Grilli, Fanucci Editore ha pubblicato della stessa autrice: Alicia e una pazza fuga d’amore, Alicia e il cuore smarrito, Alicia zenzero e cannella.

“Sono incollata al finestrino da oltre tre ore, e anche se ormai vedo soltanto nuvole e cielo, non riesco a smettere di guardare fuori dall’oblò. Sotto di me ci saranno chilometri e chilometri di oceano; se adesso l’aereo dovesse precipitare, non servirebbe a nulla indossare il salvagente, l’impatto con l’acqua sarebbe talmente forte che verremmo inghiottiti senza lasciare traccia e il mio viaggio finirebbe prima ancora di cominciare. Sospiro, e per la prima volta mi allontano dal finestrino appoggiandomi al sedile della poltrona: sono irrequieta, lo stare ferma mi sembra una perdita di tempo. Eppure devo avere pazienza, il viaggio è ancora lungo. Chiudo gli occhi, cercando di distrarmi; mi sembra un sogno, sto andando da Rudi e, cosa ancora più sorprendente, non riesco a capacitarmi di come sia riuscita a convincere i miei a lasciarmi partire. Pensavo di non farcela, ma papà si è messo dalla mia parte, mostrandomi più fiducia di quella sperata. È riuscito a convincere mia madre e mi ha trovato anche un posto dove stare, perché ovviamente non hanno preso nemmeno in considerazione l’idea che potessi dormire a casa di Rudi. Una collega di mio padre che vive proprio ad Acapulco si è offerta di ospitarmi, permettendomi così di trasformare il mio sogno in realtà. Rovisto nello zaino, tiro fuori la lettera di Rudi e me la rileggo per la centesima volta. Peccato, il volo non è diretto, devo fare scalo a New York, ma poi finalmente potrò abbracciarlo”

venerdì 6 maggio 2011

Ferrarotti su Zapping: "I giovani non hanno colpa..." - La strage degli innocenti

Puntata di Zapping del 5 maggio 2011 -
Franco Ferrarotti professore di sociologia presso l’università Sapienza di Roma presenta il suo libro, La strage degli innocenti. Note sul genocidio di una generazione, pubblicato da Armando editore, agli ascoltatori di Zapping.
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“Oggi si parla dei problemi dei giovani anche in termini più drammaciti... e la disoccupazione giovanile arriva al 30%. Il dato più preoccupante è che quando un gruppo così consistente di giovani non riesce a trovare lavoro, o lo trova di 3 mesi in tre mesi, perde la speranza”.

Alcuni ascoltatori hanno evidenziato l’apatia dei giovani, la loro “non voglia di lavorare” o di “non accontentarsi di un lavoro inadeguato ai loro studi”.
Ferrarotti giustamete risponde loro riportanto la questione all’origine: “I giovani non hanno colpa della situazione in cui oggi vengono a trovarsi... si tende a rovesciare le responsabilità e così i giovani (le vittime) sarebbero carnefici di se stessi. Il problema invece è oggettivo! ... Quando un problema non viene dichiarato in termini reali, è difficile risolverlo”

Ascolta l’intervista completa, la trovi dal minuto 0:48 (circa) a 1:06.

Leggi le prime 26 pagine del libro

giovedì 5 maggio 2011

Il book trailer: La storia sporca di Marco Minicangeli (Edizioni Controluce, collana Pixel diretta da Francesca Giannone)



Roma. Piazza Cavour. Un commissariato. Alessio Zeni viene affiancato al collega Nicola Sperlo, un Serpico dei giorni nostri che disattende le regole della polizia per fare giustizia secondo l'unica legge che conosce: la propria. Al centro della vicenda un'indagine cupa e maledetta, una storia sporca di traffici di droga gestiti da extracomunitari -- che hanno occupato gli spazi liberi lasciati dalla banda della Magliana - e prostitute straniere che si fanno chiamare tutte Irina o Svetlana, invischiate in un giro di video hard estremi e pericolosi in cui spesso ci rimettono la vita. Zeni si lascia sedurre morbosamente dal male, segue le regole di Sperlo e scopre la verità. Il prezzo da pagare però è alto, perché una volta risucchiati dalla Città della Notte non c'è via d'uscita: o si muore o si perde tutto, compresi i sentimenti.

mercoledì 4 maggio 2011

Prima dei mass media di Stefano Cristante (Egea). Dalla presentazione




















La sociologia della comunicazione ha indagato con grande ampiezza lo sviluppo dei media di massa novecenteschi, dalla radio al cinema, dalla televisione a internet. Contributi molto importanti e numerosi hanno riguardato la creazione e lo sviluppo della stampa e della fotografia, del telegrafo e del fonografo, cioè dei principali mezzi di comunicazione ottocenteschi. Bisogna dunque pensare che non esistessero forme comunicative potenti ed efficaci nelle società susseguitesi nel corso del tempo storico, prima che i media moderni fossero portati a evidenza e a compimento tecnico? In assenza di società di massa e quindi di mass media, bisogna forse pensare che le forme della comunicazione abbiano svolto un ruolo marginale sino all'affermazione del capitalismo e dell'epoca moderna? Il rapporto “comunicazione-società”, centrale per l'analisi delle scienze sociali, inizia in epoche storiche lontane millenni: da quando esistono le comunità umane la ricerca di modi efficaci per comunicare caratterizza l'azione umana. Ecco allora che è possibile – utilizzando fonti provenienti dall'immenso territorio delle interpretazioni storiche – fissare uno sguardo su processi ed eventi che hanno consentito al genere umano di inventare proprie forme di contatto, di avvertimento, di apprendimento, di scambio, di racconto, di rappresentazione. Detto altrimenti, è possibile rivisitare la storia umana dal punto di vista della comunicazione. Si tratta infatti – ed è la strategia e l'idea-forza di questo libro – di una variabile fondamentale della storia umana: comunicazione e condivisione sociale viaggiano di pari passo. Prima ancora che si stabilizzassero le antichissime società tribali il genere umano è stato in grado di inventare modi per mettere in comune informazioni utili alla sopravvivenza della specie, consentendo uno sviluppo della conoscenza e un progressivo adattamento all'ambiente, modificando nel contempo l'ambiente stesso. Prima dei mass media seleziona e ripercorre le tappe fondamentali di questi processi: a partire dal corpo umano inteso come dispositivo primigenio di comunicazione, il volume si addentra nell'elaborazione dell'oralità e delle sue conseguenze aggregative, sottolineando il crogiolo espressivo in cui presero forma le diverse forme espressive della rappresentazione iconografica e della scrittura, evitando la successione lineare tra i diversi ambienti comunicativi e mettendo invece in risalto le contaminazioni sempre esistite tra le diverse forme espressive. Prima dei mass media si occupa di restituire alla storia sociale della comunicazione attraverso una triplice accentuazione concettuale: la creazione di reti, la costruzione del sapere e l'esercizio del potere. Dai piccolissimi gruppi nomadi precedenti ai primi insediamenti urbani fino all'organizzazione delle società di lettura del tardo Seicento inglese e francese, gli strumenti del comunicare hanno lavorato per includere (o per escludere) individui dentro uno stesso ambito di interazione. La creazione di reti, intese nel loro significato generale di collegamenti tra singoli fruitori e contributori di mezzi e tecnologie, risponde all'essenza relazionale della comunicazione. In sostanza, una volta definita la comunicazione come un'azione dotata di senso, le domande da cui prende l'avvio il volume sono: con chi agisce l'individuo addestrato a un mezzo? Quali settori sociali sono stati maggiormente toccati dalle specifiche tecnologie della comunicazione? Come hanno funzionato rispetto alle loro esigenze complessive? Ad esempio: la figura del mercante che emerge dalla cornice medievale come si avvantaggia della scrittura in epoca precedente alla stampa a caratteri mobili? Attraverso quali particolari iniziative mette in condivisione la propria esperienza? La seconda questione concettuale investe la costruzione del sapere: si tratta in questo caso di cogliere come i mezzi di comunicazione abbiano contribuito all'accumulo di conoscenze umane. Il riferimento più immediato va alla scrittura, in particolare alfabetica, in grado di costituirsi in piattaforma permanente per tutti i saperi, varcando le barriere dello spazio e del tempo, opponendosi alla friabilità dei saperi orali, sottoposti alla possibilità di estinzione. In realtà molti altri media hanno contribuito al permanere e all'espansione delle conoscenze, non solo tecnico-scientifiche ma più ampiamente culturali. Si tratta, ad esempio, della sfaccettata presenza sociale delle opere d'arte, in grado di sprigionare energie comunicative, nel senso che evidenziano un cumulo di conoscenze (tecniche, filosofiche, poetiche, architettoniche e così via) senza smentire le connessioni con la formazione e l'addestramento ad una estetica condivisa, fondata su linguaggi ad alto tasso di penetrazione collettiva. Infine, si è lavorato sul nodo dell'esercizio del potere: i mezzi inventati e perfezionati nelle diverse società sono stati utilizzati per organizzare le società e per governarle. A partire dall'oralità e dalla scrittura, lo spazio urbano compiuto – la polis – ha risentito in misura crescente dello sviluppo dei media e li ha usati per includere e per escludere gruppi sociali dal potere. Gli imperi dell'antichità classica hanno progettato e quindi realizzato grandi vie e grandi infrastrutture dove correvano messaggi scritti su papiro, leggeri per i cavalieri ma spesso pesanti per gli ordini contenuti. Grazie alla tecnologia alfabetica un territorio immenso poteva comunicare al proprio interno ed essere governato. Il sistema mediatico della corrispondenza consentì alla chiesa cattolica di resistere agli ultimi sconquassi delle invasioni barbariche e di tenere in piedi il principio dell'autorità occidentale. Per altri versi, l'opulenta comunicazione dei grandi eventi culturali rinascimentali indica con chiarezza il ruolo di rappresentazione del potere affidata alle forme espressive, e ne affida l'organizzazione a individui, famiglie e gruppi che sanno perfettamente di dominare attraverso immagini e coreografie, esibendosi personalmente come leader e come strateghi. Né smette di stupire la poderosa esibizione spettacolare di Federico II di Svevia, un imperatore che non esitava ad abbigliarsi alla foggia saracena e a portare nei suoi lunghi spostamenti di governo una quantità di bestie esotiche, particolari che contribuirono a farne una personalità eccezionale ed eccezionalmente chiacchierata. Inoltre, facendoci più prossimi alla nostra epoca, la vicenda dei giornali stampati racconta in modo estremamente chiaro la battaglia che sui mezzi di comunicazione venne combattuta tra fautori ed oppositori del potere assoluto, un potere che sembrava eterno e che invece poteva essere delegittimato attraverso informazioni e notizie ricavate da osservatori che inventavano le tecniche del giornalismo, e le mettevano a disposizione di nuovi e vasti pubblici, in attesa che nuovi media (a cominciare dal telegrafo) sancissero il ruolo della comunicazione di massa in una società a base metropolitana.

martedì 3 maggio 2011

La leggenda del morto contento, di Andrea Vitali (Garzanti). Intervento di Nunzio Festa












Questa volta Andrea Vitali, tramite il suo ultimo e fiabesco “La leggenda del morto contento”, ci tiene sempre desti grazie a un piccolo escamotage narrativo. Che, insomma, non capiamo né all'inizio della trama che scorre in stile delfino né nel suo mezzo, di chi il titolo appunto da fiaba ci parlerà veramente. E la trovata funziona. Il quel 25 luglio del 1843, nonostante i tentativi di scoraggiamento all'impresa del sarto Lepido, due giovinotti di famiglia bene prendono il volo leggero e imbecille, date le condizioni del tempo, dal molo di Bellano. Perché i giovini vorrebbero farsi una gitarella allegrotta. Dunque entrambi i ragazzi scompaiono. Il primo corpo ad apparire dai fondali è quello del ricco e potente mercante del paese. L'altro che addirittura non si riesce ad agguantare dal nulla è quello d'un forestiero ugualmente gettonato. Ma i fascisti ante-litteram, ovvero podestà procuratori austriaci delegato di polizia eccetera devono assolutamente trovare una colpa che non sia invece troppo riconducibile all'errore di gioventù dei rampolli. Eppure nemmanco è possibile, si capirà, fare come al solito: cioè chiudere in quattro e quattro sette il gigantemente Drammatico caso. La storia, meglio, costringe innanzitutto a guardare negli occhi di certe famiglie che in quei tempi e in questi tempi non sono ben raccontate. Dunque il sarto Lepido che fa una vita di merda. Quindi i notabili e ricchi vari che sono poveracci d'animo e che comunque sono sotto il ricatto di mogli forti ma del loro lavoro poco se ne sbattono. Più la vita di comari e di più beoni. In mezzo a tutto questo ingranaggio descritto e descrittivo, per giunta, il mistero della parola 'giustizia' è arroccato in un angolino. Sotto scacco di retorica e tornaconti personali. Allora il sorriso, o ghigno, a seconda dei punti di vista, del morto del quale si rammentava, a chi è rivolto? Soprattutto chi esattamente lo mette fuori dalla pancia? Per quale bella o brutta ragione? Visto che questo romanzo del sempre brillante Vitali, dove persino stare al gioco d'una narrativa fatta da rimandi su rimandi, ma comunque alla vicenda stessa e alle sue protezioni ambientali, si riempie del brio della ricerca di 'sto mistero, non s'aggiungerà altro. Mentre s'aggiunge, per inciso, che di capri espiatori e di valide scappatelle del valore delle giustizia se ne vedono e sicuramente vedranno tante alti altri esemplari.