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lunedì 30 aprile 2012

Hunger games di Suzanne Collins (Mondadori)


“Quando Katniss urla "Mi offro volontaria, mi offro volontaria come tributo!" sa di aver appena firmato la sua condanna a morte. È il giorno dell'estrazione dei partecipanti agli Hunger Games, un reality show organizzato ogni anno da Capitol City con una sola regola: uccidi o muori. Ognuno dei Distretti deve sorteggiare un ragazzo e una ragazza tra i 12 e i 18 anni che verrà gettato nell'Arena a combattere fino alla morte. Ne sopravvive uno solo, il più bravo, il più forte, ma anche quello che si conquista il pubblico, gli sponsor, l'audience. Katniss appartiene al Distretto 12, quello dei minatori, quello che gli Hunger Games li ha vinti solo due volte in 73 edizioni, e sa di aver poche possibilità di farcela. Ma si è offerta al posto di sua sorella minore e farà di tutto per tornare da lei. Da quando è nata ha lottato per vivere e lo farà anche questa volta. Nella sua squadra c'è anche Peeta, un ragazzo gentile che però non ha la stoffa per farcela. Lui è determinato a mantenere integri i propri sentimenti e dichiara davanti alle telecamere di essere innamorato di Katniss. Ma negli Hunger Games non esistono gli amici, non esistono gli affetti, non c'è spazio per l'amore. Bisogna saper scegliere e, soprattutto, per vincere bisogna saper perdere, rinunciare a tutto ciò che ti rende Uomo

domenica 29 aprile 2012

Obbedienza e libertà. Critica e rinnovamento della coscienza cristiana di Vito Mancuso (Fazi Editore)


Un vero e proprio manifesto della “teologia mancusiana”. Obbedienza e libertà è una sintesi matura del pensiero di Mancuso e lancia un messaggio chiaro: libertà e religione non devono più essere viste come alternative. Un “discorso sul metodo” in presa diretta, fondato sul principio di coerenza e onestà invece che su quello di autorità. Un libro che nasce dal disagio di Vito Mancuso di vedere la propria Chiesa riproporre una verità non al passo coi tempi, prigioniera di una visione superata del mondo e dell’uomo. Un discorso sul metodo, non solo della teologia, ma anche e soprattutto della coscienza. Divisa tra obbedienza e libertà, la coscienza cristiana (e non solo essa) è inquieta come non mai, ed è alle sue inquietudini che questo nuovo libro di Vito Mancuso si rivolge affrontando con chiarezza i nodi più importanti del dibattito odierno: la verità e il potere, la religione al servizio della politica e il principio di laicità, l'identità umana tra anima e coscienza, il destino finale tra nulla ed eternità, il dialogo tra le diverse religioni e le diverse spiritualità del mondo. I temi sono i grandi temi di Mancuso, la radicale onestà intellettuale e il primato della vita, ma qui trovano un loro scenario caratteristico che distingue questo libro dagli altri: il delicato rapporto tra il potere ecclesiastico e la verità. Partendo dal motto caro a Martini, “pro veritate adversa diligere” (ovvero essere contenti delle contraddizioni), il teologo della vita autentica ci spiega come la “verità autentica” non sia qualcosa di statico, di ricevuto in eredità, ma qualcosa a cui si arriva per contrarietà. In un corpo a corpo con l’ortodossia, Mancuso si dichiara contento delle contraddizioni, esprimendo così il suo amore per la vita. Il pensiero di Vito è come sempre antinomico e non dicotomico, analogico e non oppositivo.

Vito Mancuso, teologo, docente di Teologia presso la Facoltà di Filosofia dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano dal 2004 al 2011 ed editorialista de “la Repubblica”. Oltre ad articoli su riviste specializzate, alla partecipazione ad opere collettive (tra cui: Che cosa vuol dire morire. Sei grandi filosofi di fronte all’ultima domanda, a cura di Daniela Monti, Einaudi 2010, con R. Bodei, R. De Monticelli, G. Reale, A. Schiavone, E. Severino), tra le sue opere più recenti ricordiamo i bestseller La vita autentica (Raffaello Cortina, 2009), Disputa su Dio e dintorni, con Corrado Augias (Mondadori, 2009), L’anima e il suo destino, con la prefazione di Carlo Maria Martini (Raffaello Cortina, 2007) e Io e Dio. Una guida dei perplessi (Garzanti, 2011). Con Elido Fazi dirige la collana di libera ricerca spirituale “Campo dei fiori”. Presso una delle più prestigiose case editrici accademiche tedesche è stato pubblicato di recente un saggio sul suo pensiero: Corneliu C. Simut, Essentials of Catholic Radicalism. An Introduction to the Lay Theology of Vito Mancuso.

sabato 28 aprile 2012

Franco Quinto. Commedia di una banca, di Friedrich Durrenmatt, traduzione di Aloisio Rendi (Marcos y Marcos). Intervento di Nunzio Festa


Sappiamo sempre meglio che le banche sono il malessere della società. Producono morti reali. Dalla morte dell’economia. Garantiscono illegalità etica diffusa, le banche. Ma lo spettacolo teatrale di Friederich Durrenmatt, “Franco Quinto”, commedia che oggi ci torna con un testo finalmente giunto in Italy – per chi non possiede l’edizione svizzera dell’86 – è il racconto, paradossale fino a un certo punto, di tutto ciò. Franco Quinto e la moglie Ottilia, eredi d’una immortale dinastia di banchieri, ne inventano di tutte e di più per far sopravvivere, si fa per dire, la stirpe. Da due secoli ingannano, falsificano, e addirittura uccidono pur di far profitti e nascondere le loro tremende nefandezze. E’ tornare indietro non è possibile. La Banca deve vincere e vincerà! Se il premiato autore del recentemente pubblicato in Italia e anche questo da Marcos y Marcos, “Romolo il grande”, fu acclamato all’uscita di questa ovviamente immortale opera, capolavoro assoluto del farsesco e dell’assurdo ma non troppo, oggi sarebbe osannato dalla parte dei medium che cercano d’inviare criticità alla finanza. “Il rilancio di Franco Quinto – dice giustamente l’editore nel presentare il libro - ha coinciso con l'esplosione dei recenti scandali che hanno scosso le banche (e i risparmiatori) di mezzo mondo”, infatti. Epperò le ambientazioni inventate dalla penna del drammaturgo e scrittore svizzero, non è nel loro contenuto ideale che danno l’interesse più grande. Perché è nella poesia dei soggetti della scena che rintracciamo, non bisogna scordare, il ‘plusvalore’. Dove il gioco tra “cori” ed “Egli” raggiunge, in effetti, la vetta più altra della drammatizzazione. Mentre, appunto, gli affondi e le sferzate da anarchico, oggi da persona dotata di buonsenso, sono il motivo centrale, il corpus della grande, anzi immensa scena.  

Graziella Gardini (Direzione Sea Marconi Envirotech Italia) consiglia: Coriandoli nel deserto di Alessandra Arachi (Feltrinelli)


Ha perso la gloria e la fama, che sono andate tutte a lui, l'amico fraterno. Il premio Nobel per la fisica. L'inventore dell'energia atomica. Enrico Fermi. Forse sarebbe bastato poco per condividerle. Ha perso anche l'amore, quello per lei. L'unica ricercatrice del gruppo di via Panisperna. La donna che saliva e scendeva dagli aerei come dalla sua bicicletta. Nella Mortara. Forse sarebbe bastato un attimo per averlo. È il giugno del 1969 quando dal suo letto d'ospedale Enrico Persico ripercorre il tracciato della sua esistenza vissuta all'ombra del genio. Schiacciato dal peso del genio. Non si può competere con il più grande scienziato del Novecento quando si ha la sventura di fare lo stesso mestiere e, ironia del destino, di averne pure lo stesso nome. Da quel letto vediamo Persico inseguire la speranza e l'ambizione, e sentiamo il destarsi di una voce, di segrete accensioni, di timidi stupori, di malcelati rimpianti: la sua è la storia di un eterno secondo, sullo sfondo di un teatro umano irrimediabilmente più grande di lui. Col passo del romanzo, in un frenetico andare e venire del tempo, Alessandra Arachi ci racconta i coriandoli della vita di un uomo.

venerdì 27 aprile 2012

Graziella Gardini (Direzione Sea Marconi Envirotech Italia) consiglia: La paura della lince di Antonella Cilento (Rogiosi)


Esordio nel genere “giallo” per la scrittrice Antonella Cilento, una delle firme più prestigiose della narrativa, e non solo, italiana degli ultimi vent’anni. La paura della lince è un mistero complicato ed affascinante in cui la tensione resta alta per l’intero arco della narrazione fino a restituire al lettore tutte le risposte per un finale sorprendente ma anche l’unico possibile. Nella Napoli dei giorni nostri una guida turistica si trova, suo malgrado, a ricevere le rivelazioni di un uomo in fin di vita, inizierà da quel momento un susseguirsi di eventi inquietanti dal cui corso la protagonista non riuscirà a sottrarsi

Il Fu Mattia Pasca di Luigi Pirandello a cura di Sergio Campailla (Newton Compton)

Il fu Mattia Pascal, il più famoso dei romanzi pirandelliani, riveste un’importanza fondamentale nella letteratura italiana del Novecento. Grottesco antieroe, Mattia Pascal è uomo senza certezze e senza vocazioni. Creduto morto dopo una fuga da casa, pensa di approfittarne per cambiare vita, ma il desiderio di spezzare le catene delle convenzioni sociali, lo slancio verso la riconquista di un’originaria purezza e autenticità falliscono:perché la vita deve comunque darsi una forma, e la fatica che bisogna affrontare per crearne una nuova e sostenerne i condizionamenti e i compromessi è talora così grande che ci costringe a rientrare precipitosamente nella vecchia.
La quale, pur con i suoi originari limiti e le sue falsità, rende possibile l’esistenza, allontanando il rischio della disgregazione, impedendoci di essere altro da noi, inchiodandoci a una realtà fittizia, ma inalienabile.

«Una delle poche cose, anzi forse la sola ch’io sapessi di certo era questa: che mi chiamavo Mattia Pascal. E me ne approfittavo. Ogni qual volta qualcuno de’ miei amici o conoscenti dimostrava d’aver perduto il senno fino al punto di venire da me per qualche consiglio o suggerimento, mi stringevo nelle spalle, socchiudevo gli occhi e gli rispondevo: – Io mi chiamo Mattia Pascal.»

giovedì 26 aprile 2012

PRESENTAZIONE AL BUIO DEL LIBRO “GLI OCCHI DI MIA FIGLIA” DI VITTORIA COPPOLA


Per la prima volta in Italia un libro viene letto e presentato al buio.  A promuovere l’iniziativa L’Unione Italiana per ciechi e Ipovedenti di Lecce, la casa editrice Lupo e la libreria Liberrima.  Ad essere protagonista di questa esperienza, in uno strano gioco di significati, “Gli occhi di mia figlia”, libro best seller salentino di Vittoria Coppola, edito dalla Lupo Editore e vincitore del primo posto nell'annuale sondaggio promosso da “Billy", la rubrica letteraria del TG1. Lo scopo è quello di sperimentare nuove modalità comunicative ed espressive e sensibilizzare alla lettura.  È un percorso che si compie in totale assenza di luce dando importanza alla voce dei protagonisti e affidandosi al solo udito per vivere un'esperienza straordinaria e per avvicinarsi all’esercizio della lettura per un non vedente.  L’evento si terrà venerdì 27 aprile 2012 alle ore 19:30 presso la sala conferenze dell’Istituto dei ciechi Anna Antonacci di Lecce (via Scipione De Summa) e sarà coordinata dal giornalista Raffaele Gorgoni.  Dopo i saluti del presidente dell’Unione Ciechi di Lecce Antonio Maggiore, Tony Donno incontrerà al buio la scrittrice Vittoria Coppola per iniziare insieme questo nuovo percorso di sensi e per presentare la versione audiolibro del testo realizzata dal Centro Nazionale del Libro Parlato dell’unione Italiana Ciechi  Il libro, che ha riscosso un notevole successo, non solo in Salento, ma in tutta Italia, ha una trama di romanzo d’altri tempi e racchiude il tema dei sentimenti che legano madre e figlia e il desiderio di quest'ultima di affrancarsi da un affetto che pesa come un macigno.  La presentazione al buio diventa, quindi, non solo possibilità di incontro con l’autrice, ma occasione per ascoltare il suo libro e, soprattutto, sensibilizzare alla lettura come possibilità di dare delle forme e dei colori, costruire un percorso di associazioni e di immaginazione che si distacca dalla pura materialità del libro scritto.  Il racconto, la storia, il romanzo, diventa un’esperienza da vivere in totale libertà e distacco dal senso stesso della vista per costruire diversi mondi e vite possibili. PER INFORMAZIONI SCRIVERE A tonydo67@alice.it

Graziella Gardini (Direzione Sea Marconi Envirotech Italia) consiglia: Uccidimi di Ana Maria Sandu (nella traduzione di Ileana M. Pop) edito da Aisara


Ramona vive a pensione da una gentile signora con la quale convive in un clima di intimità e amicizia, ma la serena convivenza si trasforma presto in un incubo, e quella casa così accogliente in una prigione popolata di fantasmi e allucinazioni. Un luogo situato in quel labile confine fra lucidità e follia.  "Io sottoscritta Ramona Petrescu, nata il 12 aprile 1981, dichiaro che la sera di giovedì 22 settembre ho perso la ragione e ho ucciso una donna di nome Veronica Manea,  di anni settanta,  residente a Bucarest, in Strada Domenii 76. Preciso inoltre che tra me e la signora Manea non c’era alcun grado di parentela." 
“Dalla finestra, che dava su un cortile interno, vedeva l’appartamento più luminoso della terra. Quello con le vetrate dal soffitto al pavimento e una gran quantità di piante rampicanti.  A volte vedeva la ragazza che ci abitava e le veniva da andare alla sua porta a chiederle  se una casa possa rendere più felici, almeno un po’..
ANA MARIA SANDU (Târgu Jiu, Romania, 1974), scrittrice, poetessa e giornalista, debutta nel 2003 con un’opera sulla sessualità e la femminilità, nominata al premio “România Literara” come miglior esordio e al “Premio aspro” come miglior esperimento letterario dell’anno e pubblicata in Francia con il titolo L’écorchure (Chemin de Fer, 2010).

mercoledì 25 aprile 2012

I Caffè della cultura a Poggiardo con Pierluigi Mele


Sarà Pierluigi Mele, poeta, autore e regista teatrale tra i più apprezzati, con l’antologia poetica “Ho provato a non somigliarti” (Lupo Editore) il protagonista del nuovo appuntamento de “I Caffè della Cultura” in programma giovedì 26 aprile alle ore 19.00 nella sala conferenze del Palazzo della Cultura di Poggiardo. Presenta l’incontro Tonio Tondo, giornalista Gazzetta del Mezzogiorno. I caffè della Cultura, sono promossi dalla Biblioteca comunale-Assessorato alla Cultura del Comune di Poggiardo con il sostegno di Sole Vento Energia Poggiardo. Seguiranno degustazioni culturali. Ho provato a non somigliarti raccoglie poesie degli anni 1985-2010, senza tracciare traguardi. Sono slanci, diversamente l’esistenza non avrebbe casa né strada. Poesie dello stupore, della perdita e del ritrovamento. Della trasfigurazione soprattutto. Poesie di luoghi e d’illusione. Di tutte quelle minuscole e fonde cose che hai attraversato e che poi, senza preavviso, bussano alla porta pretendendoti daccapo. Con più forza del passato e meno scuse. Perché quando accadevano, nel mentre, tu non eri pronto a stringerne l’essenza. Non lo sei neppure ora, non lo sei mai. Però succede di avvertire questi passi alla soglia, questo soffio alla tempia del passato, il passato che s’impasta al presente che respiri, lo infiamma col tuo possibile domani. Qualcuno lo chiamerebbe destino. E allora la poesia non è che resoconto di stagioni, vissute e sublimate. Non puoi sottrarti dal tuo stesso nome che ti chiama, dalle tue radici e utopie.

Info Comune di Poggiardo:
dott. Pasquale De Santis (coordinatore rassegna) 0836.909817/329.3173865 - dott. Antonio Ciriolo (Responsabile Ufficio Cultura) 0836.909812

Graziella Gardini (Direzione Sea Marconi Envirotech Italia) consiglia: Delitto a Stoccolma di Liza Marklund (Marsilio)


Mentre Stoccolma si prepara a celebrare le Olimpiadi, una bomba esplode nello stadio principale della città, simbolo stesso dei Giochi. Dopo pochi giorni, un'altra bomba fa saltare un impianto sportivo, seminando il terrore. La polizia parla di atto terroristico, ma dalle pagine della Stampa della Sera, Annika Bengtzon conduce la sua personale indagine e scava nel mondo del comitato olimpico e della sua direttrice, donna potente e famosa, ma con molti lati oscuri nella vita privata. Appena promossa caposervizio di nera, Annika insegue una difficile carriera in una grande città: osteggiata da parte della redazione, deve dimostrare ogni giorno che anche una donna madre di due bambini è in grado di fare bene il suo lavoro e di battere la concorrenza.

Ivan il terribile, di Alcìde Pierantozzi (Rizzoli). Intervento di Nunzio Festa


Devono farci paura. Devono spaventarci, i libri veri. E "Ivan il terribile", romanzo del giovanissimo Alcìde Pierantozzi da San Benedetto del Tronto, è uno di quelli che provoca immensi timori. Pierantozzi, tra le altre cose, è lo stesso autore che avevamo applaudito all'uscita dell'opera prima "Uno in diviso" (Hacca, 2006) e che allora c'aveva dato spietatezza e scrittura pura. Adesso che lo scrittore sta crescendo, e oltre a essere diventato collaboratore della rivista "Rolling Stone" e ad avere alle spalle l'impegnativo e poderoso "L'uomo e il suo amore" (Rizzoli, 2008), s'è collocato vitalmente nella Milano della finanza letterata, ma soprattutto ha provato le carezze dell'inizio e le difficoltà del continuare, ha scritto un'opera ch’è stata il dolce avvelenato delle nostre letture. La pozione esatta a iniettare il veleno della paura assoluta. La prima parte del romanzo, quasi per cento pagine, più che presentarci Roccofluvione dipinge il paesino Roccofluvione analizzato dalle retine degli adolescenti che si chiamano Federico, Sara e Ivan. E se quest'ultimo è il terribile, terribilmente Sara e Federico, lei da sempre e lui da poco, non sopportano quanto la marginale e provinciale Roccofluvione sia pregna d'una quotidianità oramai stantia e i suoi vizi simili a molte altre marginalità - si veda qui "La notte dei petali bianchi" dell'esordiente Gianfranco Di Fiore (Laurana, Milano, 2011) - italiane. Ma ci sarà un diversivo; simile al divertimento di lanciare pietre dai cavalcavia: scelte che fanno male a chi le compie e a chi le subisce. Eppure Sara e Federico hanno i loro amori. Hanno una il maneggio con le cavalle preferite, l'altro l'acquario coi cavallucci (marini). Che con cura mantengono in vita. Sarà proprio al maneggio che, tra un passaggio e l'altro della televisione normale della Maria De Filippi già spiegataci in altro modo, con tutt'altro approccio da Pierantozzi e con dovizia di particolari dall’Emanuele Kraushaar in stato di grazia con "Maria De Filippi" (Alet, Padova, 2011), appare il magnetico Ivan Cresciani direttamente dal carcere minorile, dal carcere minorile di Casal del Marmo. Ragazzo senza scrupoli e senza serenità. Giovane che ha una delle famiglie più sconquassate e scombinate della storia, totem della famiglia in generale. Un adolescente che in ammollo nella cattiveria tiene qualche microbo di dolcezza. Ma sarà la cattiveria, evidentemente, ad attrarre verso Ivan Federico e Sara. Specie quest’ultima, che vorrà nonostante gli accadimenti una lenta e bruciante vendetta. Ovvero la ragione che porterà al finale tragico. Sentimenti individuali, proviamo a definire. Perché ogni soggetto dell’opera non è che corpo separato: tranne per il fatto fisico e morale che inciderà sul destino dell’altro. La ferocia dei giovanissimi protagonisti di “Ivan il terribile” ci fa tanta paura, ché potrebbe capitare d’incontrala nell’adolescenza a noi prossima. Senza dubbio Ivan, Federico e Sara sono conseguenza d’errori e peccati della coscienza famigliare, però non sarà alla fine questa ragione a farci stare un po’ più tranquilli. Pierantozzi è oggi la penna matura che avevamo intuito potesse nascere all’esordio. E quindi merita sempre maggiore attenzione e rispetto. 

martedì 24 aprile 2012

E QUALCOSA RIMANE – Nicoletta Bortolotti (Sperling and Kupfer, collana Pandora).



"Non ho bisogno del tuo amore". Sembra dire questo Viola, con gli anni di silenzio che l'hanno divisa dalla sorella Margherita, compagna di un'infanzia ormai troppo lontana. Un'infanzia di ginocchia sbucciate, risate e mille giochi inventati insieme per non vedere l'amore dei genitori sgretolarsi a poco a poco, nella Milano dei concerti di Vecchioni, delle canzoni di Ornella Vanoni e delle Feste dell'Unità, dove mamma e papà si baciavano, cantavano, litigavano e si baciavano ancora. Ma oggi, dopo tutti questi anni, Viola ritorna: la sorella più piccola, quella che non aveva mai paura del buio, che baciava gli sconosciuti e si innamorava del vento, libera e generosa di sé come Bocca di Rosa, è tornata per chiedere alla sorella più grande di passare un giorno al mare, loro due sole. Per raccontarle finalmente il segreto che l'ha tenuta così a lungo distante. E dimostrarle che un amore da lontano non è un amore da meno. Nicoletta Bortolotti racconta una storia di famiglia agrodolce e delica. La storia di un amore assoluto, e di un'infanzia che se n'è andata in punta di piedi, senza voltarsi ad aspettare.

Graziella Gardini (Direzione Sea Marconi Envirotech Italia) consiglia: I Falò d’autunno di Irene Némirovsky (Adelphi)


 " – Vedi - " dice la nonna alla nipote, immaginando di prenderla per mano e condurla attraverso vasti campi in cui vengono bruciate le stoppie "sono i falò dell'autunno, che purificano la terra e la preparano per nuove sementi". Ma Thérèse è giovane, non ha la saggezza della nonna: ancora non sa che prima di poter ritrovare Bernard, l'uomo che ama da sempre, a cui ha dedicato la vita intera, le toccherà attraversare con pena e con fatica quei vasti campi, e subire le dolorose devastazioni provocate da quegli incendi. Perché Bernard, l'adolescente intrepido, impaziente di dar prova del proprio coraggio, partito volontario nel 1914, è tornato dalla guerra cinico e disincantato: quattro anni al fronte l'hanno trasformato in uno sciacallo, uno che non crede più a niente, che aspira solo a diventare ricco, molto ricco - e che per farlo si rotolerà nel fango della Parigi cosmopolita del dopoguerra, in quella palude dove sguazza la canaglia dei politicanti, dei profittatori, degli speculatori. Alla dolce, alla fedele e innamorata Thérèse, e ai figli che ha avuto da lei, preferirà sempre il letto della sua amante e lo scintillio dei salotti parigini. Ci vorranno la fine delle grandiose illusioni della Belle Epoque, la rovina finanziaria, e poi un'altra guerra, la prigionia, la morte del primogenito, perché Bernard ritrovi la sua anima: la cenere degli anni perduti servirà a purificare il terreno per una vita diversa.”

lunedì 23 aprile 2012

Graziella Gardini (Direzione Sea Marconi Envirotech Italia) consiglia: Dalla terra di Pomarico alla Rivoluzione - Vita di Niccola Fiorentino a cura di Nunzio Festa e Pietro Varuolo (Altrimedia Edizioni)


" Il 24 giugno 1799 la Restaurazione aveva spazzato via a colpi di baionette e lacci al collo decine di persone, gente umile e intellettuali, appartenenti alle classi meno abbienti e professionisti di fama. Furono decine i lucani assassinati da Ferdinando IV. Un'ondata di vendetta che non risparmiava. E dalla Basilicata sparirono le vite attive di tanti. Fra questi, Niccola Fiorentino. Portato sul patibolo il 12 dicembre 1799. Nonostante fosse stato servitore statale per lunghi anni, scrupoloso dipendente della monarchia borbone. Prima di divenire convinto rivoluzionario.”

IL LIBRO DELL’INQUIETUDINE DI BERNARDO SOARES (Fernando Pessoa, Feltrinelli). Intervento di Mariangela Notaro


Il Libro dell’Inquietudine si presenta ad occhio nudo come un’accozzaglia in apparenza sconnessa di riflessioni, impressioni, valutazioni, vaneggiamenti della mente. Non sarebbe quindi da ascrivere nella categoria del romanzo, ma piuttosto in quella del diario. Pessoa ha infatti inventato un personaggio di nome Bernardo Soares e gli ha affidato il compito di stendere un diario. Soares è dunque un personaggio di fantasia che usa la sottile finzione letteraria dell'autobiografia. L’autore delega così il diario alla penna di una delle sue molteplici identità letterarie: Bernardo Soares. Il diario di Pessoa copre l’arco di circa un ventennio ed è giunto tra le nostre mani quasi sotto le sembianze di fogli sparsi, come se l’autore avesse voluto privarlo di un ordine concettuale. La bellezza di quest’opera risiede proprio nella possibilità che offre al lettore di farsi leggere a caso e lasciarsi stregare; leggerlo diviene, infatti, un barcamenarsi nella poesia, è identificarsi in qualcuno che si tratteggia come nessuno, è isolarsi da una realtà che pure viene investigata in modo ossessivo ed analitico. Ad una prima disincantata lettura si ha pronta l’impressione che lo scritto non vesta alcuna consistenza, alcuna tangibilità di fatti, impressioni, esperienze. Il ricorrere insistente, sovrastante delle parole "fingere", “inganno”,  "mentire " può infatti facilmente portarci nella direzione di una non considerazione del reale come se Pessoa volesse eludere il nudo, crudo dispiegarsi della vita, ma ad una più coscienziosa lettura questo suo artificio si rivela essere la sola via per affrontare svestiti la nuda realtà. Il libro chiede di essere letto più e più volte per farci diventare coscienti che si tratta invece di un’opera eccezionalmente lucida sull'esistenza. Il risultato finale somiglia a qualcosa come“perdersi in Pessoa” e perdersi vuol dire conoscerlo e conoscersi, guadagnare se stessi. Pessoa è insieme poeta e filosofo e nel libro le due identità si compenetrano costantemente contribuendo a fare dello scritto una singolare opera d’arte. Il suo pensiero visionario di cui è impregnata ogni pagina, è ciò che in realtà conferisce all’uomo Pessoa , alla sua opera e alla vita stessa la sua significatività. Questa è una caratteristica profonda del suo pensiero: comunicarcelo attraverso immagini balenanti, inebrianti anche quando queste sembrano mostrarsi più rispondenti al concreto. Altro elemento degno di nota è il rapporto strettissimo tra l’Io e il resto del mondo, ma ciò che rende questo dettaglio insolito è ancora una volta l’esprimerlo attraverso un’apparente dicotomia d’immagini, pensieri, annotazioni. Pare che Pessoa voglia comunicarci la verità attraverso il suo contrario o l’annullamento della stessa e ciò che colpisce è l'estrema angoscia ed insieme l'estrema lucidità nel considerare ogni cosa, come si può ben vedere in frasi del tipo:“Ho capito, con una illuminazione segreta, di non essere nessuno”. Suona quasi sconcertante questa sua capacità di immergersi nella verità e fluttuare nei suoi labirinti più inesplorati e temuti sino a giungere alla conclusione che nulla di quel che si palesa è veramente. Attraverso la sua opera, Pessoa negando e al tempo stesso riconoscendo tutto e niente vuole educarci al mutamento, alla pluralità che ogni essere è al di là di verità umane date per risolutive e quindi, alla possibilità di risorgere sempre.

domenica 22 aprile 2012

L’ultimo vangelo di Barbara Goldstein. Traduzione di Taddeo Roccasalda (Fanucci Editore e Time Crime)


Un avvincente thriller storico che svela il segreto del mandylion, la raffigurazione del volto di Cristo la cui origine si perde nel buio dei secoli e del mito... Italia, inverno 1453. All’interno di un’abbazia abbandonata, un rudere fortificato in mezzo alle nevi del Gran Sasso, Alessandra d’Ascoli, una mercante di reliquie e confidente di papa Niccolò V, si sveglia: è ferita ma non ricorda nulla, salvo l’immagine di una sanguinosa battaglia. Uno sconosciuto, che afferma di essere suo marito, le rivela che il suo nome è Alessia. C’è tuttavia qualcosa in quell’uomo che le fa paura, qualcosa che le sfugge ma la terrorizza... Nonostante sia così debole, Alessandra si costringe dunque ad alzarsi e si inoltra lungo un sentiero che circonda l’abbazia, fino a una tomba sulla cui lapide è inciso il suo stesso nome. Comincia così un viaggio verso le ombre che assediano il suo passato, un viaggio che ben presto si rivelerà infernale: qual è la sua reale identità? Cos’ha fatto prima di perdere la memoria? Nel frattempo, qualcuno si aggira nel cuore dell’abbazia. Cosa sta cercando? E a chi appartiene quella salma esposta all’interno della cripta? Barbara Goldstein è nata nel 1966. Dopo aver lavorato come responsabile delle risorse umane per una grande banca tedesca, ha deciso di dedicarsi a tempo pieno alla scrittura. Studiosa di filosofia e scienze comportamentali, quando non viaggia per effettuare le sue ricerche risiede a Monaco di Baviera. È autrice di altri sette thriller storici, le cui protagoniste sono sempre donne forti e indomite, che hanno avuto ottimi riscontri di critica e di pubblico. Barbara Goldstein sta scrivendo un nuovo romanzo che ha per protagonista Alessandra d’Ascoli, Das Testament.
«Alessandra, per me, è una specie di alter ego grazie al quale mi muovo nel mondo virtuale del Rinascimento italiano; rispecchia il lato più audace, avventuroso e temerario della mia personalità, una donna capace di osare là dove io mi limito a sognare. È la personificazione della fermezza d’animo, del gusto d’avventura, della curiosità intellettuale e della tolleranza.» Barbara Goldstein

Graziella Gardini (Direzione Sea Marconi Envirotech Italia) consiglia: Tre volte all’inferno di Cristian Borghetti (Perdisa Pop)


" Tre romanzi brevi che danno nuova forza alla narrativa gotica italiana, tornando alle origini della stessa letteratura dell’orrore: Cristian Borghetti mescola linguaggi antichi e atmosfere storiche per dare vita a un mondo onirico e surreale, denso di citazioni e suggestioni proprie di scrittori come Edgar A. Poe o H. P. Lovecraft. Un’eccezionale immaginazione visionaria al servizio di incubi e paure ancestrali catapulta il lettore nell’oscurità, tra sangue ed erotismo, orrori e follie, creature infernali e misteriosi labirinti della mente, nei quali il macabro si allea con il romantico, la scienza con le arti occulte, l’amore con la morte.
Cristian Borghetti è nato a Lecco nel 1970. Ha studiato Filosofia Estetica all'università di Milano. Nell'ottobre del 2006 ha pubblicato la raccolta Ora di vetro (Montedit). Ha un blog www.cristianborghetti.it

sabato 21 aprile 2012

Il caso Maloney - La prima indagine del detective Joe Faraday. Traduzione di Mara Bevilacqua (Fanucci Editore e Time Crime)


Con Il caso Maloney, Graham Hurley inaugura una serie che in Gran Bretagna e in Francia ha fatto scalpore: thriller forti di una scrittura scabra e cristallina, e di una capacità di restituire la realtà della scena criminale con tale efficacia da annoverare tra i molti estimatori i più alti gradi della polizia e dell’investigazione del Regno Unito. Stewart Maloney è scomparso nel nulla: l’ispettore Joe Faraday è convinto che sia stato assassinato. Ma ci si può basare su una semplice intuizione in un luogo come Portsmouth, una delle città più povere e violente d’Inghilterra, dove le uniche leggi sono il traffico di droga e il crimine, e la sola regola è l’omertà? Sprecare energie dietro un presunto caso di omicidio è una perdita di tempo che Joe non può permettersi. Ma Faraday sta lottando anche contro altro: sotto un cielo grigio che incombe, nel quale solo il volo degli uccelli sembra avere ancora una direzione e un senso, i demoni di un passato che lo ossessiona non gli concedono tregua. Perché ritrovare Stewart Maloney vivo o morto è il perno intorno al quale ruota ormai la sua intera esistenza: e fallire significherebbe arrendersi a quei demoni, arrendersi alla follia...
Graham Hurley è nato nel 1946 a Clactonon-Sea, Essex. Dopo una fortunata carriera come documentarista, ha deciso di dedicarsi interamente alla scrittura. Il caso Maloney, primo thriller della serie che ha per protagonista Joe Faraday, consta al momento di dodici volumi e ha conosciuto un ampio consenso di critica e di pubblico; France 2 ha prodotto una fortunata trasposizione televisiva di quattro romanzi della serie. Hurley vive e lavora a Exmouth, nel Devon, con la moglie Lin, i tre figli e un gatto. «Se siete convinti, come lo sono io, che alcuni settori della nostra società siano al collasso, tenete presente che la prima testimone del degrado al quale si è giunti è la polizia. Perché è la polizia la prima ad avere a che fare con la rottura dei vincoli familiari, con gli orrori di un’educazione sbagliata, con la povertà e le ingiustizie che questa implica. Quello di cui sono testimoni oggi gli agenti di polizia è spesso lo specchio di quello che domani ci riguarderà tutti.» Graham Hurley

Graziella Gardini (Direzione Sea Marconi Envirotech Italia) consiglia: Un segreto non è per sempre di Alessia Gazzola (Longanesi)


"Mi chiamo Alice Allevi e ho un grande amore: la medicina legale. Il più classico degli amori non corrisposti, purtroppo. Ho imparato a fare le autopsie senza combinare troppi guai, anche se la morte ha ancora tanti segreti per me. Ma nessun segreto dura per sempre. Tuttavia, il segreto che nascondeva il grande scrittore Konrad Azais, anziano ed eccentrico, è davvero impenetrabile. E quella che doveva essere una semplice perizia su di lui si è trasformata in un'indagine su un suicidio sospetto. Soltanto Clara, la nipote quindicenne di Konrad, sa la verità. Ma la ragazza, straordinariamente sensibile e intelligente, ha deciso di fare del silenzio la sua religione. Non mi resta che studiare le prove, perché so che la soluzione è lì, da qualche parte. Ma studiare è impossibile quando si ha un cuore tormentato. Il mio Arthur è lontano, a Parigi o in giro per il mondo per il suo lavoro di reporter. Claudio, invece, il mio giovane superiore, il medico legale più brillante che conosca, è pericolosamente vicino a me. Mi chiamo Alice Allevi e gli amori non corrisposti, quasi più delle autopsie, sono la mia specialità."

venerdì 20 aprile 2012

Se fossi fuoco, arderei Firenze, di Vanni Santoni (Laterza) e Bar Atlantic, di Bruno Osimo (Marcos y Marcos). Intervento di Nunzio Festa


I gambrini, per inteso, coi ragazzi di vita nulla han a che fare. Nonostante Vanni Santoni, in un passaggio alquanto istrionico ma pur sempre e semplicemente sempre estroso di "Se fossi foco, arderei Firenze", citi il poeta del fazzoletto rosso. Mentre una delle tante voci, accompagnate dalla voce principale, anorché esterna la seconda, fa il giro di boa in una delle traverse della capitale del Rinascimento. Una scorribanda senza corsa cominciata da uno studente di lettere e proseguita da una straniera allampanata. Che a sua volta finisce nello squardo del giovane che spera e spererà che un giorno il suo presidiare il Gabinetto Viesseux si trasformi nella casuale non casualità d'incrociare un grande e affermato che si voglia affidare ai suoi servigi di studioso in erba. Prima che dal Gambrinus, un gambrino si faccia ingoiare dalla foga di scrive grazie a un gruppo di lettori e scrittori giovani che dedicano parte del loro tempo libero a queste attività dello 'spirito' e della "vita". Duccio, insomma, potrebbe esser nato dappertutto. Ma solamente a Firenze avrebbe potuto farsi sfregare dai passaggi di Santa Croce e l'Oltrarno. Duccio in qualsiasi altra città avrebbe potuto conoscere la redazione sotterranea che gli fa amare la scrittura, eppure solamente nel capoluogo toscano è spiato dalla Stazione Leopolda. La traccia del romanzo ha poco da darci; non che sia frivola: più che altro per il fatto che veramente i personaggi sono troppo abbozzati. C'arrivano, quindi, difronte in forma di scarabocchio. Eppure quel che vivono potrete trovarlo in giro, a ben vedere. A incuriosirsi di certi ambienti. Perché si devono amare le tentazioni d'arte per assecondare gli istinti dei protagonisti del libro di Santoni. Il quale, dal suo canto, registra la vitalità e le fiacchezze  d'una città da toglier di cartolina. E, adesso, chiediamoci, con una guida romanzata sulla Firenze che fu medicea come attacca il "Bar Atlantic" di Bruno Osimo? E noi, al dunque, da cinta ci mettiamo il superlativo spettacolo teatrale di Renzo Martinelli interpretato a Matera da Federica Fracassi e Guido Baldoni, dall'omonimo libro d'Aldo Nove, "Mi chiamo Roberta, ho 40 anni, guadagno 250 euro al mese...". E state per comprenderne la ragione. La precarietà dei giovani fiorentini, il precariato agito sotto al Gambrini dai gambrini e le esperienze fatte rivivere da Fracassi e Baldoni per via di Nove e Martinelli, sono praticamente l'altra faccia della trama-storia-vicenda dell'Adàm dell'ultimo libro del traduttore e cultore dell'ebraico Osimo. Un professionista dell'insegnamento che deve, materia che affronta con una certa apparente dose di tranquillità, divincolarsi tra treni e città del Settentrione italiota delle sedi universitarie nelle quali arriva a dar lezioni e sesso. Ebraico e sesso accanito. Mentre la moglie Ada, per lui Hhava attende a casa e il pene garantito durante il sonno insieme a un'altra mole di riti domestici. Ada, Paola, Monìca, Teresa, Fernanda, Sasha. Tutti giorni, l'intera settimana tranne il sabato del riposo, conditi da gesti abitudinari, nonostante quindi la precarietà di sottofondo, e le scopate. Nonostante l'affetto e lo stranissimo rispetto riservato alla mogliettina-commercialista Ada, l'intrigante e fedifrago Adàm si svuota con le altre, dunque, ma soprattutto come se avesse il culto del mantra si decida ai doveri che s'è imposto. "La sua vita è un mosaico di momenti vissuti al volo, tra carrozze ferroviarie, amanti diverse in città diverse e un beato stordimento, che lo porta a lasciarsi andare a questo flusso ininterrotto di esperienza con ironia e spirito giocoso. Lo stesso che l’autore mette nelle spassose note a pie’ di pagina, che costellano il libro con un tocco che mi viene spontaneo associare ad alcune delle uscite più felici di Woody Allen. Ma i temi, dicevo, sono seri. Su tutti, il precariato; lo spaesamento che induce in chi lo vive e si ritrova spezzettato in una serie sfilacciata di momenti. Manca un baricentro. Per Adàm il surrogato di questo ancoraggio interiore è l’adorata moglie, che pur cornifica abbondantemente, e anche il bar del titolo dell’opera, dove si consuma una confortante ritualità di gesti", scrive infatti in un'acuta, intelligente e sintetica recensione Giovanni Agnoloni. "Ma in questo suo mondo galleggiante sul mare dell’instabilità rientra anche la lingua ebraica, l’oggetto del suo lavoro", aggiunge Agnoloni. E in questo marasma di vicissitudini, non poteva mancare la sorpresa. Perché il professore deciderà per optare, in conclusione, per una scelta di vita in un certo qual senso e modo radicale. Che, appunto, modificherà gran parte d'abitudini e, prima di tutto, farà chiarezza sulla vera inadeguatezza e sul profondo sentimento d'insicurezza che il colto e attraente docente si preoccupava di mascherare. 

Graziella Gardini (Direzione Sea Marconi Envirotech Italia) consiglia: Cento Micron di Marta Baiocchi (Minimum Fax)


Eva ha quarant’anni, fa la biologa e lavora in un dipartimento all’università che la costringe a scontrarsi con la desolante situazione della ricerca in Italia. Bibi è una sua ex compagna di scuola, figlia unica di una ricca famiglia romana che in passato con l’aiuto di Eva si è rivolta a una clinica per la fecondazione assistita. Il tentativo di inseminazione non era riuscito e adesso, rimasta vedova e definitivamente sterile, non può più procreare in modo naturale. Ma Bibi vuole un figlio a tutti i costi, anche se la legge italiana non le consente di impiantarsi gli embrioni già fecondati. Dopo che il tentativo di corrompere il direttore della clinica fallisce, Bibi viene a sapere che i suoi embrioni sono misteriosamente spariti. Sulle tracce della verità, Eva e Bibi scopriranno l’esistenza di un traffico internazionale di embrioni, finalizzato alla sperimentazione clandestina, che attraverso la Svizzera le porterà fino in un paese asiatico senza leggi né limitazioni dove avvengono esperimenti con esiti incredibili. Un romanzo coinvolgente che mescola spaccato sociale e riflessioni sul potere umano di creare e manipolare la vita: la maternità è un fenomeno naturale, un diritto o un lusso? Dove finisce il progresso scientifico e dove inzia l’abuso?


giovedì 19 aprile 2012

Graziella Gardini (Direzione Sea Marconi Envirotech Italia) consiglia: La fame della donne Marosia Castaldi (Manni)


Rosa è una donna tormentata alla ricerca di sé. Se mai è possibile scoprirsi, pacificarsi, ella trova la propria identità nella cultura millenaria della cucina appresa dalla madre. E ritrova se stessa nella figlia che la sfugge e di lei è gelosa. E anche nella passione verso altre donne: la vicina Tina col suo aspirapolvere infernale, Caterina geisha golosa e viziata, Edda austera, che viene dal Sud e le sue forme sono guglie. In un ristorante da grande abbuffata della bassa Padania, le ricette napoletane di Rosa profumano di erotismo e lussuria e gli squisiti cibi, godimento e ossessione, sublimano l’amore celebrandolo come cerimonia sacra. In un vorticoso flusso del pensiero che scorre e non s’acquieta, questa storia è il libro della vita, architettura del dolore cui fa sempre pendant un’architettura del piacere.

"OLTRE IL SEGNO, Donne e scritture nel Salento (sec. XV-XX) di Rosanna Basso (Lupo Editore)il 21 aprile a Copertino


Per la rassegna La Settimana della Cultura indetta dal Ministero dei Beni e delle attività culturali, sabato 21 aprile ore 18,00 presso il Castello di Copertino a Copertino (Lecce) ci sarà l'incontro di presentazione del libro "OLTRE IL SEGNO, Donne e scritture nel Salento (sec. XV-XX) di Rosanna Basso (Lupo Editore) INTERVERRANNO: ROSANNA BASSO (CURATRICE DEL TESTO), DARIA DE DONNO E MARIACARLA DE GIORGI (AUTRICI), SANDRINA SCHITO (RELATRICE). MODERATORE DELL'INCONTRO: FAUSTO GUBELLO.
Il volume propone il nesso donne e scritture nel Salento in una prospettiva di lungo periodo, ma è lungi dal volersi e dal proporsi come antologia di profili biografici o come silloge di documenti poco noti o del tutto sconosciuti. Le "donne" e le "scritture" sono coniugate insieme per raccontare altro; anzi, un "oltre". Oltre il segno, recita il titolo.
[...] attraverso l'attenzione prestata ad un gran numero di soggettività, nate e/o fortemente intersecate con la terra salentina, e ad una grande quantità di testi diversi, si vuole superare il valore, pure importante delle singole voci e dei singoli frammenti, per riuscire ad intrecciare questi lembi in una doppia narrazione: una inedita storia della presenza femminile nel Salento nel corso del tempo e un Salento raccontato in una prospettiva inusuale e, forse, inattesa.(dall'Introduzione)
Rosanna Basso è Professore Associato di Storia Contempora nea presso la Facoltà di Lingue e letterature straniere dell'Università del Salento. È interessata allo studio della società meridionale nei secoli XIX-XX ed ha sviluppato, nell'ottica della storia sociale e dei gender studies, ricerche sulle povertà urbane nell'Ottocento, sull'alfabetismo e sull'istruzione popolare, sulle maestre, sulla produzione editoriale femminile. È responsabile del progetto Archivio della scrittura femminile salentina a cui si raccordano varie iniziative di ricerca e di divulgazione scientifica: edizione di studi e documenti, collezione digitale di testi (www.salentofemminile.unisalento.it), mostre storico-documentarie.
Ha pubblicato tra l'altro: Stili di emancipazione (Lecce, Argo, 1999); Donne in provincia (Milano, FrancoAngeli, 2000); Il Filo d'Arianna (Lecce, Milella, 2003); Introduzione e cura del fascicolo monografico di «Studi salentini», Donne e giornali. La rappresentazione del femminile nelle pagine di alcuni periodici salentini (1884-1943) (2009).

Esce in libreria "Sulle orme di Idrusa" (Kurumuny) di Wilma Vedruccio


Protagonista del racconto di Wilma è Idrusa, personaggio di donna otrantina creata da Maria Corti e trasfigurata dalla storia nel mito. Quella raccontata da Wilma è quasi un’epopea e Idrusa ha la potenza di un’eroina della classicità: è senza età, non è soggetta alle categorie del tempo e dello spazio, incarna l’archetipo di donna: proviene dal passato e si proietta indomita nel futuro. Idrusa ci riporta alla mente il ricordo di donne eccezionali, dotate di una straordinaria e inquietante personalità che si esterna nei rapporti interpersonali o che emerge a livello della coscienza individuale. Idrusa ha la stessa forza di Didone innamorata, che per amore mette in discussione il suo ruolo di regina e sempre per amore decide di uccidersi sulla spada di quello che è stato il suo uomo pur di non rinunciare a nulla di se stessa. Ogni scelta di Idrusa sembra scaturire da un sentimento di inadeguatezza, dalla percezione del divario incolmabile tra lei e la realtà circostante: Idrusa si ribella alle convenzioni della sua intera comunità: sposa un uomo non amato, stretta tra esigenze razionali e istanze emotive, ma non cede il suo cuore, non si rassegna, rivendica la sua anima e la sua intelligenza, resiste fino a incontrare l’amore e la passione sfrontata, che stravolge il cuore e imprime una svolta decisiva e irreversibile alla sua esistenza. Al libro è allegato il CD con il racconto di Idrusa letto da Wilma, che ci porge la sua voce con il giusto pudore, senza pretese attoriali, ma lasciandosi trasportare, come è naturale per l’autrice, dal desiderio del racconto. La musica di Rocco Nigro segue con grande sensibilità il disegno di Wilma, amplifica le emozioni, sa allontanarsi fino a farsi bordone, oppure sa far danzare a fianco della voce il proprio tema. Personaggi del libro sono anche Otranto, il profumo del mare, i colori di certe albe, il Salento dei tratturi e delle pietre parlanti, delle civette dagli “occhi dolci come lampade a petrolio”.

"Sulle orme di Idrusa" di Wilma Vedruccio, Kurumuny, 2012, ISBN 978-88-95161-69-3, cm. 13,5x16 48 PAGINE, € 10,00, ALLEGATO AUDIO LIBRO

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Info:

mercoledì 18 aprile 2012

Gli occhi di mia figlia di Vittoria Coppola alla Libreria Giunti al Punto di Lecce


La giovane scrittrice salentina Vittoria Coppola, con il suo libro “Gli occhi di mia figlia) fenomeno letterario del momento, sarà il 20 aprile 2012 alle ore 18,30 presso La Libreria Giunti al Punto di Lecce in Corso Vittorio Emanuele II, n.59. Presenta l’autrice Mara Benzoni. L’opera, co-edita da Lupo Editore ed Edizioni Anordest, nel gennaio scorso ha vinto il sondaggio di Billy, la rubrica del TG1 dedicata alla lettura, sul miglior libro del 2011, superando in consensi scrittori di successo, come Dacia Maraini, Gianpaolo Pansa e Gianrico Carofiglio . Gli occhi di mia figlia e la sua autrice sono diventati un vero e proprio caso editoriale di questi primi mesi del 2012. La ventiseienne scrittrice di Taviano, infatti, sta riscuotendo un successo inaspettato per l’enorme diffusione del suo libro sul mercato editoriale italiano. Questa popolarità è favorita anche dal tour di presentazioni, che la stanno portando in giro per tutta l’Italia a incontrare i lettori, e dalla presenza in alcune note trasmissioni televisive, come Sottovoce e Unomattina, che ne hanno amplificato la fama.

IL LIBRO: Quale ruolo gioca il destino nello svolgersi della nostra esistenza? E quanto di "nostro" c'è invece nell'imboccare strade sbagliate che porteranno inevitabilmente all'infelicità? In questa storia di "non detti", in cui egoismi e fragilità vanno a comporre un perfetto, perverso incastro, è rappresentato il misterioso e contraddittorio universo dei sentimenti umani: non basta essere genitori per saper comprendere i propri figli ed amarli come meritano; non basta essere giovani e di cuore aperto per essere pronti ad affrontare la vita, né essere innamorati per non farsi complici della propria ed altrui sofferenza. Dana, pur nei privilegi di ragazza circondata da benessere e raffinatezza, è soffocata dalla coltre iperprotettiva di una madre che ha deciso il suo futuro, ma la sua passione per André, fascinoso pittore di donne senza sguardo, si rivela una fuga più grande della sua acerba giovinezza, incapace di reggere all'infrangersi di un sogno. Armando, l'uomo che le offre un amore devoto e remissivo, nasconde un segreto destinato ad esplodere in modo bruciante. Eppure esistono legami che sopravvivono al tempo e sono pronti a riservare luminose sorprese, nei giochi del caso e nel risveglio di coscienze troppo a lungo sopite. Una storia di solitudini e di scelte, nella quale regge sovrana la solidità dell'amicizia, l'unica che non tradisce.

Per maggiori informazioni:
Lupo Editore
www.lupoeditore.com

Graziella Gardini (Direzione Sea Marconi Envirotech Italia) consiglia: Sospiri rivoluzionari di Deborah Govoni (Youcanprint)


Le poesie di Deborah Govoni vivono della vena naturale di un lirismo istintivo e trasparente, di grande forza comunicativa, filtrato da elementi linguistici appropriati e maturi, capaci di creare un immediato rapporto col lettore, che non resta mai spettatore passivo degli eventi narrati. E' un vitalissimo pullulare d’immagini e metafore che nascono dalla raffinata volontà di esplorare la vita in tutti i suoi momenti, in una concreta aderenza al reale, spaziando dalla quotidianità minuta, intima e privata, a temi più universali, sempre con la medesima energia espressiva, mai fine a se stessa. La rivoluzione anelata dall'Autrice non conosce soluzioni di continuità, e coinvolge sentimenti ed emozioni private, quali l'amore, l'amicizia, i rapporti umani; così come il pubblico in senso stretto, il sociale, il politico, l'economico, con una purezza d’intenti e una pulizia di scopi tali da rendere ogni lirica un momento irripetibile, da sorseggiare lentamente, meditando ogni singola parola, traendone spunto per meditazioni e sensazioni personali. Tutto ciò rende quest'opera un viaggio intimo e segreto, da vivere con complicità e curiosità. Poesia in movimento, quindi, mai statica e vuota, ma pulsante di verità e vita. (Prefazione di Paolo Ursaia)

martedì 17 aprile 2012

LETTURE FACOLTATIVE di Wislawa Szymborska (Adelphi). Intervento di Emma Pretti


Ultimamente passo così tanto tempo su twitter che potrei quasi tentare un commento in centoquaranta caratteri o giù di lì. Suonerebbe più o meno in questo modo: Letture Facoltative  è il libro più interessante degli ultimi mesi. Perchè? Non ve lo dico, leggetelo … dal momento che ogni tentativo di descrizione  non farebbe altro che banalizzare e rimpicciolire quello che ritengo un modo grandioso e originale per approcciarsi alla realtà e alla vita.  Ma volendo aggiungere qualche parola in più, comincio col dire che non è una raccolta di poesie ( cosa che, scommetto, già vi fa tirare un sospiro di sollievo ); non è un romanzo, quindi niente storie di fantasia ma un’invidiabile concretezza dalla prima all’ultima pagina; non è un opera filosofica, perciò si presenta comprensibilissima; non è un saggio che ripropone al lettore sempre gli stessi due o tre concetti conditi con mille salse diverse, anzi la grande varietà degli argomenti e delle riflessioni si presenta come un potpourri molto gradevole, una ricetta anti-noia da prendere in considerazione. Per quanto riguarda la brevità dei capitoli  e la stringatezza delle trattazioni, mi affido alle parole di Nietzsche Contro i biasimatori della brevità  << Una cosa detta con brevità può essere il frutto e il raccolto di molte cose pensate a lungo...>> ( Umano troppo umano II ). Per quanto mi riguarda sono rimasta catturata dalla levità e dall’acume di certe riflessioni, prima fra tutte l’osservazione sull’umorismo e la serietà; mentre il giudizio artistico che ho condiviso in pieno è stato quello intorno alla figura di Ella Fitzgerald; senza incertezze tra i brani più spassosi segnalo le considerazioni sul bricolage e il dolce penare del Fai da te. In sostanza Wislawa  Szymborska partendo da quelle pubblicazioni che i recensori giudicano “ meno nobili” ma che in genere riscuotono vasto successo di pubblico ( saggi storici, di divulgazione scientifica, di bricolage, almanacchi ecc...), sorpassando nelle vendite i volumi più stimati, compone un libro che è un caleidoscopio di argomenti, riflessioni che si attengono all’argomento centrale o lo usano semplicemente come pretesto per abbandonarsi a fuggevoli associazioni di idee. Un opera eccentrica che prende vita da uno sguardo saggio e al contempo birichino, un umorismo garbato che procede sottobraccio a una serietà col frizzo.

lunedì 16 aprile 2012

Le ragazze di Pompei di Carmen Covito (Barbera). Intervento di Nunzio Festa


Spassoso, divertente e scorrevole al pari d’un torrente di montagna il ritorno in libreria di Carmen Covito, autrice del romanzo di successo “La bruttina stagionata” a inizio anni Novanta, è scandito dalle abitudini di Pompei, più esattamente delle ‘donne’ d’allora, “Le ragazze di Pompei”, appunto; o almeno una parte d’esse, le borghesi in questo caso. La promo ci dice d’un Satyricon al femminile, ma la definizione potrebbe esser non del tutto esatta o puntuale. Ché la scusa del manoscritto ritrovato o giù di lì, in effetti, rimette nel 63 d.C. della bottegaia-intellettuale Vibia Tirrena: che ha zio politico e tutta una serie di conoscenze e incontri quasi comici ma descrittivi dell’epoca. Tra, appunto, “lavori non pagati, cognati infidi, zie politicanti, attori debitamente equivoci, estetiste che vanno matte per i pettegolezzi sulla corte imperiale, strane scritte sui muri e sogni infranti”. E il desiderio più grande e bello è di insegnare propriamente filosofia a ragazze ricche, appunto, che magari poi si fionderanno, civilizzate e acculturate, nella libreria di famiglia. Diversi escamotage tengono in moto la trama, con una struttura che dagli espedienti legati alla traccia storica trae diretto profitto. Ma con la lingua flautata d’una scrittrice che sappiamo mai avrebbe potuto deludere. Deluso, infatti, non ha. La collana barberiana Centocinquanta aggiunge una pietra luminosa assai a un mosaico cominciato da altri a dir poco interessantissimi romanzi, in attesi d’altri romanzieri. Sono in uscita opere di penne del calibro di Roberto Pazzi e Gaetano Cappelli. Intanto Carmen Covito convince quante e quanti attendevano una sua nuova opera. Epperò nel frattempo sa far innamorare chi non ha letto il suo passato. L’occasione è propizia, viene da dire in chiusura, e per render giustizia a un altro coraggioso editore, per rimembrare che Covito aveva pubblicato nel 2010 il racconto “Oggi, l’amore” (Senzapatria).