Il fu Mattia Pascal, il più famoso dei romanzi pirandelliani, riveste
un’importanza fondamentale nella letteratura italiana del Novecento. Grottesco
antieroe, Mattia Pascal è uomo senza certezze e senza vocazioni. Creduto morto
dopo una fuga da casa, pensa di approfittarne per cambiare vita, ma il
desiderio di spezzare le catene delle convenzioni sociali, lo slancio verso la
riconquista di un’originaria purezza e autenticità falliscono:perché la vita
deve comunque darsi una forma, e la fatica che bisogna affrontare per crearne
una nuova e sostenerne i condizionamenti e i compromessi è talora così grande
che ci costringe a rientrare precipitosamente nella vecchia.
La quale, pur con
i suoi originari limiti e le sue falsità, rende possibile l’esistenza,
allontanando il rischio della disgregazione, impedendoci di essere altro da
noi, inchiodandoci a una realtà fittizia, ma inalienabile.
«Una delle poche cose, anzi forse la sola ch’io sapessi di certo era questa:
che mi chiamavo Mattia Pascal. E me ne approfittavo. Ogni qual volta qualcuno
de’ miei amici o conoscenti dimostrava d’aver perduto il senno fino al punto di
venire da me per qualche consiglio o suggerimento, mi stringevo nelle spalle,
socchiudevo gli occhi e gli rispondevo: – Io mi chiamo Mattia Pascal.»
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