Sappiamo sempre meglio che le banche sono il malessere della società.
Producono morti reali. Dalla morte dell’economia. Garantiscono illegalità etica
diffusa, le banche. Ma lo spettacolo teatrale di Friederich Durrenmatt, “Franco
Quinto”, commedia che oggi ci torna con un testo finalmente giunto in Italy –
per chi non possiede l’edizione svizzera dell’86 – è il racconto, paradossale
fino a un certo punto, di tutto ciò. Franco Quinto e la moglie Ottilia, eredi
d’una immortale dinastia di banchieri, ne inventano di tutte e di più per far
sopravvivere, si fa per dire, la stirpe. Da due secoli ingannano, falsificano,
e addirittura uccidono pur di far profitti e nascondere le loro tremende
nefandezze. E’ tornare indietro non è possibile. La Banca deve vincere e
vincerà! Se il premiato autore del recentemente pubblicato in Italia e anche questo
da Marcos y Marcos, “Romolo il grande”, fu acclamato all’uscita di questa
ovviamente immortale opera, capolavoro assoluto del farsesco e dell’assurdo ma
non troppo, oggi sarebbe osannato dalla parte dei medium che cercano d’inviare
criticità alla finanza. “Il rilancio di Franco Quinto – dice giustamente
l’editore nel presentare il libro - ha coinciso con l'esplosione dei recenti
scandali che hanno scosso le banche (e i risparmiatori) di mezzo mondo”,
infatti. Epperò le ambientazioni inventate dalla penna del drammaturgo e
scrittore svizzero, non è nel loro contenuto ideale che danno l’interesse più
grande. Perché è nella poesia dei soggetti della scena che rintracciamo, non
bisogna scordare, il ‘plusvalore’. Dove il gioco tra “cori” ed “Egli” raggiunge,
in effetti, la vetta più altra della drammatizzazione. Mentre, appunto, gli
affondi e le sferzate da anarchico, oggi da persona dotata di buonsenso, sono
il motivo centrale, il corpus della grande, anzi immensa scena.
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