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martedì 3 maggio 2011

La leggenda del morto contento, di Andrea Vitali (Garzanti). Intervento di Nunzio Festa












Questa volta Andrea Vitali, tramite il suo ultimo e fiabesco “La leggenda del morto contento”, ci tiene sempre desti grazie a un piccolo escamotage narrativo. Che, insomma, non capiamo né all'inizio della trama che scorre in stile delfino né nel suo mezzo, di chi il titolo appunto da fiaba ci parlerà veramente. E la trovata funziona. Il quel 25 luglio del 1843, nonostante i tentativi di scoraggiamento all'impresa del sarto Lepido, due giovinotti di famiglia bene prendono il volo leggero e imbecille, date le condizioni del tempo, dal molo di Bellano. Perché i giovini vorrebbero farsi una gitarella allegrotta. Dunque entrambi i ragazzi scompaiono. Il primo corpo ad apparire dai fondali è quello del ricco e potente mercante del paese. L'altro che addirittura non si riesce ad agguantare dal nulla è quello d'un forestiero ugualmente gettonato. Ma i fascisti ante-litteram, ovvero podestà procuratori austriaci delegato di polizia eccetera devono assolutamente trovare una colpa che non sia invece troppo riconducibile all'errore di gioventù dei rampolli. Eppure nemmanco è possibile, si capirà, fare come al solito: cioè chiudere in quattro e quattro sette il gigantemente Drammatico caso. La storia, meglio, costringe innanzitutto a guardare negli occhi di certe famiglie che in quei tempi e in questi tempi non sono ben raccontate. Dunque il sarto Lepido che fa una vita di merda. Quindi i notabili e ricchi vari che sono poveracci d'animo e che comunque sono sotto il ricatto di mogli forti ma del loro lavoro poco se ne sbattono. Più la vita di comari e di più beoni. In mezzo a tutto questo ingranaggio descritto e descrittivo, per giunta, il mistero della parola 'giustizia' è arroccato in un angolino. Sotto scacco di retorica e tornaconti personali. Allora il sorriso, o ghigno, a seconda dei punti di vista, del morto del quale si rammentava, a chi è rivolto? Soprattutto chi esattamente lo mette fuori dalla pancia? Per quale bella o brutta ragione? Visto che questo romanzo del sempre brillante Vitali, dove persino stare al gioco d'una narrativa fatta da rimandi su rimandi, ma comunque alla vicenda stessa e alle sue protezioni ambientali, si riempie del brio della ricerca di 'sto mistero, non s'aggiungerà altro. Mentre s'aggiunge, per inciso, che di capri espiatori e di valide scappatelle del valore delle giustizia se ne vedono e sicuramente vedranno tante alti altri esemplari.

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