Il libro è scritto con il rigore dell’inchiesta e lo stile di un
thriller mozzafiato. Protagonista, una figura simbolo della lotta per la
libertà, non solo in Cile, vittima al pari di García Lorca, suo grande
amico e illustre poeta, ucciso dal regime franchista.
“Chi
uccide un poeta uccide la libertà. Roberto Ippolito firma un’inchiesta
stringente e appassionante sulla misteriosa morte di Pablo Neruda.” - Giancarlo De Cataldo
“Ippolito
raccoglie i fatti e li processa, li ricompone, li inchioda. Sembra di
essere davanti a una fedele applicazione del principio pasoliniano del
sapere fondato sulla ricerca intellettuale. Solo che qui ci sono anche
le prove.” - Diego De Silva
Cile, 11 settembre 1973,
l’instaurazione della dittatura militare di Pinochet, la fine di un
sogno. Le case di Pablo Neruda devastate, i suoi libri incendiati nei
falò per le strade. Ovunque terrore e morte. Anche la poesia è
considerata sovversiva. A dodici giorni dal golpe che depone l’amico
Allende, il premio Nobel per la letteratura 1971, il poeta dell’amore e
dell’impegno civile, amato nel mondo intero, muore nella Clínica Santa
María di Santiago. La stessa in cui, anni dopo, morirà avvelenato anche
l’ex presidente Frei Montalva, oppositore del regime. Il decesso di
Neruda avviene alla vigilia della sua partenza per il Messico,
ufficialmente per un cancro alla prostata. Ma la cartella clinica è
scomparsa, manca l’autopsia, il certificato di morte è sicuramente
falso. Ippolito ha raccolto le prove sostenibili, gli indizi e il
movente della fine non naturale di Neruda, sulla scorta dell’inchiesta
giudiziaria volta ad accertare l’ipotesi di omicidio, e per questo
contrastata in ogni modo da nostalgici e negazionisti. Per la sua
drammatica ricostruzione, l’autore si è avvalso di una vasta
documentazione proveniente dalle fonti più disparate: archivi, perizie
scientifiche, testimonianze, giornali cartacei e online, radio,
televisioni, blog, libri, in Cile, Spagna, Brasile, Messico, Perù, Stati
Uniti, Germania, Regno Unito e Italia.
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