«Benché io provi per te un’infinita e non smentita simpatia, a
volte sento il desiderio di attaccarti, senza argomenti, senza prove e
senza idee. Ogniqualvolta ho avuto l’occasione di scrivere qualcosa
contro di te, il mio affetto è aumentato» - E. Cioran a Mircea Eliade
Nella fotografia riprodotta sulla copertina di questo libro, che ritrae
Mircea Eliade e Cioran insieme a Parigi, negli anni Settanta, colpisce
il contrasto tra le due fisionomie. Un contrasto che sembra rispecchiare
la distanza che umanamente e intellettualmente separava i due grandi
romeni: il fecondo e ammirato studioso, in grado di maneggiare con
scioltezza le concezioni religiose di tutte le culture; e il sulfureo
flâneur del pensiero, l’antiaccademico ancorato a poche e lancinanti
ossessioni. Da subito, del resto, non erano mancati gli scontri visto
che, all’inizio degli anni Trenta, Eliade aveva attaccato Cioran per via
della sua tanatologia, che gli faceva prediligere le tenebre e la
negazione alla luce e alla creazione; e Cioran, da parte sua, aveva
demolito Eliade in un articolo che sin dal titolo aveva tutto il sapore
di una sentenza inappellabile: L’uomo senza destino. Ma, dietro le
divergenze, si celava anche un’intesa, una complicità che alimentò una
fervida, inossidabile amicizia, come testimonia questo volume in cui
sono raccolte le lettere che i due si scrissero nell’arco di un
cinquantennio, scambiando riflessioni, pareri letterari, impressioni di
viaggio, osservazioni politiche, ricordi. Lettere a volte accese da
vampate di humour, non senza contraddizioni e paradossi – ma sempre
contrassegnate da quella sincerità che spingeva Cioran a confessare:
«Benché io provi per te un’infinita e non smentita simpatia, a volte
sento il desiderio di attaccarti, senza argomenti, senza prove e senza
idee. Ogniqualvolta ho avuto l’occasione di scrivere qualcosa contro di
te, il mio affetto è aumentato ».
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