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domenica 18 luglio 2010

Un mattino da cani, di Christopher Brookmyre (Meridiano Zero). Intervento di Nunzio Festa

















Parlabene è uno di quegli uomini, anzi uno di quei giornalisti che volta per volta sono buoni a spedirsi nelle pratiche del rapporto diretto e storto con la pericolosa avventura. Questa volta, il pazzo s’intrufola, anzi s’insacca, s’immette in una storia appena appena dopo essersene uscito da un’altra anche più avvincente. Persino fatta di fuga dalla morte quasi certa. Jack Parlabene, nel sempre brillante “Un mattino da cani” dell’altrettanto brillante e ‘pronto’ scrittore di Glasgow Christopher Brookmyre, al risveglio d’una speditissima ubriacata, s’inceppa fuori dal chiavistello del nuovissimo e fresco appartamento poggiato a quello dove arriverà un po’ di polizia; quindi, giustamente, si mette nella capoccia d’usare la casa d’un altro, appena assassinato – ma ovviamente (all’inizio) il giornalista è inconsapevole della morte tutt’altro che accidentale – per tornare nelle sue spoglie stanze. Ponsonby, il fresco cadavere, guarda caso, era uno stimato medico d’Edimburgo, e Parlabene, inizialmente trasferito in mutande in commissariato, decide, giustamente e chiaramente, d’investigare senza remissione da principi. Fare il suo mestiere. Insomma, d’immettersi nella vicenda. A prova di giornalista d’assalto. Appunto. Piano, di scena in scena, il romanzo ci traghetta nelle sensazioni d’una nazione, proprio la Scozia, che come altre deve fare conti e sottoconti, nella travagliata questione delle Asl e della sanità, pubblica e privata, con gli interessi, tanti, personali, e soprattutto con la storia politica di chi si trova, in quel momento la Tachter, a sbrigare le amicizie varie e, in contemporanea, la decisione di privatizzare tutto il privatizzabile che esisteva. Se in certi passaggi pare leggere la sceneggiatura d’una pellicola del divo Quentin, dai dialoghi, azzeccati proprio sempre, sembra di comprendere come Brookmyre invece superi decisamente alcune invenzioni di certo genere. Ogni personaggio, decisamente, è di quelli da ricordare – come si dice; e, ovvio, non solamente il giornalista protagonista della mai doma trama. Si pensi alla divisa lesbica, all’ex moglie medico ecc. L’ironia, e il sarcasmo, le pressioni dello scrittore danno fermenti ai quali il romanzo non può di certo rinunciare. La scrittura di C. Brookmyre, attaccata alla trama allucinata e più impressionate della cronaca dalla quale sicuramente prende piccole e significative mosse, è il fattore cristallizzato nelle vene dei personaggi, per esempio i poliziotti, si potrebbe ripetere, oltre che il sangue acerbo d’una letteratura impregnata della miracolosa, laica, pulsione vitale. In tutto ciò, la traduzione di Curtoni consente di tenere il meglio. La lettura infine spiega un dato: esistono autori viventi da cercare e ricercare.

Un mattino da cani, di Christopher Brookmyre, traduzione di Vittorio Curtoni, Meridiano Zero (Padova, 2010), pag. 318, euro 10.00.

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