Con grande finezza narrativa e sensibilità storica, Lucia Tancredi ci consegna un ritratto poetico e intenso di un gruppo di donne che ha saputo immaginare un mondo diverso, dando vita alla prima organizzazione in Italia per l'emancipazione delle donne, l'Unione Femminile.
«Siamo l'unione Femminile. Abbiamo esordito e contiamo già in numero di mille. È solo l'inizio»
Nel 1859, sotto il cielo squarciato dalla più grande tempesta solare mai registrata, arriva Ersilia: è figlia dell'incandescenza. E con quella luce negli occhi cresce, orfana di madre, tra le ombre della povertà. La sua Milano è quella della fine del secolo, una città che corre e si consuma nell'urgenza della modernità, dove le bambine – le piscinine – stanno in strada come cani randagi. Apprendiste modiste, piccole sarte, ragazze cresciute troppo in fretta e senza alcuna protezione. È lì, in quei vicoli affollati di miseria, che Ersilia comprende cosa vuole fare: proteggere le più giovani, educarle, emanciparle. Sposa Luigi Majno, avvocato socialista e femminista prima che il termine abbia cittadinanza. Si unisce al lavoro instancabile delle pioniere: l'Asilo di Laura Solera Mantegazza, la Guardia Ostetrica di Alessandrina Ravizza. Ogni donna che incontra è un fiore nel terreno fertile della sua sorellanza. Da Anna Kuliscioff, compagna di Turati, lince socialista, Ersilia impara presto: o tutte o nessuna. Dalle figlie, che ama con tenerezza feroce, capisce che è meglio fare sbagliando, piuttosto che non fare mai. E così, nel 1899, fonda con le compagne l'Unione Femminile, la prima organizzazione in Italia per l'emancipazione delle donne, da cui passeranno veramente tutte: da Ada Negri a Maria Montessori, da Eleonora Duse a Sibilla Aleramo. Poco dopo nasce anche l'Asilo Mariuccia, laico e gratuito, rifugio per ogni bambina violata, dimenticata

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