Se il titolo di un libro contiene già in sé la rarefatta traccia del suo senso ultimo, questo di Federica Maria D'Amato si spinge anche oltre. Dopo sei anni da A imitazione dell'acqua (Edizioni Nottetempo, Premio Città di Como “Poesia Edita” 2023), con La montagna dell'andare la scrittrice mette un punto a un altro difficile passaggio della sua esistenza ponendosi la scomoda domanda circa la propria identità. Un'identità che non è forgiata esclusivamente nel rapporto con l'Altro, là dove questo rappresenta un'alterità che ci interroga continuamente. Quella che la D'Amato si pone fra le righe di questo libro è una domanda che contempla e trascende la misura della persona che sentiamo di incarnare anche grazie ai rapporti che viviamo, interrogandosi, prima di tutto, su cosa voglia dire ‘esserci'. Da questo punto nevralgico, da questa scossa che attraversa il corpo della scrittrice, si percepisce nei suoi versi tutto il peso dell'andare. Eppure, verso dopo verso, passo dopo passo, il corpo del testo sembra portarci per mano verso la scalata della sua liberazione, senza alcuna pretesa di rispondere chiaramente al quesito di fondo che, come un eterno compagno, la poeta tiene con sé nell'altra mano. Solo le figure affettive, dei rapporti che rimescolano il fondo esistenziale della scrittrice riescono a eludere l'inquietudine della domanda, portando il suo sentire verso forme che possono contenerne il senso. Il viaggio, già iniziato, allora ricomincia. Ma evolvendosi, guardando sé stessi come a un Altro, un disperso che cammina sostenendo il passo di ciò che è stato e quello, aperto, di ciò che sarà. (Fabio Barone)
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