Vero e proprio libro-culto, romanzo di
"dissoluzione" più che di formazione, quello lasciatoci da Ageev è, come
dirà lo stesso Belfond, «un incubo messo in scena da un genio».
Parigi,
1934. Nella redazione della rivista «Čisla» arriva un plico contenente
un manoscritto. Romanzo con cocaina è il titolo. L'autore si firma M.
Ageev, senza aggiungere altro. Ecco la genesi misteriosa di questo
capolavoro venuto dal nulla, pubblicato prima a puntate dalla rivista a
cui fu destinato due anni dopo e poi in versione integrale dall'editore
francese Belfond nel 1983, senza particolare clamore. Stando a quanto
riportato dalla curatrice della versione francese, Lydia Chweitzer,
Ageev era ebreo e aveva lasciato la Russia dopo la rivoluzione
d'Ottobre. Molti lettori, poi smentiti dal celebre scrittore,
attribuirono l'opera ad un giovane Nabokov sotto pseudonimo. Ma la
realtà è che non abbiamo alcuna informazione certa su M. Ageev, e il suo
Romanzo con cocaina rimane uno dei più grandi e allo stesso tempo
misconosciuti enigmi della letteratura contemporanea. Il pellegrinaggio
esistenziale del giovane protagonista Vadim, votato all'autodistruzione a
causa di una morbosa sensibilità, capace di pensare il bene ma di
attuare solo il male, è un viaggio senza possibilità di redenzione.
Figlio ingrato, pessimo amico, abietto e goffo seduttore, cocainomane
allucinato, Vadim è alla ricerca del suo introvabile paradiso
artificiale, e questa ricerca, sin dalle prime pagine, prende le
sembianze di una caduta. Una Mosca innevata, poco prima della
Rivoluzione, fa da sfondo suggestivo alla storia.
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