Attraverso una prosa arguta ed elegante, "La guerra di Mattie"
offre il ritratto comico, affascinante e sorprendentemente attuale di
un'attempata ribelle nella Londra del primo dopoguerra.
Se è vero
che «una determinazione invincibile può ottenere qualsiasi cosa», come
disse Thomas Fuller, è vero anche che nessuno, più di Matilda Simpkin,
detta Mattie, incarna alla perfezione queste parole: ex indomita
suffragetta, ha sempre lottato per il diritto delle donne a essere
trattate da cittadine alla pari degli altri, non esitando mai a gettarsi
nella mischia, quando necessario. Ora, però, le cose sono cambiate. È
il 1928 e Mattie sente di assomigliare ogni giorno di più al veterano di
una guerra che nessuno più ricorda. Certo, è membro della Lega per la
Libertà delle Donne, l'ultima coda delle suffragette, e presta le sue
capacità oratorie in una serie di conferenze che dovrebbero chiamare a
raccolta le donne. Tuttavia, anziché essere uno squillo di tromba, i
suoi discorsi si risolvono in un'occasione di divertimento per il
pubblico accorso. Un giorno, però, a una di queste conferenze, si
presenta Jacqueline Fletcher. Anni prima Jacko si era battuta al suo
fianco nella lotta per l'emancipazione femminile, ma ora, i capelli
ingegnosamente ondulati e una stola drappeggiata con cura sull'abito,
rivela all'amica che, assieme al marito, sta provvedendo a reclutare
giovani donne da unire all'organizzazione dei Fascisti dell'Impero.
Mattie si rende conto che è tempo di ritornare alla guerra. Disgustata
dalle parole di Jacko, ridiventa un'indomita suffragetta. Forma le
«Amazzoni», un gruppo in cui cerca di trasmettere alle giovani donne
qualcosa della storia e dei metodi del movimento delle suffragette
militanti.
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