Contea di Box Elder, Utah. Il cielo nero comincia appena a stemperarsi
nel grigio nebuloso del mattino quando Wyatt Smith, ventitré anni, il
viso scuro segnato dal vento, imbraccia il fucile e si inoltra nel campo
bagnato di rugiada dove pascola la sua mandria. Superato un crinale, si
arresta e rimane senza fiato. Una bestia, un bue di taglia media, è a
terra, la fronte squarciata da una pallottola. Mentre nell’aria aleggia
un acre odore di ferro, da dietro al bue una figura balza
all’improvviso. Wyatt fa appena in tempo a gettarsi a terra prima che
una scarica di colpi lo raggiunga, ferendolo al braccio e abbattendo
altre bestie. La corsa affannosa nei boschi, il fango che appesantisce
le gambe, le mani imbrattate di sangue… il giovane si getta
all’inseguimento di un’ombra che fugge, finché dietro un acero, nascosto
come un cerbiatto, scorge il tiratore: una ragazzina, alta poco piú di
un bambino, con il viso impiastrato di fango e addosso una maglietta
nera sporca, piena di buchi sulle spalle e sull’orlo. Per Wyatt è un
gioco da ragazzi catturarla e condurla nel ranch. La ragazzina riesce
però a liberarsi e a fuggire. Il bestiame è perduto e, con il bestiame,
forse anche il ranch, su cui gravano pesanti ipoteche. Al giovane Smith
non resta che mettersi sulle sue tracce, nella speranza di ottenere un
qualche risarcimento. Dalle montagne di Box Elder fino alle cime della
Monument Valley e ritorno, la caccia diventa un duro confronto con un
paesaggio selvaggio e brutalmente spietato. Perché che cosa può esserci
di piú inclemente del cielo inaridito dello Utah, che sbianca i teschi,
pesta la sabbia nei pascoli e non offre riparo all’arida arsura del
deserto del Great Salt Lake?
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