Proposto al Premio Strega 2020 da Nadia Terranova.
Nella
figura di Amelia Rosselli, nello stesso mare nero della sua vita
interiore, traspare in queste pagine la «sterminata antichità» della
poesia che, nella seconda metà del secolo trascorso, fece sentire la sua
voce sulle sponde del Tevere.
Le persone che abbiamo
amato, una volta scomparse ci hanno lasciato qualcosa, un modo di
camminare, un modo di parlare, un vezzo, uno sguardo. A me Amelia ha
lasciato lo sguardo radente di quando si appostava all'angolo di una
strada per incontrare se stessa, temendo di essere un vaso
vuoto...Voglio essere per l'ultima volta il custode di un mondo
scomparso, evocatore di un'ombra, chiedendomi, perplesso, chi mai sarà
il testimone del custode.
In via del Corallo 25, a Roma, nei
pressi di piazza Navona, si sale su per una scala abbastanza anonima per
accedere, all’ultimo piano, al minuscolo appartamento mansardato in cui
abitava Amelia Rosselli. L’11 febbraio 1996, la poetessa, nata a Parigi
dall’esule antifascista Carlo Rosselli e dall’inglese Marion Catherine
Cave, aprí la finestra di quell’appartamento e, una volta sul
balconcino, scavalcò l’inferriata e si lasciò cadere dal quinto piano
giú nel cortile. Concluse cosí la sua vita, una vita sprofondata nel
mare nero dell’inconscio, dal quale soltanto con la poesia le era stato
permesso talvolta di riaffiorare. Donna di «una stravaganza sfuggente e
ridanciana», come ha scritto Sandra Petrignani, Amelia Rosselli
«raccontava di sé senza reticenze, con la sincerità incandescente che
hanno i poeti». Col suo accento inglese, arrotava la erre e parlava
degli spettri che affollavano la sua mente e che, come diretti
discendenti dei cagoulards, i fascisti francesi che avevano accoltellato
suo padre e suo zio, la perseguitavano. Camuffava, però, per pudore la
sua schizofrenia e taceva dei suoi soggiorni in cliniche rimaste
misteriose per gli amici. Era tuttavia una star della poesia, venerata
da tutti, circondata da una cerchia di amici fedeli negli anni in cui, a
Roma, si veneravano i poeti. Come parlare della vita di una poetessa
vissuta in un’epoca di giganti della poesia? Come restituire la sua
intensa vita interiore che a poco a poco si sostituí a quella reale,
facendola a pezzi? Renzo Paris, che, con Dario Bellezza, apparteneva
alla cerchia piú intima degli amici di Amelia Rosselli, si tiene
lontano, in questo libro dedicato all’autrice di Variazioni belliche,
Sleep e altre celebri raccolte, dal mero racconto della vita esteriore
di una poetessa che, come Paul Celan, fu oggetto, come ebbe a dire
Franco Fortini, di «un’equivoca mitizzazione», sfociata sovente in «una
inesorabile produzione di kitsch critico-poetico». Nella figura di
Amelia Rosselli, nello stesso mare nero della sua vita interiore,
traspare in queste pagine la «sterminata antichità» della poesia che,
nella seconda metà del secolo trascorso, fece sentire la sua voce sulle
sponde del Tevere. In tal modo, attraverso il volto di Miss Rosselli,
Renzo Paris si fa in questo libro «custode di un mondo scomparso,
evocatore di un’ombra», in attesa dei suoi futuri testimoni.
Proposto
al Premio Strega 2020 da Nadia Terranova: «Questo è un libro di
visioni, di fantasmi, di ossessioni, di sepoltura degli addii e di
disseppellimento dei ricordi; è un libro che racconta un tempo in cui le
relazioni fra gli artisti, gli eventi storici e la poesia erano
indissolubili, quel tempo era il secolo scorso e per le vie dell'Urbe,
oggi, può capitare di seguire l'apparizione di uno spettro e arrivare
alla casa di via del Corallo dove ha abitato e ha deciso di morire
Amelia Rosselli. Renzo Paris racconta l'amicizia con Amelia, la sua
Melina, e restituisce, senza mitizzazioni kitsch, la malattia,
l'estraniamento, il genio incontrollabile, i difficili e intensi
rapporti con la realtà, con la famiglia, con l'ombra del padre, con gli
amici. "Miss Rosselli" dovrebbe essere letto da tutti non solo perché
svela sottostorie e controstorie inedite di una delle più importanti
poetesse italiane, ma anche perché, nel far rinascere l'atmosfera di
quegli anni, compie il miracolo di una vividezza senza nostalgia, anzi
accende nei lettori, anche più giovani, un furore denso di futuro; è un
libro che fa venire voglia di vivere dentro la letteratura, che ne
rinnova l'amore. La scrittura di Paris, poeta, narratore, critico e
instancabile testimone della Roma del secondo Novecento, in queste
pagine è lieve e implacabile, precisa, tiene il ritmo costante di una
profonda leggiadria, tenacemente alla ricerca, sofferta e riuscitissima,
delle parole giuste per andare oltre il ritratto, dispiegando il
passaggio terrestre dell'autrice di versi che annoveriamo fra gli
indimenticabili di ogni tempo.»
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