La banalità non merita
poesia e Federico Lenzi qui sembra rispondere, con convinta adesione, a quanto
Maurizio Cucchi andava affermando circa venti anni addietro. Si era appena
entrati nel nuovo millennio e, notando che «la poesia civile non è genere che goda
oggi di particolare fortuna», si diceva «convinto che il poeta abbia anche un
dovere di interpretazione e intervento, di critica e denuncia, rispetto alla
realtà del suo tempo». Possiamo parlare, dunque, di sistema nella riflessione
poetica di Federico Lenzi? Sarebbe troppo impegnativo e si caricherebbe di
eccesive responsabilità un neomaggiorenne. Con le inevitabili limitazioni
dovute alla sua giovane età e con l’ammirazione per le sue numerose e
piacevolmente disordinate frequentazioni culturali e letture, sembra di poter
intravedere – talvolta in maniera evidente, talaltra in forma accennata –
quanto Matteo Lefèvre, qualche anno fa, scrisse a proposito di una bella e
controversa voce statunitense, parlando di «una poesia... comprometida,
“impegnata”» e ponendo così in luce una «voce… libera e fresca, mai ingessata o
annunciata». È questa freschezza di verso, che consente di descrivere un
recinto di valori per la poesia di Federico Lenzi; un recinto ampio con diverse
possibilità di essere allargato, non un hortus conclusus che ha il sapore
dell’egoismo e della sufficienza, piuttosto che dell’organicità e della
necessità di contaminarsi. Del resto, sono passati appena cinque anni da quando
– già fisicamente fuori misura rispetto ai coetanei – Federico Lenzi usciva
dalla scuola media, a volte “solo e pensoso”, tirandosi dietro il trolley di
libri: immaginavo tanti libri e tanto spazio vuoto in quella valigia. Invece
no, con i libri c’erano anche tanti frammenti e lacerti di un discorso che in
queste pagine egli ha cercato di comporre in maniera più compiuta. È da credere
che siano rimasti nel trolley tanti altri frammenti da elaborare e per questi
ultimi il tempo della fioritura sembra già alle porte. (dalla prefazione di
Angelo Sconosciuto)
Federico Lenzi nasce a
Brindisi il 24 agosto nel 2001. Si dedica all’attività poetica a partire dai
quindici anni, trovandola unico sfogo per liberarsi da quelle prigioni che
alcuni chiamano adolescenza, altri prospettiva di vita. L’iniziale incanto della
parola fine a se stessa viene poi mutato in favore di un’opera che tenti
l’abbattimento di una società marcia, filo conduttore di questa raccolta. Da
sempre affascinato dallo studio delle Lettere, studia e vive a Bologna, dove
ancora si dedica all’Arte in attesa di idee più alteIn copertina:Burn it to the
ground by Christopher Burns on Unsplash Photo by Camila Quintero Franco on
Unsplash Photo: Photo by Elijah O’Donnell on Unsplash
Info link
https://www.amazon.it/fal%C3%B2-della-follia-Federico-Lenzi/dp/1704695678/ref=tmm_pap_title_0?_encoding=UTF8&qid=1576229489&sr=1-1
Nessun commento:
Posta un commento