“Sommariva è dominato
da due personalità estetiche contrapposte: un realismo che ha le sue radici nel
neorealismo del dopoguerra e poi si dispiega nella contemporaneità con coraggio
ideologico, e un iperrealismo assolutamente imprevedibile che lo trascende
bruscamente e s’accasa nel surreale fumettistico, talora grottesco e
funambolico”. Questa precisa definizione, redatta dal solito Macario, descrive
la scrittura di Marco Sommariva, che per la prima volta apprezzammo al tempo
delle “Pillole Situazioniste” (2005) e della prima edizione de “Il venditore di
pianeti” (2006); libri dati alle stampe – entrambi - dalla romana Malatempora
ai giorni dell’indimenticato Angelo Quattrocchi. Con il nuovo romanzo
“L’Osteria dei soprannomi”, seguito del “Venditore” ristampato nel 2008 dalla
Marco Tropea, troviamo un luogo vero e fantastico posizionatosi di fronte alle
carceri di Sestri Ponente, un posto che insomma: “non chiude mai ed è pieno di
mosche in tutte le stagioni”. Il mondo da raccontare, raccontato dal mago Sommariva.
Nell’Osteria e fuori dall’Osteria. Nelle strade di Sestri, nel cielo di Sestri
Ponente. Personaggi che son un unico, senza evidentemente toglier nulla al
libro, personaggio. L’utopia di Sommariva diviene una presenza fitta di
presenze, fatta di proiezioni di storie e cuori. La feccia della società, che
tutt’altro invece è. Nel giusto e nell’errore, nella bellezza e nella
sporcizia. Al galoppo di citazioni da De André e Guccini. Al trotto
d’invocazioni alle vie degli ultimi e di quelli che gli ultimi han scritto e
cantato. I mondi incantati di Marco Sommariva, i miti tolti dalle scatolette
del disincanto. Le storie reali e surreali di Sommariva sono spiazzanti,
eccessive, estreme. Ma somigliano tantissimo alla verità. Se nelle fogne vivono
bambine e bambini, sulle strade di Sestri scorrono acque di vite perse. Fra
mezze puttane e strani santi laici. Tanti tasselli, mille racconti fanno un
romanzo. E il romanzo breve di Sommariva, nuovamente, è la corta modernità di
noi tutti e tutte. Evviva
l’Osteria, a questo punto.
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