Un salto in libreria, l’abituale
visita settimanale, dove incontro me stessa leggendo i libri che destano la mia
attenzione e ad un tratto volgo lo sguardo su un titolo: Avere fiducia. Bizzarro questo titolo, mi dico, sarà ironico?
Prendo il libro e inizio a sfogliare. Mi convinco, lo acquisto. Comincio con la
lettura attenta e immediatamente mi lascio immergere dalle riflessioni fluide e
acute che smuovono il mio animo scettico. Innanzitutto l’autrice Michela
Marzano spiega l’origine storica del termine “fiducia”, poi enuncia i motivi
per i quali è necessario avere fiducia oggi, Perchè è necessario credere negli altri (sottotitolo). E allora si guarda
alla situazione italiana. Attualmente in Italia ogni giorno si apprende che un
politico ha rubato i soldi agli italiani che pagano regolarmente le tasse e
stentano a sopravvivere; gli evasori fiscali che, - prima comparivano sugli spot pubblicitari rappresentati da
povera gente magari meridionali, mentre sappiamo che gli evasori sono in tutta Italia
da nord a sud, isole comprese, - spesso e volentieri sono anche rappresentati
da gente benestante che deteniene il potere. Insomma è una nitida immagine
dell’Italia oggi inquietante dove la fiducia sembra non aver posto. Come si può
dunque avere fiducia? C’è la necessità, mi convinco, di avere fiducia per
evitare una condizione paralizzante. Senza dubbio dopo aver letto l’ultima pagina
del libro di Michela Marzano, ho compreso la necessità di credere agli altri. E
quindi penso di aver assolto l’obiettivo dell’autrice: insinuare il germoglio
della fiducia, con la speranza che cresca e rinvigorisca. È un impegno fidarsi
totalmente delle persone, credo sia un’impresa ardua forse persino titanica. Appare
pertanto una straordinaria epopea della fiducia: la fiducia afferma Marzano è
il cemento delle nostre società. Una società senza fiducia è una società senza
ossatura. La diffidenza è un circolo vizioso che finisce per indebolire il
mondo sociale. È l’unica che ci può assicurare che il nostro mondo privato non
è anch’esso un inferno (Hannah Arendt): questa è citazione posta al principio
del libro, incisiva, magistrale la scelta del’autrice, che conduce a rifletterere,
insinua il dubbio, la possibilità di credere nell’altro, al quale un minuto
prima probabilmente non credevi e racconta la natura dell’essere umano che è un
animale sociale, come sostiene Aristotele, e dovendo vivere con gli altri ha
bisogno di credere negli altri, atrimenti il genere umano non avrebbe avuto e
probabilmente non ha senso di esistere. Nietzsche scrive in Umano troppo umano che la fiducia è un
mito sorto dalle esigenze di determinate situazioni storiche e di determinate
necessità pratiche. È chiaro che sostiene l’autrice, ed ogni psicanalisita o
psicoterapeuta condividerebbe, ma non solo, per aver fiducia negli altri
occorre aver fiducia e amare prima se stesso. Come è possibile? Come si fa ad amarsi? Sembra
scontato, ma non lo è. Altri dubbi si insinuano nella mente del lettore che pensava
di avere delle certezze, e legge: «L’amore di se stesso è un sentimento
naturale, che porta ogni animale ad aver cura della propria conservazione e
che, diretto nell’uomo dalla ragione e modificato dalla pietà, produce
l’umanità e la virtù. L’amor proprio ... porta ogni individuo a tenere conto
più di se stesso che di ogni altro, ispira agli uomini tutti i mali che si
fanno reciprocamente ed è la vera origine dell’onore». Muovendo dal pensiero di
Rousseau si passa a quello di un altro filosofo Adam Smith che ha fatto
dell’amore di sé la chiave dello sviluppo economico: dandosi fiducia, afferma, l’essere
umano può ricominciare a prestare interesse all’altro e scoprire i vantaggi
della cooperazione. Può orientare il suo agire verso fini e valori che hanno
una logica diversa dalla semplice soddisfazione del proprio interesse. Così
prosegue il libro fino a giungere ad un’analisi attenta e realistica della
nostra società: la società della sfiducia appunto e della paura. Sentimenti
paralizzanti che annullano l’agire, denigrano la natura dell’essere umano. Si
tratta infatti di sentimenti che appartengono al Medioevo, utilizzati spesso
per detenere il controllo sulla plebe allora, sul popolo oggi, ed essere in
grado da chi deteniene il potere di dominare.
L’avvincente viaggio della
fiducia prosegue, approdando nell’amicizia e nell’amore. La fiducia in questo
tipo di relazioni affettive necessita di una presenza che rinvia ad una forma
di impegno. Un impegno però che non implica degli obblighi, non si può infatti
promettere di amare sempre costantemente allo stesso modo. Spesso accade di
pretendere l’amore, inutilmente afferma Marzano, in quanto “promettere la
costanza significa impegnarsi a fare qualcosa che in realtà non si è in grado
di mantenere”. L’amore non è un atto la cui realizzazione dipende interamente
da noi. Si tratta di un sentimento che si nutre di forte impegno affichè duri,
ma non è razionale, è buona parte sfugge al nostro controllo. Pertanto, occorre
nutrire sì fiducia nelle relazioni affettive come l’amore o l’amicizia, ma
essere consapevoli che non si tratta di sentimenti assoluti, incondizionati, ma
di sentimenti che si nutrono delle debolezze, degli smarrimenti e delle
fragilità degli uomini e delle donne allo stesso modo. Occorre capire che
l’autonomia personale è fatta dell’accettazione di una certa dipendenza dagli
altri, del riconoscimento delle nostre debolezze. Paradossalmente è perchè abbiamo
una qualche fiducia in noi stessi che possiamo esporci alla critica o al
rifiuto degli altri. Dinamiche che l’autrice spiega accuratamente e acutamente nei
capitoli VII e VIII che consiglio vivamente di leggere per capire un pò di più
di se stessi. Quest’ultima parte infatti aiuta a compiere un’introspezione nel
proprio ego, a conoscersi e a
migliorarsi, qualora un lettore desidera farlo. Aiuta a interrogarsi sulla
propria vita, sull’idea di fiducia che si ha o si dovrebbe avere e sul fatto
che noi esseri umani non siamo creature semplici, non siamo perfetti. Da qui si
giunge alla conclusione del libro e Michela Marzano augura a chiunque volesse
accostarsi alla lettura attenta e profonda della sua opera di scommettere nella
fiducia: “nulla mi garantisce che sarà vincente, posso anche perdere. Ma
scommettendo mi concedo la possibilità di scoprire l’altro, e ancor più, di
scoprire me stesso”. È un augurio sincero che faccio anch’io a me stessa.
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