Figlio di garibaldino e nipote di
carbonaro, Michele Viterbo è senza dubbio una figura ‘controversa’ e
interessantissima da studiare oggi. E l’anno scorso, in occasione dell’150°
cerimoniale dell’Unificazione territoriale della Penisola, il sempre
intraprendente, lungimirante e molto scaltro editore Laterza ha ripubblicato,
con il sostegno economico e ideale della Presidenza della Regione Puglia, il
saggio che lo storiografo pugliese pubblicò per la prima volta fino al ‘966
(sempre per Editori Laterza, e si veda la prefazione del ’59 alla nuova
edizione) e dalla casa editrice fondata da Giuseppe Laterza di nuovo fu messa
in catalogo nel 1987, “Gente del Sud”. Ma se capiamo bene per quali ragioni di
marketing le edizioni abbiamo espunto dalla biografia lanciata in bandella che
Viterbo fu podestà, non capiamo di contro come sia possibile che Vendola,
invece, abbia voluto nella sua lezione posizionata a fondo libro annientare la
stessa biografia dell’elogiato “meridionalista” Michele Viterbo: facendo così
una manovra disonesta e buona a togliere di mezzo proprio la fetta di
ragionamento più problematica sul passato dello studioso; evidentemente è troppo
difficile e dispendioso, adesso, per una figura di spicco della politica
nazionale, proporre riflessioni che facciano nascere dibattiti seri su letture
e analisi di protagonisti delle vicende locali, su donne e uomini che han
condizionato lo sviluppo del Meridione. Si ricordi, per prima cosa, che Michele
Viterbo non ha solamente fatto e rifatto il percorso della storia, bensì è
stato uomo alla quale “sono legate moltissime realizzazioni, tra cui la Pinacoteca provinciale
di Bari, il campo d’aviazione di Palese (Ba), l’azione risolutiva per la
istituzione dell’Università e della Fiera del Levante, la costruzione di vari
istituti scolastici, la creazione di una fitta rete di dispensari, l’Ente
pugliese di cultura popolare, la
Camera di commercio italo-orientale, il Consorzio per la
bonifica del Locone, il restauro di Castel del Monte e di altri monumenti”.
Penna prolifica nel frattempo, quindi, Viterbo è stato certamente esponente di
rilievo della classe dirigente almeno di Puglia. Scrittore, giornalista,
politico, autore di tanti scritti spesso coperti dallo pseudonimo Peucezio,
comunque Viterbo, ricordiamo per quante e quanti l’avessero dimenticato, fu
esponente importante del fascismo. Personalità, tra l’altro, che a fascismo
storico finito non ebbe nemmeno bisogno d’abbeverarsi all’acqua
dell’antifascismo di comodo. Nel poderoso Gente del Sud, però, è stipato
quell’approccio intransigente alla materia-mondo/società di Michele Viterbo.
Una fede nelle cose che lo portò a ragionare molto lucidamente durante
l’oppressione fascista e dagli anni Cinquanta in avanti. Dove presenta proprio
il fenomeno della Carboneria, Viterbo non risparmia polemiche, per dire, a un
Mazzini – suo maestro - che non aveva riportato la reale grandezza
dell’episodio caratterizzante ‘Sud’ nei suoi scritti. Perché, appunto, non si
trattò che d’esperimento nato, radicato, sviluppatosi nel Meridione. In una
Bassa Italia che era stata, in molti momenti, fondamento di ricchezza persino,
e non solamente futura e presente arretratezza e peso per l’Europa intera. Anzi
vanto d’Europa, era. Sua salvezza, persino. Fino alla Giovine Italia. La Giovane Europa.
Con un apporto meridionale d’azione e pensiero che sfociò in tanti fuochi di
rivolta. Seppur finiti male. Moti rivoluzionari, azioni di ribellione provati
nel Mezzogiorno oggi quasi completamento sfinito dagli eventi storici
novecenteschi e dalle dittature dei più ignoranti dirigenti che possano esserci
stati ed esserci ancora. Viterno rilegge il murattismo, figure che hanno nomi
quali L’unità italiana, Farini-Minghetti e Carlo Poerio. Il secondo libro di
Michele Viterbo affronta “La
Rivoluzione (mancata) del 1848 in Terra di Bari”. Ce
la spiega. Ridandoci altri volti riscattati dall’oblio, chiaramente. Giovanni
Cozzoli, Giuseppe Bozzi, ecc. Prima di finire nell’intralcio della “Dieta di
Potenza” che “raccolse i rappresentanti dei circoli di Lucania, Puglia e
Molise”. Siamo nel 25 giugno del ’48. Ma si va ancora più a fondo, ancor più
vicini a noi grazie a quest’imponente monografia sul Risorgimento e
l’Unificazione italiana. Arrivando ai primi anni Venti del Ventesimo secolo.
Nella “questione meridionale” infine. “Nonostante l’amore per la sua terra che
lega l’autore alla sua terra, nessuna falsa apologia: i giudizi di Michele
Viterbo sono obiettivi e sereni, la sua ricostruzione storica evita gli errori
e supera le false interpretazioni in cui sovente incorre la storiografia
regionale”, scrisse Tommaso Pedìo in un suo monumentale ritratto.
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