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sabato 9 giugno 2012

Trivelle d'Italia. Perché il nostro paese è un paradiso per petrolieri di Pietro Dommarco (Altreconomia Edizioni). Intervento di Nunzio Festa



Noi lo sappiamo. E continuiamo a dirlo. Come fa il giornalista Pietro Dommarco, per esempio sulla rivista Altreconomia, su www.pietrodommarco.it e altri spazi dediti all'approfondimento; tra cartacei e telematici. Sappiamo benissimo che lo sfruttamento di suolo e sottosuolo, vedi nella Lucania martoriata che è oggi esplorata tutta dalla mappa di "Trivelle d'Italia", è storia d'ordinaria distruzione. In un'Italia, tra sfruttatori e bugie, divenuta da tempo 'ex' Bel Paese. Questo agile volume di Dommarco, il cui senso è spiegato dalla puntuale presentazione di Mario Tozzi e che raccoglie le riflessioni illuminanti dell'esperta M. R. D'Orsogna, racconta 1010 siti italici interessati dalla trivellazioni. Tra terra e mare. Contro la Terra e contro un cielo da annerire sempre. Si pensi, nel caso delle estrazioni petrolifere in terraferma: alle immissioni dei centro oli, infrastrutture varie e raffinerie. Ma, per esser chiari, dobbiamo prendere il concetto di fondo della pubblicazione: i petrolieri scelgono così tanto l'Italia perché la legislazione è molto permissiva; inoltre, tornando in questo caso ai limiti ambientali delle emissioni siamo alla centesima parte rispetto per dire alla Germania; e da anni, infine ma senza purtroppo una fine, i signori del petrolio sono incentivati a proporre estrazioni dappertutto in quanto rispetto a qualsiasi altra nazione del mondo le royalties sono qui bassissime e, questa volta avendo intanto quale esempio la Norvegia, persino la tassazione va in loro soccorso, non essendo questa affatto commisurata ai danni dai padroni prodotti. Forando terraferma e mare, e nei nostri mari le piattaforme arrivano a distanza ravvicinata con le spiagge incontanimate, le riserve naturali e gli approdi più fascinosi (Venezia, le Tremiti, Pantelleria - su tutte - ), finiamo la disponibilità delle aree. Senza che, tra l'altro, le multinazionali impegnate nell'azione devastante lascino lavoro, soldi veri, basi per progetti futuri almeno di sviluppo. Se non, di certo, l'impossibile progresso. Mentre, di fatto, quando la politica, se non personalmente interessata per prestazioni personali e amicali, ha deciso d'esser a tratti superficiale, miope, accondiscendente con i gerarchi delle perforazioni. Potremmo fare, inoltre, molti esempi su un altro aspetto. Ché le estrazioni, ma già la 'semplice' cosidetta "ricerca" ai fini d'indagine, sono sempre e comunque, nonostante la burocrazia da seguire, imposte. Dettate in maniera antidemocratica alle popolazioni. Troppe volte, in sostanza, le comunità sono allo scuro oppure non posson esprimersi per varie ragini in merito e, in specie, nel merito. Pietro Dommarco, con impegno civico in Ola (Organizzazione lucana ambientalista), freelance specializzato in tematiche ambientali, dal capitolo 1 titolato "Estrarre petrolio costa meno di un vasetto di yogurt", narra di trivellazioni su trivellazioni. "Attraversare la piana di Siracura verso la costa, tra il profumo dei mandorli, è come un lamento dolce. Soprattutto di mattina presto, quando il Mar Ionio in lontananza restituisce, a stento, i suoi riflessivi vivi", dice l'immagine resa da Dommarco. Che deve accordarsi con la puzza del petrolio che è uguale a Gela, Taranto, Sannazzaro de' Burgondi, Viggiano e in Azerbajian. E la Basilicata è la regione italiana che puzza di più, da un'Italia al quarto posto europeo a mole d'estrazioni petrolifere. Con la promessa che "entro il 2014, anno in cui le estrazioni petrolifere raddoppieranno, le risorse di greggio del sottosuolo lucano potrebbero arrivare al coprire il 13% del fabbisogno nazionale, a fronte dell'attuale 6%".   

Trivelle d'Italia. Perché il nostro paese è un paradiso per petrolieri di Pietro Dommarco. Prefazione di Mario Tozzi. Con un'intervista a Maria Rita D'Orsogna (Altreconomia Edizioni).

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