Noi lo sappiamo. E continuiamo a dirlo. Come fa il giornalista Pietro
Dommarco, per esempio sulla rivista Altreconomia, su www.pietrodommarco.it e
altri spazi dediti all'approfondimento; tra cartacei e telematici. Sappiamo
benissimo che lo sfruttamento di suolo e sottosuolo, vedi nella Lucania
martoriata che è oggi esplorata tutta dalla mappa di "Trivelle
d'Italia", è storia d'ordinaria distruzione. In un'Italia, tra sfruttatori
e bugie, divenuta da tempo 'ex' Bel Paese. Questo agile volume di Dommarco, il
cui senso è spiegato dalla puntuale presentazione di Mario Tozzi e che
raccoglie le riflessioni illuminanti dell'esperta M. R. D'Orsogna, racconta
1010 siti italici interessati dalla trivellazioni. Tra terra e mare. Contro la Terra e contro un cielo da
annerire sempre. Si pensi, nel caso delle estrazioni petrolifere in terraferma:
alle immissioni dei centro oli, infrastrutture varie e raffinerie. Ma, per
esser chiari, dobbiamo prendere il concetto di fondo della pubblicazione: i
petrolieri scelgono così tanto l'Italia perché la legislazione è molto
permissiva; inoltre, tornando in questo caso ai limiti ambientali delle
emissioni siamo alla centesima parte rispetto per dire alla Germania; e da
anni, infine ma senza purtroppo una fine, i signori del petrolio sono
incentivati a proporre estrazioni dappertutto in quanto rispetto a qualsiasi
altra nazione del mondo le royalties sono qui bassissime e, questa volta avendo
intanto quale esempio la
Norvegia, persino la tassazione va in loro soccorso, non
essendo questa affatto commisurata ai danni dai padroni prodotti. Forando
terraferma e mare, e nei nostri mari le piattaforme arrivano a distanza
ravvicinata con le spiagge incontanimate, le riserve naturali e gli approdi più
fascinosi (Venezia, le Tremiti, Pantelleria - su tutte - ), finiamo la
disponibilità delle aree. Senza che, tra l'altro, le multinazionali impegnate
nell'azione devastante lascino lavoro, soldi veri, basi per progetti futuri
almeno di sviluppo. Se non, di certo, l'impossibile progresso. Mentre, di
fatto, quando la politica, se non personalmente interessata per prestazioni
personali e amicali, ha deciso d'esser a tratti superficiale, miope,
accondiscendente con i gerarchi delle perforazioni. Potremmo fare, inoltre,
molti esempi su un altro aspetto. Ché le estrazioni, ma già la 'semplice'
cosidetta "ricerca" ai fini d'indagine, sono sempre e comunque,
nonostante la burocrazia da seguire, imposte. Dettate in maniera
antidemocratica alle popolazioni. Troppe volte, in sostanza, le comunità sono
allo scuro oppure non posson esprimersi per varie ragini in merito e, in
specie, nel merito. Pietro Dommarco, con impegno civico in Ola (Organizzazione
lucana ambientalista), freelance specializzato in tematiche ambientali, dal
capitolo 1 titolato "Estrarre petrolio costa meno di un vasetto di
yogurt", narra di trivellazioni su trivellazioni. "Attraversare la
piana di Siracura verso la costa, tra il profumo dei mandorli, è come un
lamento dolce. Soprattutto di mattina presto, quando il Mar Ionio in lontananza
restituisce, a stento, i suoi riflessivi vivi", dice l'immagine resa da
Dommarco. Che deve accordarsi con la puzza del petrolio che è uguale a Gela,
Taranto, Sannazzaro de' Burgondi, Viggiano e in Azerbajian. E la Basilicata è la regione
italiana che puzza di più, da un'Italia al quarto posto europeo a mole
d'estrazioni petrolifere. Con la promessa che "entro il 2014, anno in cui
le estrazioni petrolifere raddoppieranno, le risorse di greggio del sottosuolo
lucano potrebbero arrivare al coprire il 13% del fabbisogno nazionale, a fronte
dell'attuale 6%".
Trivelle d'Italia. Perché il nostro paese è un paradiso per petrolieri di
Pietro Dommarco. Prefazione di Mario Tozzi. Con un'intervista a Maria Rita
D'Orsogna (Altreconomia Edizioni).
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