Tre giorni per morire segna il grande ritorno di
Karin Slaughter, la regina del thriller americano, e della serie best seller
inaugurata con L’ombra della verità. Una
finestra in frantumi. Un’impronta di sangue. Ed è solo l’inizio... Un atroce
crimine ha colpito al cuore la periferia più ricca di Atlanta. Rientrando nella
sua villetta nel verde di Ansley Park, Abigail Campano trova ad accoglierla
vetri rotti, tracce di sangue e il corpo martoriato di una ragazza.
Inizialmente, pensa che quelle membra straziate siano della figlia Emma:
disperata, la donna si avventa su quello che ritiene essere l’aggressore. Poi,
lentamente, la verità inizia a farsi strada: non è di Emma quel corpo riverso
sul pavimento; non è il suo assassino quel ragazzo che Abigail ha appena
ucciso, a mani nude. Le indagini vengono affidate alla polizia di Atlanta, ma
torbidi giochi di potere e un errore di valutazione da parte delle autorità
rendono inevitabile l’intervento di Will Trent, agente speciale del Georgia
Bureau of Investigation. Perché c’è qualcosa in quei vetri rotti, in quelle
tracce di sangue, nello sguardo spento di Abigail che solo Will Trent saprà
leggere: ma dovrà fare in fretta, costretto a una corsa contro il tempo per
evitare che altre vite vengano spezzate in nome di un segreto che nessuno
sembra voler svelare.
Karin Slaughter è nata in Georgia nel 1971, è una
delle autrici più celebri del crime internazionale: quaranta milioni di copie
vendute nel mondo, traduzioni in trenta Paesi. Fra i suoi thriller, sempre in
vetta alle classifiche, la serie che ha come protagonista Will Trent,
inaugurata con il best seller L’ombra della verità (Timecrime, 2012) e di cui
Tre giorni per morire rappresenta il secondo volume. Insignita (caso unico
nella storia del premio) per quattro volte del prestigioso Crimezone Thriller
Award, Karin Slaughter vive e lavora ad Atlanta.
«Mi irrita il fatto che scrivere thriller sia
ancora considerato appannaggio pressoché esclusivo degli uomini. La violenza
continua a essere vista come un loro territorio. Da una scrittrice, ci si
aspetta che narri soprattutto di legami familiari. Non vi pare un’opinione un
po’ superata?» Karin Slaughter
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