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lunedì 9 gennaio 2012

Il noto, il nuovo. Appunti postumi sulla natura del potere e della storia, di Giovanna Frene, prefazione di Paolo Zublena, postfazione di Silvia de March, con testo inglese a fronte, traduzione di Joel Calahan e Jennifer Scappettone, con cd audio dei Poems, (Transeuropa). Intervento di Nunzio Festa






















I versi di Giovanna Frene, proposti in "Il noto, il nuovo", già pubblicati in lingua inglese negli States, sono una disquisizione sulla natura del mondo e quindi del potere, della Storia che abbiamo e che faremo. Forse per questa ragione, tra l'altro, le musiche dei Poems allegate alla silloge a tratti  danno spazi a più quotidiane incombenze. Frene, insomma, s'affida un compito difficilissimo. Che comunque compie; davvero facendosi dire appunto come e quanto Giovanna Frene sia da considerare, e non ce ne vogliano i puristi, poetessa civile. Depositato fra una molte infinita di citazioni, il verso di Frene usa un'allegoria per certi versi atipica, una forma d'isolamento dalla realtà dopo aver osservato la realtà: per evocare senza avocare ad alcun compito proprio. Ma proponendo una lettura e poi una rilettura della cose del passato, vedi le riproposizioni del male nazista, che devono sconfiggere quella trappola mortale che è la nuova specie d'indifferenza oliata da questa e dalla precedente società. Tra i nazisti, allora, e Giovanni dalle Bande Nere. Fra nettezza, tono schietto e diretto, eppur salato di musicalità e commozioni, quindi fra fendenti e dialoghi, e aperture che si rinnovano nei componimenti maggiormente 'discorsivi'. Giovanna Frene interroga la violenza stessa, dunque, e chi la pratica. Chi la praticherà ancora. Mentre il comodo dove viviamo non ci consente d'opporci, spesso. Un piccino saggio di questa compostezza e rigida, intellettuale dominazione del dubbio, dice: "l'ordine delle forze, l'idea inevasa del bene, invisibile, è sotto / gli occhi di tutti. raggiunge il suo scopo, il banchetto integro: // il corpo è sacro, saturo, è fatto di intenzioni; / il cibo è un potere diverso, ma sempre-cibo nel sempre banchetto." (...). I riferimenti sono tanti. Eppur potremmo citarne solamente uno, su tutti, Andrea Zanzotto. Non a caso è Zanzotto il poeta salutato in chiusura d'opera. Il dissidio principale che Frene rimette sotto i nostri occhi annacquati a volte dall'impotenza, è fra diritto e obbligo di far il bene, cioè mettersi di traverso all'avanzata del "motore della storia" (la violenza che opprime i popoli) e il significato stesso delle nostre azioni. Il motivo dominante de Il noto, il nuovo, come ci rammenta d'altronde il titolo scelto per la petité raccolta poetica, è il sentimento d'ineluttibilità del male - assoluto - che ci fa dannare. Molte volte, però, senza darci dannazioni. Con la poesia di Giovanna Frene qualcosa invece s'accende. Sapendo del noto. Applicandoci al nuovo.  

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