Si tratta di dieci narrazioni di uno dei più illustri scrittori del ventesimo secolo, dove il senso della lacerazione umana appare immenso e fortissimo tra sette e identità, tra “capri e rospi”, “uomini montagna e uomini valle”, e ancora quella più crudele tra la torma e il fuggiasco, branco e braccato. In ogni racconto si scorge la figura di un Io che è costretto a sentirsi perennemente in fuga, ovvero incarna l'essenza di colui che è costretto a scegliere la banda o il bando, verso l’esilio o l’assedio. Costui soccombe se risponde alla violenza collettiva con l’abbrutimento (“I fuggitivi”); ma, come in “Il diritto d’asilo” o “Il miracolo dell’ascensore”, può anche trionfare se conserva ragione e innocenza.
Alejo Carpentier (L’Avana 1904 - Parigi 1980) visse tra le atmosfere magiche dei costumi e della musica del suo popolo e la temperie culturale della Parigi surrealista: ne derivò l’attenzione al folclore e alle leggende tradizionali, sempre però in una modernissima cornice di sperimentazione e di ricerca formale. Sintetizzò questa duplice natura del suo stile nel concetto di real maravilloso, in cui la fantasia non contraddice o cela la realtà ma permette di rappresentarla meglio di un dichiarato realismo ideologico. Carpentier illustrò la ricerca di identità delle popolazioni centro-americane, in conflitto con la cultura europea colonizzatrice, in opere quali Il regno di questo mondo (1949) e I passi perduti (1953) ed esplorò il contrasto tra l’esigenza razionalistica europea e le tendenze magiche della sua terra in Il secolo dei lumi (1962). Altre sue opere tradotte in italiano sono Concerto barocco, L’arpa e l’ombra, Avana amore mio
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