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venerdì 5 settembre 2025

Lo splendore di Angela Maria Zucchetti

 Ad un anno dalla sua scomparsa vogliamo ricordare Angela Maria Zucchetti, una voce poetica di straordinaria intensità e originalità, capace di fondere in modo inedito poesia e vita, parola e coscienza. A cominciare infatti dalla sua prima raccolta Nata coi tacchi, pubblicata nel 1997 e tradotta poi in romeno nel 2025, e fino a Tăcerea perfectă, uscita in Romania nel 2023, Angela ha intimamente intrecciato la sua esistenza con la poesia e ha saputo costruire un percorso poetico fondato sul concetto di assenza, intesa non come vuoto ma come condizione esistenziale che dà senso all’essere perché, è questo che fa Angela, ne cerca costantemente, e anche si direbbe testardamente, l’essenza.

E in questa ricerca di riappropriazione dell’essenza più profonda di sé e del mondo la poesia di Angela Maria Zucchetti si caratterizza per uno stile minimalista in cui l’io e la parola si fondono in una relazione intima e profonda, generando uno “splendore” che illumina l’umano e il mondo. In questo sguardo, ogni creatura e elemento naturale trovano posto e risplendono nella coscienza poetica di Angela, che sa cogliere l’essenza di ogni cosa e rapportarsi con l’oltre, con ciò che trascende il tempo e la quotidianità.

Accanto a questa profondità, Angela Maria Zucchetti ha però saputo mostrare un sorprendente senso dell’ironia, soprattutto nella raccolta Seriamente finti Fintamente serii, dove disarticola e rielabora detti e proverbi, liberando la parola dalla banalità del luogo comune e restituendole la sua pienezza e capacità di esprimere i molteplici aspetti della realtà. Un approccio linguistico che non è solo divertimento, ma un modo per rinnovare il linguaggio e recuperare la sua forza originaria.

Angela Maria Zucchetti ha saputo mettere in luce la complessità dell’esistenza con profondità e leggerezza, con passione e intelligenza, lasciando un’eredità poetica che continua e continuerà a risplendere e ad accompagnarci.

Silvia Comoglio, Eliza Macadan

*

E se poi vi trascrivo, parole

non siete più mie.

E già darvi vita

è un dolore

è un vuoto che si fa dentro,

un buco nero nella mente e nell’anima.

E se poi vi trascrivo

è già noia,

è già un ricercare affannoso

nella memoria a riscovare

o riscoprire un momento

di qualcosa perduto.

Și dacă vă transcriu, cuvinte

nu mai sunteți ale mele.

Și doar să vă dau viață

e o durere,

e un gol ce se cască înăuntru,

o gaură neagră în minte și-n suflet.

Și dacă vă transcriu

deja e plictis,

deja o căutare febrilă

în memorie să scormonesc

sau să redescopăr un moment

din ceva pierdut.

*

Alla Sfinge dirò

che son già cieca.

Scivolando in frasi senza senso

ignorerò le sue domande

destreggiandomi,

come serpente tra le rocce

a cercare erba alta

per nascondermi

a quesiti senza fine

e senza risposta

e gravidi di lutti.

Forse senza ironia,

sorella del terrore,

o forse innata e naturale,

sdrucciolerò al riparo

sorridendo di amaro e

di eterno.

Tra frasi apparentemente senza senso

sperando che la Sfinge

non debba dare loro peso.

Ed avrò salva la vita.

Sfinxului îi voi spune

că sunt deja oarbă.

Alunecând în fraze fără sens

îi voi ignora întrebările

strecurându-mă,

ca un șarpe printre stânci

să caut iarbă înaltă

ca să mă ascund

de aceste nesfârșite

și fără răspuns

și plini de durere.

Poate fără ironie,

soră a terorii,

sau poate înnăscută și naturală,

voi alerga la adăpost

zâmbind de amar și

de veșnic.

Printre fraze aparent fără sens

sperând că Sfinxul

nu va face caz de ele.

Și voi avea viața salvată.

*

Fiera come un toro selvaggio

“allevo” piante grasse,

docili, morbide ma spinose

per difesa.

Si adattano a tutto,

meno che al gelo,

al freddo dei sentimenti.

Si moltiplicano sempre,

con poche cure,

assumono a volte le forme

più degne del più grande

artista che è la natura,

affidata al caso,

al sole, all’acqua, alla luce.

Come toro selvaggio

affilo in silenzio

le mie corna,

i miei ornamenti naturali,

i miei muscoli più forti e più nascosti.

E come toro selvaggio

sarò domato,

……chissà da quale avversità.

Mândră ca un taur sălbatic

„cresc” cactuși,

blânzi, moi, dar cu spini

pentru apărare.

Se adaptează la toate,

mai puțin la ger,

la frigul sentimentelor.

Se înmulțesc mereu,

cu puțină îngrijire,

luând uneori forme

demne de cel mai mare

care e natura,

lăsată la voia întâmplării,

la soare, la apă, la lumină.

Ca un taur sălbatic

îmi ascut în tăcere

coarnele,

podoadelor mele firești,

mușchii mei cei mai puternici și mai ascunși.

Și ca un taur sălbatic

voi fi îmblânzit,

....... cine știe de ce nenorocire.

*

Forse

Angela la dolce,

Angela la bella,

Angela la pazza,

Angela la grassa.

Cos’è rimasto di tutto questo?

Una canzone,

una canzone cantata per rabbia,

una canzone cantata per gioia, per gioco,

per amore, per follia,

per noia, per malinconia,

per vendetta, per paura,

per rimorso, forse.

Una canzone cantata per ferirsi,

per capirsi, per mostrarsi,

per celarsi, per mentire,

per confessare, per buttarsi via,

forse.

Una canzone cantata per cantare,

forse.

Poate

Angela cea blândă,

Angela cea frumoasă,

Angela cea nebună,

Angela cea grasă.

Ce a mai rămas din toate astea?

Un cântec,

un cântec cântat din furie,

un cântec cântat de bucurie, în joacă,

din iubire, din nebunie,

din plictis, din melancolie,

din răzbunare, din frică,

din remușcare, poate.

Un cântec cântat ca să doară,

ca să se înțeleagă, ca să se arate,

ca să se ascundă, ca să mintă,

ca să mărturisească, ca să se piardă,

poate.

Un cântec cântat doar ca să fie cântat,

poate.

Poesie tratte da Născută pe tocuri / Nata coi tacchi, trad. Eliza Macadan, Cosmopoli/Eikon, Bacau/Bucarest, 2025




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