Questo romanzo - da cui lo stesso Handke ha tratto il film omonimo - è
forse tra i più rappresentativi della cultura di lingua tedesca degli ultimi
anni. Al suo apparire in Italia, "La donna mancina" riscosse successo
di pubblico - particolarmente sensibile alla questione femminile - e di
critica: Claudio Magris vi scorse la manifestazione di «una vita pura,
essenziale, che brilla nei dettagli minimi», e Alighiero Chiusano fu pronto a
scommettere sulla sua durata a dispetto «di tante altre roboanti cosmogonie
sperimentali». Lasciate cadere le trasgressioni astute e plateali degli anni
Sessanta, l'implacabile e delicata macchina narrativa di Handke ha conquistato
uno sguardo limpido e impassibile come quello di una macchina da presa. Quello
sguardo offre qui il ritratto di una donna sulla soglia misteriosa della sua
«lunga stagione di solitudine».
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