Dario Buzzolan scrive un grande romanzo corale, una storia
familiare che progressivamente si fa viluppo e mistero, e ci getta nel
mezzo di un accadere che ci tocca: scrive di noi, di come non vorremmo
essere ma rischiamo di diventare – e forse di come già siamo.
Cernedo, profondo Nord. I Trovato, titolari della Stella, leggendaria
azienda di alta orologeria, devono fare i conti con un buco finanziario
che li sprofonda in una crisi ingovernabile e porta a galla tensioni
familiari irrisolte, nevrosi, segreti. Il capofamiglia Ruggero scompare
misteriosamente; il primogenito Pietro si affanna a cercare soluzioni;
il più giovane, Nicola, si nutre di ossessioni scientifiche (essere tra i
primi a mettere piede su Marte); la madre Lucia ha un corrispondente
immateriale con il quale cerca di sottrarsi ai vuoti della propria
esistenza. La LiebenKraft Company, multinazionale del lusso, si fa
avanti per acquisire la Stella; ma il meccanismo innescato da due
dirigenti, Tom e Amelia, avvoltoi professionisti nonché amanti segreti,
si rivela meno oliato del previsto, mentre la pugnace giovanissima Cloe,
analista finanziaria del gruppo, scopre alcune magagne di bilancio che,
se svelate, potrebbero diventare imbarazzanti. Le torbide spire
familiari dei Trovato, la compromessa trasparenza della LiebenKraft, la
rivolta dei migranti di Cernedo contro Pietro Trovato – il quale in un
accesso di rabbia ha malmenato una delle loro bambine – sono tutti
chiari sintomi di un malessere di cui soffrono dal primo all'ultimo i
personaggi in scena. Ivi compreso HP, calciatore italo-camerunese che
avrebbe dovuto essere il grande investimento della multinazionale, e
invece si danna in una condotta di vita senza governo. Dove portano
tutto questo caos, questa tensione, queste menzogne? Dario Buzzolan
scrive un grande romanzo corale, una storia familiare che
progressivamente si fa viluppo e mistero, e ci getta nel mezzo di un
accadere che ci tocca: scrive di noi, di come non vorremmo essere ma
rischiamo di diventare – e forse di come già siamo.
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