È una storia occupata da sicari, vescovi oltranzisti, avidi mercanti,
subdoli traditori, alchimisti e re, e ambientata in una delle epoche più
turbolente, complesse, strane e avvincenti che l’Europa abbia conosciuto: la
prima metà del Cinquecento, il secolo che si apre con la scoperta
dell’America, la Riforma luterana e la definitiva spaccatura fra Oriente
e Occidente. Narra di un genio che osò scrivere la Bibbia come se fosse
la prima volta, nella lingua del popolo e non dei potenti, e che, così
facendo, inventò l’inglese moderno, la lingua di Shakespeare. Dalla sua
penna sono scaturiti neologismi come «il sale della terra», «i segni dei
tempi», «capro espiatorio» e frasi piene di ritmo che Tyndale afferra
«a orecchio» dalla gente comune, dal modo di comunicare di quei
commercianti, tessitori, marinai, tosatori, sarti e venditori di stoffe
che ha conosciuto da ragazzo, nel Gloucestershire, la terra di confine
affacciata sul mare dove è nato e cresciuto. È, infine, il racconto di
un viaggio, avventuroso e insidioso come quello dei primi esploratori,
che porta da una lingua misteriosa, l’ebraico del Vecchio Testamento, a
una lingua non ancora nata. Un cammino in cui, per un libero pensatore
alle prese con i demoni della propria creatività, per un rivoluzionario
braccato da potenti nemici, il prezzo da pagare è sempre molto alto.
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