"(...) Nell'attimo
/ sgomento / la fine ovunque, / paziente / e attesa, / spaurì // la ragione /
alle prime armi / rotolò via / come una biglia di vetro / sul sentiero di terra
battuta / di un bimbo, / nel pomeriggio festoso / di un giorno d'estate, / come
le barchette di carta / di Rimbaud. // Allora / decisi di partire." Già da
questi versi, che fanno parte del componimento d'apertura di "Alieni in
safari", capiamo allo stesso tempo l'intento dell'autrice e il suo
linguaggio quindi il suo retroterra; oltre, ovviamente, a percepire come sarà
la sua lingua. Seppur sappiam bene del timbro di Caterina Davinio: dal
"Libro dell'oppio" (2012), per dire, al più recente "Fatti
deprecapibili", del 2015, ma senza scordare, ancora, "Il sofà sui
binari". Per Muzzioli, insomma, Davinio in questa nuova opera - che
raccoglie liriche del 2010 -: pone con forza il problema del rapporto con
l'altro. Perché nonostante l'avanzamento tecnolocigo, "la nostra capacità
di rapporto con l'altro non è affatto migliorata, il turista cerca sola la
conferma di un'immagine già ricevuta, preconfezionata". E come dargli
torto. Oppure in che maniera riuscire a contraddire la stessa poetessa quando
prima di farci leggere i suoi versi ci ricorda che gli alieni siamo noi.
"Che ci guardiamo intorno e il nostro mondo non lo riconosciamo".
Africa, India, Nepal, Sud America. Sono in questo "diario di
viaggio". Testimoniato, inoltre, da foto giustamente prive di colori
stordenti. Pioniera della poesia digitale, la scrittrice foggiana Caterina
Davinio dall'inizio degli anni Novanta ha creato opere di sperimentazione buone
a sposare arti visive con video, internet e anche fotografia digitale. Diverse
volte, tra le altre cose, è stata ospite della Biennale di Venezia. Vedi quando
nel 2009 al Padiglione ha realizzato un'istallazzione virtuale su Second Life.
La poesia civile, per Davinio, è fatta di contenuti omaggiati da una forma viva
nella nostra modernità.
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