Leggere libri di autori salentini è entusiasmante e al contempo incute un certo disagio soprattutto quando si tratta di autori complessi, eclettici come Rina Durante che hanno tessuto la cultura del Salento.
Pubblicato di recente dalla casa
editrice Zane il romanzo “La malapianta” scritto nel 1964 fa rivivere il mondo rurale degli anni
'60; è ambientato nel Salento, in particolare, in una ristretta area geografica
che comprende Melendugno, Cannole e Calimera.
Per il lettore contemporaneo
sembra un tuffo nel passato, non tanto lontano, che riguarda la storia
salentina e conduce ad una memoria necessaria di Rina Durante.
Una donna poliedrica si può senza
dubbio affermare, ha diretto i suoi interessi non solo nella scrittura e nella
poesia, ma anche nel teatro, in radio, tv, cinema, oltre ad un impegno politico
in prima persona non indifferente.
Una donna straordinaria
dimenticata come spesso accade e sommersa dalla cosiddetta cultura del nuovo,
dell'attuale. Ma non si può creare un presente, dimenticando che ciò che siamo
è il risultato di persone che nel passato hanno lottato, dimostrato dignità,
onestà intellettuale, vissuto per noi, che hanno generato la storia.
E allora leggere “La
Malapianta” diventa un piacevole ricordo di un romanzo quantomai attuale.
Così come attuali sono le condizioni di solitudine, di incomunicabilità, di un
certo malessere che va oltre la storia raccontata se pur interessante e si
accosta a quei stati d'animo che purtroppo si vivono ancora oggi in modo
decisivo.
Si parla spesso infatti di
incapacità nel comunicare, di difficoltà nel costruire relazioni con l'altro,
di quel senso di malessere e di sfiducia che incombe oggi come ieri e questo
rende il romanzo “La malapianta”
una testimonianza meravigliosa; sembra quasi che Rina Durante l'avesse
scritto per noi lettori del 2014. «Possiamo dire che sul tronco della
tradizione realista la scrittrice ha saputo innestare una problematica e una
tecnica squisitamente moderne, tipiche della narrativa novecentesca, più
inquieta e “interrogativa” per usare la definizione di Giacomo Debenedetti».
(p.18).
Il racconto ha inizio con il
matrimonio di Niceta (Teta) Ardito, contadino di Melendugno, rimasto vedovo con
sei figli e Rosa che vive a Cannole, e aveva avuto tre figli dal massaro Nino.
Segue la trama costituita da episodi molto divertenti, quasi surreali.
Ci sono i sapori e i colori del
Salento ben delineati dall'autrice come il colore dei campi di grano, con le
siepi di mortella e di more ai lati. “In lontananza la terra rivoltata il
giorno prima luccicava sotto i raggi del sole ancora bassi (…). Gli ulivi
brillavano anch'essi nella luce rosea, e i tronchi grossi e contorti sembravano
sempre sul punto di abbattersi in preda alle convulsioni” (p. 60). Bellissimo,
solo lo sguardo attento, profondo di un osservatore attento come quello di un
poeta può dipingere simili tele.
La storia della “Malapianta”
di Rina Durante è semplicemente realista, e in questo stupendo realismo raccontato
con un linguaggio modesto - non certo discreto - che nasconde la meravigliosa
bellezza di vite di un Sud che solo una grande donna, scrittrice e poeta è in
grado di raccontare.
Leggere “La Malapianta”
è l'affresco forse anche ironico di personaggi che appartengono al Salento con
i loro rudi comportamenti in una terra sola, abbandonata, ricca ma nessuno o
pochi ne erano consapevoli, perché la priorità restava il lavoro nella
campagna, la sopravvivenza, anche gli amori erano sicuramente diversi da come
si vivono oggi. Mentre, resta come una sorta di corredo cromosomico il
malessere, questa conflittualità, di incapacità nell'esprimersi, nell'essere se
stessi che ancora oggi fa parte dell'affascinante terra salentina.
E Rina Durante, come gli scrittori
del neorealismo, si impegnava a porsi al servizio della gente, dei ceti sociali
più umili ed emarginati; scrive la stessa: «Noi avevamo un intento che era
politico, studiavamo la cultura popolare sui canti di lotta, sui canti di
lavoro … al fine di suscitare un interesse verso il mondo popolare e la sua
possibilità di riscatto. Un paese ha la sua storia e deve tenersela stretta,
altrimenti perde la sua identità, che non può ridursi al dato etnico» (p. 197).
Non si può aggiungere altro dopo
queste parole che riecheggiano rimbombanti ancora oggi. Occorre riflettere
sulla lezione di vita quantomai attuale consegnataci da Rina Durante, scomparsa dopo una lunga malattia nel 2004 -
la sua presenza autorevole si fa sentire ancora come un invito a non mollare,
affinché - leggendo il romanzo “La
malapianta” - le future generazioni continuino a impegnarsi, a diffondere e
a far conoscere la cultura popolare
salentina.
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