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lunedì 20 gennaio 2014

Alfabeto brasileiro. 26 parole per riflettere sulla nostra e l'altrui civiltà di Angelo D'Orsi, con un fotoreportage d'Eloisa D'Orsi (Ediesse). Intervento di Nunzio Festa



In piena onestà, a parte alla fama dell'autore d'"Alfabeto brasileiro", perché sicuramente ammiro, stimo e seguo (per quel che m'è possibile), lo storico e saggista Angelo D'Orsi, ultimo e più intransigenti degli studiosi ed esperti di Gramsci - prima di tutto -, a stimolare il vivo e sincero interessamento a questo libro è stata la lettura del "Faccia al muro" dello scrittore Cesari Battisti; ché la sua lettura, romanzata certo, ma per sempre realista e intransigente, del Brasile m'è rimasta conficcata nel petto - facendo gioco come la punta d'un uncino sul corpo impotente d'una balena. E avevo voglia di capir meglio quella terra lontana. E la lettura, possiamo subito dire, oltre che ovviamente stimolante, è stata grandemente arricchente. Il professore di Storia del pensiero politico dell’Ateneo torinese non redige l’ennesima guida che magari serva per invogliare il lettore a partire immediatamente per il Brasile, quanto, piuttosto, a invitarlo a riflettere sulla complessità brasiliana e sulle sue contraddizioni. Dagli scritti raccolti, pubblicati in precedenza a puntate e in altra forma prima sul Manifesto tra agosto e settembre del 2012, per far cosa più puntuale, abbiamo quindi estratto 12 parole a nostro modo emblematiche. Con l’intento di spiegare sinteticamente temi e importanza dell’Alfabeto. Dunque buone loro, a descrivere già loro stesse insomma, questo immenso Paese che (riprendiamo dalla prefazione dello stesso D’Orsi), “è America, ma è Africa, Europa, ma è pure la terza nazione”: “è il paese degli eccessi, il luogo degli opposti: grande e ricco, povero e desolato, sulla via della crescita e immobile, industriale e rurale”. Ma subito, prendiamoci l’A di ‘acqua’. A ragione del primo contrasto. Ché il Brasile è uno spazio illimitato sul quale si trova abbondanza d’acqua, appunto, insieme a vaste zone piene di scarsità della risorsa primaria. Però un altro problema nel problema sarà sicuramente rappresentato dalla costruenda diga di Belo Monte: che ammazzerà popolazioni e distruggerà natura. A favore dell’industrializzazione (se per Lenin era necessaria l’elettrificazione, per Lula, Dilma ecc.: serve lo sviluppo a tutti i costi, e basta). La D di ‘domingo’ racconta che in Brasile la settimana comincia dalla domenica, invece che dal lunedì. Ma il punto centrale del libro è, sicuramente, la E di ‘economia’; guardando ai piccoli successi del presidente Lula, epperò con gli occhi sconvolti dalla crescita delle disuguaglianze e del divario fra ricchi e poveri; compresa la presenza costante delle favelas agganciate ai palazzoni delle megalopoli crescenti proprio in altezza e consumismo: “In fondo alla scala del Brasile di oggi ci sono i Sem terra, i contadini non proprietari” (…). Mentre galoppa “una sorta di ‘soluzione finale’, verso gli indigeni”. Perché la H di “historia” si ripete. I perseguitati son sempre gli stessi. E di certo non basterà rifarci la vista col capitolo dedicato alla I di ‘italianos’, scritta per ricordare di tutta la componente italiana arrivata in Brasile da secoli, dal Veneto come dal Sud. A sognare, se non la P di ‘Progresso’, almeno una sopravvivenza più dignitosa che in Italia. Eppure oggi “le protezioni accordate ai ricchi, troppo spesso sono negate ai poveri. Il progresso non è uguale per tutti, neppure in Brasile”. Ci vorrebbe la Q di ‘quilombo’ o proprio la Z di ‘zumbi’. Eroe battagliero, rivolta contro il dominio. Non basta, insomma, la S di ‘samba’. Cosa che si comprende ancor meglio approfondendo la T di ‘terra’, a sua volta strettamente legata alla V di ‘violenza’. Fatto questo volo d’uccello, poi, ecco le indispensabili e fornite bibliografia e sitografia. Prima dell’altro viaggio, quello compiuto e restituitoci dalla più giovane Eloisa, che già nel 2013 aveva scattato fotografie di vita brasiliana: “Questi frammenti di un diario di viaggio sono il frutto di un lungo peregrinare quella sequenza di incommensurabili distanze che è il Brasile”, narrerà allora, con una formula impeccabile, Eloisa D’Orsi. Pur chi non si trova nelle condizioni di prenotare immediatamente un aereo per il Brasile, sappia tutto quel che, diciamo con tono un po’ aulico ma sempre serio e condizionato dalle doti del libro d’Angelo D’Orsi, è giusto sapere. Specie se s’assorbe a mo’ d’unica informazione il resoconto superficiale e irrispettoso di tanto giornalismo auto-presentatosi in veste di cronaca delle proteste scoppiate prima del Campionato Mondiale in divenire, che si disputerà in odor d’Amazzonia - martoriata dallo sviluppo incessante.

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