Più di trecento lettere originali
presenti nell’Archivio di Stato di Modena – scritte nei giorni del conflitto e
in parte codificate con un alfabeto segreto per comunicare in modo riservato le
informazioni più delicate sui rapporti tra varie entità statuali, europee e
mediterranee – costituiscono la struttura fondamentale di questo volume sulla
guerra turca contro la Terra d’Otranto. Le risultanze che scaturiscono da tali
documenti sono confrontate con altri già editi, con la storiografia posteriore
e con la saggistica sull'argomento. Sul più vasto scenario della guerra che i
turchi portarono in Terra d’Otranto, se da un lato è stato scritto molto,
dall’altro sono rimaste molte questioni aperte. Lo stesso discorso vale,
naturalmente, per altre questioni, quali l’esatta cronologia dei vari episodi
in cui si dispiegò l’invasione turca o lo sterminio di centinaia di otrantini:
perché fu voluto e precisamente da chi, con quale criterio furono scelte le vittime, se ebbero la
possibilità di scampare alla morte riscattandosi o abiurando la loro fede,
se questo fu loro richiesto, e altro
ancora.
Daniele Palma - Daniele Palma, nato a Calimera (LE) nel 1952, forse
perché impaziente di dedicarsi alla neonata passione per l’astrofisica, nel
1970 conclude brillantemente gli studi classici saltando l’ultimo anno di
liceo. Negli anni seguenti, in effetti, studia fisica prima a Lecce e poi a
Roma, laureandosi nel 1975 con una tesi nella quale introduce un nuovo
parametro per lo studio di alcune caratteristiche degli ammassi globulari,
grandi concentrazioni di stelle intorno alla nostra galassia. Tra un esame e
l’altro trova il tempo di esprimere le sue opinioni – sulla politica,
sull’economia e sul costume – in vari giornali locali, spesso da lui stesso
fondati, diretti ecc.: forse, crede, per un residuo gusto per il componimento.
Intanto pubblica su riviste specialistiche i risultati dei suoi studi: da solo
(Evidence and properties of double shell burning stars in globular clusters),
con il relatore della tesi (A parametric approach to the slope of the globular
clusters giant branches) e con un gruppo di docenti e ricercatori
dell’Università di Lecce (‘Mutual relationships between ice mantle and silicate
core properties of interstellar grains’). La scoperta, non solo del parametro
δ0.6, ma anche del fatto che la ricerca scientifica è bella quanto avara con i
suoi amanti, specialmente se questi pretendono di dare uno sbocco concreto ai
propri studi in un lasso ragionevole di tempo, lo induce a correggere la
propria rotta, quanto basta per approdare ai lidi dell’informatica, scienza e
tecnica allora pionieristica. Così, mentre passa attraverso cinque diverse
aziende tra Roma e Lecce, riascolta il seducente canto delle sirene che gli
rammentano come la sua anima – attratta fino a quel momento un po’
dall’umanesimo e un po’ dalla scienza – può trovare un buon equilibrio
affiancando, ad un’attività lavorativa nel segno della logica e
dell’elettronica, uno spazio di tempo libero dedicato alla ricerca storica e
linguistica, con lo spunto di un’identità peculiare propria di una terra
d’origine sospesa tra Oriente e Occidente. Credendo, quindi, di voler conoscere
nomi, cognomi e date importanti di tutti i suoi antenati (e delle antenate),
intraprende una ricostruzione sistematica delle migliaia di famiglie che sono
vissute a Calimera dal Seicento all’Ottocento. Non solo: inseguendo le radici
proprie e della moglie Dolores Greco (che sa bene quali attrattive lo tengono
molte ore fuori di casa, immerso in fondi archivistici o agricoli), finisce per
interessarsi anche del territorio circostante e dei suoi antichi abitanti. Lungi
dal cercare improbabili quarti di nobiltà, scopre che i suoi figli, Giuseppe,
Maria Veronica e Luigi Matteo, hanno inattesi antenati tra arcipreti di rito
greco, mercanti genovesi, scultori, ecc.; e, strada facendo, raccoglie tante
altre notizie – forse riportate come curiosità da alcuni benemeriti parroci
antichi – che si rivelano particolarmente interessanti per la filopatria.
Comincia così a pubblicare questi ritrovamenti, prima connettendoli con una
trama narrativa (A metà del guado – Vicende religiose nella Calimera del
Seicento [Calimera 1988]; Alba di luna sul mare – Tragedia di Roca tramandata
oralmente sull’altra sponda [Galatina 2000]), poi all’interno di saggi lunghi
(I Castriota a Calimera, sul Bollettino storico di Terra d’Otranto 10 [2000]; A
nord di Kunta Kinte: incursioni e rapimenti in Terra d’Otranto intorno al
secolo dei lumi sul Bollettino 11 [2001]) e anche in forma divulgativa (‘Donde
Vrani’, Il Campanile di Borgagne; ‘Belloluogo, un nome che viene da lontano’,
Quotidiano 29/1/2001, 14; ‘Roca, covo di pirati distrutto da Carlo V’,
Quotidiano 4/6/2001, 17). Nel 2002 vedono la luce la monografia Roca – La
diaspora unita nel culto di Maria e il saggio Un buon Lagetto inedito sugli
eventi del 1480-81 in
Otranto sul Bollettino 12, su cui continua, negli anni successivi, la
pubblicazione delle risultanze scaturite indirettamente dagli studi
genealogici: Cronache di altri tempi: tutti i particolari nei registri;
Speranza nell’Essere e certezza del divenire in antichi documenti parrocchiali;
Lingua e rito greco a Calimera e negli altri centri dell’area rocana. Nel
frattempo, si dà corpo allo studio sulla feroce guerra turca, che colpisce le
genti salentine mentre altrove il buio medievale è rischiarato dagli splendori
rinascimentali, dando inizio a incubi plurisecolari che accomunano ancora una
volta questo lembo d’Italia ai destini della Grecia, in un sincronismo perfetto
di morte e resurrezione, fino all’inizio dell’Ottocento. In questo modo,
Daniele Palma si ricollega agli studi iniziali sulle affinità culturali in
senso lato della propria terra con il mondo ellenico.
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