Saremo felicissimi, se avremo
azzeccato una cosa: il prefetto 'Vitali' di "Maltempo", ultimo
appassionante romanzo di Mariolina Venezia, porta questo nome in omaggio al
narratore dal nome di battesimo 'Andrea'; perché trovo, e lo sottolineo senza
retorica o falso pudore, che l'ultima opera di Venezia debba molto allo
scrittore di quel ramo del lago di Bellano. Certo, l'ambientazione è ovviamente
diversa. Come differente è l'approccio ai luoghi, perché Mariolina Venezia
sceglie nuovamente di passare attraverso i luoghi della sua Lucania ma
destinando a loro una riflessione su quel che socialmente, oltre che
culturalmente (quindi sociologicamente, usando invece il metro proprio d'Andrea
Vitali) dimostrano d'esser diventati. Per questa ragione la nostra cara pm Imma
Tataranni oltre che impattare col le sue stesse frenesie del cuore deve
aggiornare la lettura del mondo a dimaniche politicheggianti sia quando
coccolate da politici e affaristi, sia nella versione immaginata, sognata,
cercata di ragazze davvero tutte uguali e in corso per arrivare nelle
trasmissioni televisive o, indiferentemente, al caldo approdo delle serate da
bunga bunga. Piove, nonostante la primavera s'affaccia a Matera. E il tempo è
senza dubbio incerto nella vita della giovanissima Miulli: siucida oppure
uccisa? Nella provincia materana la pm deve poi rifare i conti con le
supertizioni che provano a rimettere in pista un malocchio in realtà debellato
dal consumismo fresco d'annata. E Tataranni deve capire un po' meglio come,
quando e quanto gli interessi che regolano l'estrazioni del petrolio della
Basilicata, la rapina di questo bene alle sue comunità, saltano dal cappelliano
ristorante "Il Capretto" alle tavole di festini zeppi di nomenclatura
regionale e nazionale. Forse i fantasmi veri non saranno della fascinosa Craco
- margine sconfitto dall'idraulica e riconsiderato dal turismo in genere -,
però fanno capolino prima nell'ufficio della pm Imma, poi nei suoi sogni e,
ancora, sicuramente in ultimo, nelle strategie inventate al fine di farla
davvero fessa. Epperò Imma Tataranni, grazie a buone dosi d'attenzione, fregare
difficilmente si farà. Un nuovo giallo che, dove non conoscessimo i posti, ce
li farebbe cercare. Un altro romanzo che parla della modernità. Descrivendola.
Perché non è necessario sempre mitizzarla/demonizzarla, la modernità. E
nemmanco è utile inneggiare al modernismo. Ché le donne in nero ci sono ancora,
nella Lucania dei margini e della fotografia da cartolina. Insieme alla
trivelle che possono spostare in avanti e indietro la natura. A loro
piacimento.
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