"Nel 1992 mio padre uccise
mio fratello nella neve. Nel 2007 ho perso Caterina per sempre. Io per questi
motivo corro". L'incipit infuocato, a dir poco lampante, del romanzo
scritto dal libraio part-time toscano, Emiliano Gucci, attacco camusiano e
decisivo, soccorre il titolo dell'opera, "Nel vento". E definitiva è
la corsa del protagonista del libro. Alla stregua del colpo lanciato dal
giudice di gara delle gare vitali del centometrista estraniato e gelido. Un
centrometrista che vuole, dopo dolori immani e fortificanti assai, la gara
perfetta: una vittoria nell'albo dell'eterno secondo; mentre scorrono nella
testa fantasie che sono molto più lancinanti della realtà, addirittura. Il
narratore autodiegetico del libro si concrentra e, allo stesso tempo, non evade
che sui blocchi di partenza. Dai quali deve darsi lo slancio, per scappare.
Perennemente. Correre via dal passato, in ogni caso. Ben conscio che sopravvive
in un mondo di steroidi e altre sostanze stupefacenti - utili alla corsa sportiva.
Ma, soprattutto, elementi che devono alimentare il fuoco delle scommesse
clandestine e di tutto il resto del giro d'affari del suo sport. Tra falso e
non vero. Mentre sa bene il protagonista di Nel vento, che l'irreale certo che
ha in testa lo porta a citare i suoi avversari con nomi che non sono nomi. UNO,
DUE, CINQUE. Persone identificate solamente con le postazioni che coprono in
pista. Dove il pensiero del fratello morto ammazzato dal padre, crollato sulla
neve fresca sotto i suoi occhi e l'abbandono senza remissioni di peccato
dell'unico amore della sua vita, lo tengono in stato di sana pazzia. Davvero
dunque "non ci si deve fermare a pensare". Gucci, autore tra le altre
cose dell'indimenticato "Donne e topi" (Fazi), ha fatto proprio un
"romanzo esistenzialista", come è stato definito dal concittadino e
anche lui giovane scrittore, Vanni Santoni. La lingua è perfetta. Dalla quale,
insomma, apprendiamo tutti i tormenti del protagonista del romanzo. Perché non
ci si può inzuppare dell'acqua della pioggia che lo terrà sotto scacco. Ma
uscendo da quella, riprendere l'ansia da 'prestazione' della voce. Nel vento
abolisce la presenza dei riflettori. Che pur ci sono. Però li fa oggetto, al
pari d'altri, della trama. Il discorso è attualissimo. Eppure stravolge le
regole della modernità che vorrebbero confini netti tra i momenti della
narrazione. Qui, infatti, il romanzo diventa imperdibile.
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