La "lussuriosa" (vedi
Vargas Llosa, - Mario) lingua, tutta sua e 'anti-decadente', di Guillermo
Cabrera Infante è una situazione allucinata che provoca ansia da lettura:
chiedi allo stress di starti vicino, perché dovresti, diciamo alla fine forse
vorresti, legger tutto d'un botto, per far solamente un esempio piccolo assai,
l’ultimo "La ninfa incostante". Se, come certi, non conosci il
"Tre tisti tigri" oppure il resto. Ma grazie a un'adeguata e
sicuramente da pasionario del genere, traduzione di Gordiano Lupi, che
moltissimo - ricordiamo in questa sede - ha fatto e fa per portare in Italia un
pezzetto almeno della Cuba che non si rassegna a esser letta solamente e/o
soltanto da castristi e antiCastristi, abbiamo la felice scoperta di tipografia
che un altro capolavoro della letteratura c'ha davvero e senza esagerazione
sconvolto; dove il poco ortodosso e Geniale al massimo, autobiografico
protagonista del portentoso romanzo immagina, e quindi vede e quindi vive,
un'appena sedicenne Estela/Estelita. Conturbante almeno quanto la stessa Cuba
del cubano e apolide Cabrera Infante o dichiaratamente strafottente alla
stregua d'un'eroina che abbiamo trova nell'ultimo libro di Cesare Battisti,
inviato al mondo questa volta dall'esilio brasiliano, Estela è tutti i bolero
dell'opera più che letteraria e romantica fino allo spasimo come all'estremo
(stremo, giocando un po' con le provocazioni - costanti e che ammantano
dell'autore -). L’autore che ha confessato pubblicamente quanto e in che
maniera Estela è la Cuba
pensata fuori da Cuba: “isola incantata di cui ero esploratore e guida”. Dove
aggiunge poi, parlando come vedrete del presente=passato, che “in quel periodo
L'Avana era il centro del mio universo, percorrerla era un viaggio
intergalattico tra due soli, ed Estela era una bambina vestita da eroina
francese". L’opera è stata pubblicata postuma. Perché Guillermo Cabrera
Infante è deceduto nel 2005. Ed è il romanzo che vive non di calembour soli
vedi solitari e finali, ma di calembour che sono coltissimi giochi di parole
imbevuti di cinema e letteratura. Il tempo non ha senso, per certi versi. Ché
la lingua anti-decadente di Cabrera Infante abbatte le logiche, senza dare
coraggio a un facile surrealismo, della comprensione e sperimentazione
temporale. Anzi, il concetto stesso, a dir poco, di logica spazio-temporale.
Non può esistere lettura intima di Infante, se non ci si vuole stordire di
dialoghi al limite tra demenza e follia. Nel verde del geniale, insomma. Finito
che avrete di legger, difficile sicuramente sarà sintetizzare la trama, in
forma diciamo compiuta e comprensibile, della Ninfa. Ma ricorderete così tante
scene che vi sarà difficile scegliere da che punto iniziare a narrare
l’avventura del romanzo vissuto. Un classico, spieghiamo a chi ama i classici.
Un moderno, inseriamo per chi dei classici, ovvero della letteratura pura, si
spaventa.
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