Ne ha fatta di strada, Morozzi.
Ma le traversie delle riviste "letterarie" diffuse col contagocce e
le redazioni d'editori microscopici li ricorda molto bene. Benissimo. Come,
sicuramente, questi ricordi sono ugualmente vividi nella memoria corrente di
Zed. Quindi Gianluca Morozzi ed Heman Zed, non è che con "Lo scrittore
deve morire" abbiamo fatto auto-fiction (parolina che va molto di moda -
d'altronde); ma hanno deciso di narrare appunto di strade, e per la verità lo
scrittore bolognese non per la prima volta, molto ma molto conosciute con Lo
scrittore deve morire. "Epiche gesta di due aspiranti autori di best
seller". Esilerante, spassoso assai, vergato a tratti persino da humor
pungente e un po' crudele, il romanzo omaggia intanto molta letteratura, demolisce
le macchinazioni delle fabbriche editoriali e del marketing delle edizioni,
spende parole per penne - vedi Ciarabelli (non notissimo ma di grande talento,
e che abbiam avuto la fortuna d'apprezzare al Premio Letterario "La città
dei Sassi" di Matera agli esordi) - che meritano. Non a caso, intanto, gli
autori presentando il cappelliano romanzo parlano di "parodia del mondo
editoriali di oggi". Con questo romanzo, grazie al quale abbiamo molto
riso, Gianluca Morozzi ed Heman Zed, fanno viaggiare i loro protagonisti,
Francesco Portali e Ladislao Tanzi, insieme poi ad Arcovaldo Cacciapuoti, in
location improbabili per presentazioni improbabili - e intanto qui spuntano le
sale a volte ostiche come pubblico o semi-deserte come uditorio, insomma. Ma
perché questi due invisibili della scrittura, fino ad allora entrambi gli
scrittori non avevano scritto che un romanzo, per lo stesso editore, venduto in
qualche copia di numero, devo farsi il viaggietto? Semplice. Il loro editore,
sotto gli effetti del vino, a entrambi ma in due momenti diversi, commissiona
un libro: imponendo la stessa trama. Quindi si ritroverà la stessa storia.
Dunque pensa bene d'incollare le prove letterarie. E, guarda caso, nel romanzo
è descritto un tour che poi Tanzi e Portali, praticamente sotto minaccia, devo
compier davvero. Tra l'altro sotto la guida ambigua dell'ufficio stampa Lothar,
tipo stranissimo che poi finisce come finisce e che però piazza nell'opera
persino le sue orribili "poesie". L'incontro col critico, rincoglionito,
Cacciapuoti, un po' li salva e un po' li rovina. Ché il Caccia produce altre
avventure dove di certo queste non mancano. Bizzarrie. Stranezze che si sommano
a quelle pensate, in un certo senso, dall'addetto stampa della Belasco. Fino al
primo vero colpo di scena, insomma, che è poi una buona sopresa per il titolare
del marchio, Ubermensch. Il critico di turno alla D'Orrico, mentre si sollazza
per i servizi della sua donna, invece di stroncare il "Un premio da
tredici" firmato Portali-Tanzi, per errore lancia il libro nelle
classifiche dei best seller. Tra ex ed ex ex, poi, finalmente passando per una
Silvia che naturalmente non può mancare, diciamo che L. Tanzi e F. Portali
devon gestire fama inattesa, pazzie diffuse e capovolgimenti di fortuna.
Sarebbe bello, adesso, descrivere gli altri soggetti del 'film'. Epperò pure
irrispettoso. Allora prendere le scritture di Zed e Morozzi, licenziose più che
mai in quanto affini agli sconvolgimenti della storia, piene di tagli e cambi
di voce, anche perché nelle pagine è custodito il brio della normale casualità.
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