Una premessa è d'uopo: Toni Negri è il pensatore che ha ancor oggi l'audacia
d'esprimere questa posizione: "sarebbe importante ritornare dal
cristianesimo a Cristo e dal comunismo a Marx". Dettò ciò, è necessario
invece incominciare ricordando che i saggi e gli articoli raccolti in "Il
comune in rivolta. Sul potere costituente delle lotte", in buona misura
sono pensati e discussi all'interno dell'esperienza collettiva di UniNomade
(rete di ricercatori, accademici, studenti e attivisti di movimento che dal 2004 ha iniziato un
percorso di ricomposizione delle intelligenze critiche intorno a un desiderio
comune: costruire un dispositivo di autoformazione e di dibattito pubblico
mettendo a tema i concetti, i linguaggi e le categorie che le esperienze
teoriche e pratiche dei movimenti hanno espresso in questi ultimi anni). Quindi
innanzitutto il metodo. Ma se fosse solamente l'analisi e la proposta di
questo, non si spiegherebbe, come invece avviene, la descrizione delle vicende
spagnole e tunisine dell'ultimissimo periodo: dalla mediatica e preparata
iniziazione di Primavera Araba - in questo caso dovremmo aggiunge i reportage
analitici di Macchi per capire meglio - alla sobillazioni dei centri di Madrid
e sorelle con le tende piantate nel cemento delle piazze. Qui infatti è
pratica. Esperienza. Esperienza della storia. Che comunque non possiamo slegare
dalla discussione sul processo di produzione e, infine, sulla
finanziarizzazione imposta alla vita delle comunità e persino alle vite
comunitarie. I saggi di Antoni Negri riprendono Marx, Gramsci e Foucault.
Perché è necessario aggiornarsi nella teoria. Ché è più che utile attualizzare
le teorie. "C'è comune solo quando c'è potenza costituente": questo
comunque è il vero cuore, il nocciolo del discorso di Negri. Allora rivisti Karl
Marx e Foucalt, nella prima e seconda parte dell'essenziale libro, si passa al
settore definito da "Una rottura italiana: produzione vs sviluppo";
come ancor meglio dalle critiche alla socialdemocrazie europee che dagli anni
Settanta nulla più hanno capito del capitalismo e dei suoi cambiamenti. Ma Toni
Negri non riuncia, alla fine dei ragionamenti, a ipotizzare un futuro per la
sinistra. Appunti, tra l'altro, che andrebbero preso sul serio anzi in
grandissima considerazione dal mondo politico in tutte le sue diverse e
differenti compenenti. Sicuramente non tralasciando che "il progetto di un
movimento di lotta e di govero (vecchio paradigma della sinistra) non funziona
più perché, quando ci si confronti alla governance imperiale, la potenza di cattura
delle istituzioni è più forte di qualsiasi tentativo di rinnovare l'ordine
della società e di democratizzarne l'amministrazione". E come dare torto a
Negri, qui. Vedi, in ultimo, i propositi quindi del nuovo soggetto recentemente
costituitosi nella vera e piccola galassia progressista, Alba (Alleanza lavoro
beni comuni ambiente, che naturalmente sosteniamo a pieno). E Antonio Negri
vede una sinistra utile dove la sinistra diventa potenza costituente. Ma come
dovrebbe fare la sinistra a divenire davvero potere costituente? Lo spiega il
filososo: "Il potere costituente deve organizzare l'apertura dei beni
comuni alla produttività sociale e la riappropriazione della struttura
finanziaria della produzione per destinarla a finalità comuni"; serve "sviluppare
costituzionalmente politiche di autoformazione e di formazione comune che
investano l'intero quadro produttivo"; "Le politiche universitarie e
quelle della comunicazione devono superare non solo l'attuale condizione di
miseria privatista ma anche il livello dell'organizzazione pubblica
dell'insegnamento per diventare motori nella costruzione del comune e
dell'integrazione sociale"; "l'allargamento degli strumenti della
democrazia diretta è fondamentale"; deve "diffondere potere sul
territorio e far partecipare i cittadini alle funzioni di governance". Una
sinistra che sia nuovo Principe, infine. Ma sempre e solamente nelle lotte.
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