Nel 1996 Einaudi candidò allo Strega "La felicità terrena", che
poi andò in cinquina finale, addirittura; però la nota che Mozzi affida a
questa nuova edizione targata Laurana, tra l'altro comprensiva di pulitura d'un
racconto e aggiunta d'altri due, offre maggiori approfondimenti di quel
periodo, che è un vero piacere leggere: il divertimento personale, tra l'altro,
sta nell'inzuppare gli occhi in un'acidità che non risparmia parentizie varie e
sghignazzi da dintorni. Che è un piacere molto simile a quello provocato dalla
lettura di Dal Cielo - l'eteronio dello scrittore - , ma questo si capirà a
fine libro (quindi qui nulla sentirete in merito). Allora, si diceva,
l'edizione della Feliticità terrena in uscita questi giorni riconsegna ai tempi
moderni le immagini e le sensazioni dell'impiegata delle poste, magnifico
personaggio colto in azioni che rivedono situazioni emozionali che avevano
rivisto nel 'recente' e già festeggiato "Il male naturale",
posizionata dietro la sua postazione di lavoro e dietro i suoi problemi che
sono dentro e fuori dallo stesso lavoro abitudinario. Bruttina e lenta,
l'impiegata è capace di intenerire, dannatamente, l'osservatore. Comunque il
racconto sicuramente più riuscito ci dice d'una certa e sincera Maria
Annuziata. Una donna che perde prima il marito stronzo e poi l'amatissimo
figlioletto. Il primo per fuga. Il secondo per malattia. Eppure M. A. decide di
far rivivere la presenza, appunto, del figlio-morto che le potrebbe e dovrebbe
dare l'unico frammento di vita felice. Fino alla fine, naturalmente. Senza
dubbio i protagonisti di questi racconti si sono fatti mondi paralleli per
esser sereni. Ma il bello è che una dose di tranquilla serenità la trovano
davvero. La lingua di Giulio Mozzio s'atteggia a moto d'animo che vuole
controllare l'eccessiva scorrevolezza delle vite abbozzate, però senza esser
così invadente da limare le caratterizzazioni degli anfratti che i soggetti
pensati e disegnati col pennino hanno edificato per tutelarsi dal brutto del
caso. P.S. La "notizia", oltre a esser, come accennato, più che
spassosa, è un racconto a sé. L'estro di Mozzi, che a tratti pare macchiarsi di
vanità, spettina le volontà commerciali del marketing. Per provocare disagio e
storture nel certo percorso di chiede di leggere senza preoccupazioni di
sorta.
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