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mercoledì 1 dicembre 2010

Il prezzario della rinomata casa del piacere a cura di Stefano Donno e Anna Chiriatti (Kurumuny)





















Dall'introduzione


Ogni immagine appare come uno scatto di moderne versioni della meravigliosa e carnale Afrodite di Milo perché queste donne sono belle nel senso classico: immagini di donne di un'eleganza apollinea appunto, sebbene il mondo di cui fanno parte poi sia quello del dionisiaco. I loro corpi sono un sensuale trionfo della carne: belli, torniti, lisci, morbidi, immagini di una femminilità dirompente, di una voluttà disarmante e allo stesso tempo c’è nello sguardo un non so che di tenerezza che le rende assolutamente reali e alla portata di tutti.

In un prodotto editoriale come questo però c’è molto di più: il rapporto tra pelle e scrittura rimane fondamentale, soprattutto perché viene a configurarsi come una struttura completa di narrazioni tessute di parole di illustri rappresentanti della letteratura contemporanea mondiale selezionate per il loro alto potenziale erotico, e di foto che testimoniano una forte fascinazione per la gestione del corpo nella relazione di sé con l’altro in un ambito piuttosto delicato come quello dell’esporsi pubblicamente, o meglio del darsi in pasto. E anche se chiaramente si possono intravedere già i prodromi del sistema ipermediatico e pervasivo della pubblicità odierna ad alta definizione, si può con una certa tranquillità affermare che fondamentalmente possiamo godere attraverso queste pagine di un pasto pantagruelico di pelle, sudore e desiderio che sazia in maniera inverosimile qualsivoglia appetito. Se qualcuno malauguratamente stesse cercando un catalogo di amplessi, interazioni sessuali di pura plastica e di respiro meccanico come solo l’hardcore può dare, non solo si sbaglia di grosso, ma sicuramente non può godere dell’eleganza di tutto il materiale che viene proposto. Già perché in ogni pagina comunque si parla di estratti di normalità; ovvero di porzioni plausibili di visioni appartenenti al gioco dell’Eros fatto di puro disordine e pura pulsione. La grazia di alcune inquadrature proposte in questa sede è la stessa, amara e forte, che scappa in ritratti nati per rivendicare il diritto alla dimensione intimistica. Ed è appunto su questo livello, in mezzo a questo terreno fremente che il libro si muove rivelando come alla fine è il percorso più intimo quello che riesce meglio a dimostrare le cose più belle, che riesce a portare alla luce della notte e al buio dell’illuminazione il fiato d’una parola dermicamente indispensabile al nostro essere.

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