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giovedì 23 dicembre 2010

Ho provato a non somigliarti di Pierluigi Mele (Lupo editore)












Ho provato a non somigliarti raccoglie poesie degli anni 1985-2010, senza tracciare traguardi. Sono slanci, diversamente l’esistenza non avrebbe casa né strada. Poesie dello stupore, della perdita e del ritrovamento. Della trasfigurazione soprattutto. Poesie di luoghi e d’illusione. Di tutte quelle minuscole e fonde cose che hai attraversato e che poi, senza preavviso, bussano alla porta pretendendoti daccapo. Con più forza del passato e meno scuse. Perché quando accadevano, nel mentre, tu non eri pronto a stringerne l’essenza. Non lo sei neppure ora, non lo sei mai. Però succede di avvertire questi passi alla soglia, questo soffio alla tempia del passato, il passato che s’impasta al presente che respiri, lo infiamma col tuo possibile domani. Qualcuno lo chiamerebbe destino. E allora la poesia non è che resoconto di stagioni, vissute e sublimate. Non puoi sottrarti dal tuo stesso nome che ti chiama, dalle tue radici e utopie.

Può non piacerti, tutto questo. Possono non combaciare i pezzi del gioco. E ti arrovelli, ti scontenti, ti disperi. Ma l’amarezza da sola non serve. Così scopri l’indulgenza, la dolcezza dell’intessere i giorni. Non la consolazione, piuttosto l’umanità, la pietas. In tutto ciò che accade e che non verrà, tu sei un valore aggiunto, niente di più né di finito.

Provi a non somigliare al padre, al suo male, al vuoto che ti lascia e in cui ti tocca guardare. Provi a non somigliare alla tua faccia, al reale, al nulla che ti lascia e che ti tocca qui nel sangue. Provi a sfuggire alla fine e al già visto d’ogni cosa. Vuoi resistere al grigio, agli addii, allo sfiorire. E allora provi coi versi, provi a saldare, a stringere, a vedere di là che succede. Nell’illusione, nel gioco, nello stupore per le evidenze tu provi. E sempre nella lingua, perché la poesia vive soltanto di parole. Ossessione e commedia del dire, finzione, schiettezza, nitore. Ci provi, e nel farlo il gioco ricomincia.


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