Partiamo dal soundtrack. Per il libro di cui parlerò consiglio vivamente “Black Rain” dei SoundGarden, ovvero il brano tratto dal loro ultimo spettacolare lavoro dal titolo “Telephantasm”. Riavvolgiamo per un attimo il nastro. C’era un prima. Il prima di Bret Easton Ellis è per questa occasione “Meno di zero”. Romanzo video/paranoico, “slangale”, depresso, assente, intriso di sesso facile, spinelli, cocaina, feste sempre più hot, in una sinfonia totale di amoralità e devastazione interiore che sconfina presto nell'orrore. Bret Easton Ellis è di sicuro uno tra i migliori scrittori in circolazione oggi, uno che fa delle situazioni paradossali di cui scrive, veri e propri manifesti di lucida critica alla società americana contemporanea. Il qui e ora ha un titolo: “Imperial bedrooms”. Casa editrice Einaudi. Questo è un libro che non lascia scampo. Non serve a nulla tentare di capire dove la storia vuole andare a parare, perché Ellis esagera, va giù pesante, gioca sporco lavorando molto sulla costruzione di più livelli semantici che addirittura rendono difficoltosa la lettura dell’opera che dunque richiede una/due/tre/quattro/cinque letture. E vi posso assicurare che sto parlando di un vero e proprio lavoro di trincea a cui il lettore viene sottoposto. Clay torna a Los Angeles sono passati venticinque anni. Clay è uno sceneggiatore (mediocre ma pur sempre uno sceneggiatore …) che deve organizzare il cast per il suo nuovo film: ma Blair, Trent, Julian, sue vecchie conoscenze di “perdizione”, sono affamati d’inferno e vogliono trascinare il loro vecchio amico sempre più in basso. Costi quel che costi. La “ciliegina sulla torta” per Clay è l’incontro con la meravigliosa quanto inquietante Rain che lo rinchiuderà in un labirinto di terrore e paranoia. Il cocktail narrativo è ben riuscito: disperazione, violenza, paranoia, autoindulgenza, e degradazione sono gli atomi costitutivi del mondo di dannati che popolano le pagine di “Imperial bedrooms”, dove Ellis diventa il nostro Virgilio. A mio avviso, con questo “Imperial Bedrooms” Ellis si conferma uno scrittore di proporzioni stratosferiche, dimostrando come un’attenta sorveglianza sul linguaggio, può generare un multiforme e pulsante groviglio di immagini, sensazioni, stati d'animo, vicini alla granulosità dell’onirico e del surreale. Ellis passa in rassegna i disperati del mondo del cinema, fatto di festini, attricette disposte a tutto per ottenere dei ruoli, produttori dallo spessore morale di uno sciacallo Insomma una meravigliosa perla letteraria, con una sola controindicazione.: andrebbe letto dopo aver deglutito tutte le precedenti opere di Ellis. (stefano donno)
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