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mercoledì 15 settembre 2010

Canzoni della giovinezza perduta, di Gaetano Cappelli (Marsilio). Intervento di Nunzio Festa




















Il dissacrante Gaetano Cappelli, quanti autori a più personaggi farebbero infatti parlare del “lugubre” scenario dei Sassi, dove le grotte non sono accolte quale bellezza da guardare e riguardare, ma, appunto, alla stregua d'una cappa piombata sullo stomaco?, con questi racconti di “Canzoni della giovinezza perduta”, a continuare questo secondo esordio (non a caso dice molto chiaramente la dedica a De Michelis) riprende in mano – per miscelarli – racconti contenuti in “Mestieri sentimentali”, “Errori”, “Disertori”, “Prefigurazioni”; due raccolte – i primi due - e due antologie tematiche, i secondi. In “Canzoni delle giovinezza perduta”, però, che molto probabilmente anticipa il prossimo romanzo dello scrittore potentino, del dandy lucano per eccellenza troviamo per esempio tutta la grinta della letteratura che spinge il pensiero in argomenti e sentimenti, oltre che ovviamente in tradimenti e frustrazioni. Allora, ecco spuntare, uno su tutti, il giovane quanto inesperto medico che, durante la scoperta del sesso con una grassona (o al contrario, prima del rapporto sessule con la cicciona), si trova incastrato in uno Sud un poco a livello del paesino scovato. O, ancora, forse i più riusciti, il rocker venditore di pentole e l'aspirante scrittore suo amico e confidente: scrittore che esordisce, con successo, fortunatamente solo per lui e non certo per l'aspetto affettivo, con un romanzo pieno dei segreti dell'amico medesimo. In sostanza, come si capirà dopo i primissimi racconti, però la raccolta diventa quasi un romanzo, si scoprano a questo proposito i personaggi che tornano dopo magari qualche raccontino di pausa, sulla pochezza e la grandezza d'un Sud che è soprattutto Basilicata. Se lo sfondo sentimentale è la giovinezza, la musica di sottofondo, in verità, è un disincanto che si fa vivo da subito nelle vite di scalmanati ed eccentrici meridionali, soprattutto meridionali. Ma il lievito della malinconia non stringe i pori dai quali devono giungere le sensazioni. E allora, tra un tradimento e l'altro, una missione ideale e il suo esatto contrario, appare di forza una riflessione da mettere a punto su ciò che è giusto inquadrare nel senso dei valori e quello che invece non deve appesantire al pari delle zavorre. Gli accenti, la cadenza solita e originale di Cappelli, oltre a far tornare alla mente qualche atmosfera d'anticipazione sui “Parenti lontani”, virgola a seguire virgola nuova c'insegna che si possono fare buoni e cattivi pensieri nonostante la falsa facciata dell'intrattenimento. Ogni chiusa di scritto, infatti, lascia quell'amaro sulle papille che vuol dire questo e niente più.

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