Pagine

venerdì 27 agosto 2010

Tra i segreti delle ombre. Luigi Scorrano sul libro Inganni di Giulio Palmieri (Lupo editore)





















Quale sorte attende il dio che ha contravvenuto alle leggi dell’universo facendo della finzione un’arte per gli uomini? Quale sarà l’esito di un’impresa la cui stazione di partenza è una desolata landa infeconda dove la vita degli uomini è bruciata dal sale amaro del fallimento? Quale la mèta che un uomo solitario si propone di raggiungere elaborando enigmi destinati al gioco ma attingendo, oltre il gioco, ad un enigma solo per lui intravisto o appena svelato? Una fantasia legata alla remota mitologia mesopotamica; un fatto storico nella cornice di un Medioevo al tramonto; il paesaggio senza luce della città moderna e le oscure vicende di un uomo come tanti: sono, in sintesi, il teatro delle storie messe in scena da Giulio Palmieri nella sua, già notevolmente matura, prova d’esordio in campo narrativo. Siano, i protagonisti, uomini o divinità, li unisce un comune destino: soggiacere all’inganno della vita, vivere sul confine incerto che divide vita e morte, luce ed ombra, cognizione sicura delle cose e balbettante approssimazione nata dal considerare saldo quanto è solo ombra, labile la durezza di esperienze contro le quali si può urtare tragicamente. Tutto è immerso, per loro, in un universo che vacilla di continuo, s’addensa e si scioglie, nella «vaga deformità di ciò che non esiste»: in ciascuno di loro si compie il destino ch’è del protagonista di uno di questi racconti, e cioè vivere una vita «spogliata di sé stessa e invasa dalla propria parvenza». All’insegna dell’inganno, quello che l’uomo stesso si costruisce, la vita affonda in un’illusione in cui i fantasmi della mente acquistano o perdono consistenza e le segrete paure spingono ad erigere difese contro il disfacimento, contro la morte. L’azione gloriosa sognata si sfalda in una beffa atroce; Luigi IX di Francia sarà giocato dalla morte, il signor Pampuja dal suo inconfessabile segreto, l’innominato protagonista de Il demone da una legge che egli non può piegare alla sua volontà o ai suoi giochi crudeli. Sembra soggiacere alla uguaglianza numerica e all’ambientazione di ogni racconto una sorta di struttura flaubertiana: anche i Trois contes dello scrittore francese (Un cœur simple, La légende de saint Julien l’hospitalier, Hérodias) sono ambientati uno nell’età moderna, uno nel Medioevo della Legenda aurea, l’altro nel paesaggio e nel clima delle narrazioni bibliche. Calcolata o casuale, la corrispondenza è suggestiva. Altrettanto suggestivo il profilo dei protagonisti, tutti e tre intesi a mettersi alla prova sfidando o lo strapotere dell’autorità o un esercito da aggredire e vincere o quello che si definisce il senso comune. In realtà sono pulsioni profonde quelle che li guidano all’azione. Quale che sia il posto che essi occupano nel consorzio umano, tutti sono vittime di un’aspirazione a uscire dalla imprigionante condizione che è stata loro data per compiere, agli occhi degli altri o solo di se stessi, un’impresa alla quale affidare il proprio nome e attraverso la quale affermare la propria individualità. Questo non si compie, o resta un desiderio frustrato dall’impatto con una realtà che non corrisponde a quella che ognuno di essi per sé vagheggia e pensa di dominare. Una storia comune, infine; perciò non ci sorprende vedere il signor Pampuja del racconto La bambola come un fratello dell’innominato protagonista di una famosa novella pirandelliana, La carriola. Là, il personaggio narratore afferma l’identità della propria tragedia con quella di «chi sa di quanti!». Non si vogliono indicare corrispondenze tra differenti vicende, ma l’affinità che le connota, l’ansia di un sogno vano, la coscienza infelice di nascondere dietro una facciata di rispettabile normalità ciò che risulterebbe diverso a chi non vi sapesse leggere se non un’anomalia o una stravaganza. Palmieri racconta le sue storie in una prosa di classico nitore, attenta alla cura del particolare, cesellato e rifinito. È, la sua, una scrittura larga, ariosa, ricca di annotazioni nessuna delle quali risulta superflua. Proprio la scrittura dà suggestivo corpo alle ombre che si aggirano nello spazio della pagina, ai fantasmi cui la letteratura infonde vita e consistenza. Diverse le storie per contenuto e ambientazione, affini per ritmo e tono. Le salda in unità la sottile inquietudine che domina la pagina tramata di meraviglia, di gusto dell’invenzione, di gioco apparente fatto per trascinare il lettore nella fascinazione del racconto.

Nessun commento:

Posta un commento