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martedì 27 dicembre 2011

Amadou – intervento di Vito Antonio Conte























Ho iniziato a scrivere questo pezzo dopo averlo concepito mentalmente in almeno tre modi diversi. Intendo (dire) che questo è (ormai) il quinto incipit. Sì, perché il pezzo che avevo cominciato e, poi, quasi chiuso è “saltato”! Per una bizza del PC o, forse, perché sono stato maldestro nell’usarlo (il PC). C’è che c’ho (cècchècciò: a dirlo a viva voce e a ripeterlo è quasi un allegro motivo musicale…) combattuto per diversi minuti e, in fine, ho deciso di cestinarlo, ché il file si apriva, W (cioè il sistema) recuperava i dati, poi mi interrogava se volevo o meno segnalare il problema al dio dei PC, quindi chiudeva quel file, ne apriva un altro vuoto e… HO DETTO BASTA! L’ho preso come un segno: dovevo rifare il pezzo, ché quello perduto (per un qualche cazzo di motivo a me sconosciuto) non andava bene. Ché qualsiasi cosa, in un modo qualunque, non dipende soltanto dalla propria volontà. Ci vuole altro. Perché sia compiuta. Io ci avevo messo del mio. Forse non avevo aggiunto al mio volere di scrivere un pezzo: sarà “se ole diu”! Ovverosia: questo mio pezzo lo diventerà davvero, e circolerà, se dio vuole! “Se Dio Vuole” è il titolo del libro che letto tra sabato e domenica della scorsa settimana. Fresco di stampa per i tipi di “Giovane Africa Edizioni” (pagine 61, € 8,00), è la prima prova autoriale di Papa Ngady Faye (alias Amadou) e Antonella Coletta (compagni di viaggio in questo esordio letterario, come nella vita). Inshallah, mi ha detto Amadou, accompagnando l’invocazione-saluto col suo sorriso e con una gestualità appena cennata, come d i profonda preghiera.
In šā Allāh (إن شاء الله  ) -in lingua araba- significa (appunto) "se Dio [lo] vuole" e indica la speranza di una persona credente acché un evento possa accadere in avvenire. Io, preferisco l’equivalente "A Dio piacendo" (e mi capita di dirla spesso, anche se non vi dirò del mio rapporto con dio o, se preferite, con Dio). Il significato dell’espressione –in origine squisitamente religioso- ha assunto valenza (pressoché universalmente riconosciuta, in tutte le religioni ma non solo) di buon auspicio. A livello strettamente letterale “Sia fatta la volontà di Dio” (Inshallah) non ha connotati islamici, pur derivando del Corano; infatti, la sura Al-Kahf ("La caverna") recita: « Non dire mai di nessuna cosa: "Sicuramente domani farò questo", senza dire: "se Allah vuole". Ricordati del tuo Signore quando avrai dimenticato di dirlo e dì: "Spero che il mio Signore mi guidi su una direzione ancora migliore". » (sura XVIII, 23-24[1]); « E non dire di nessuna cosa: "La farò domani", senza aggiungere: "se Dio vuole". E se lo dimentichi, invoca il nome del Signore e dì: "Può darsi che il Signore mio mi guidi a far cose di questa più rette". » (sura XVIII, 23-24[2]). Trattasi di espressione tipicamente islamica, ché racchiude quasi un compendio della fede musulmana, esprimendo la totale sottomissione dell'uomo a Dio.
Perché questo excursus, vi chiederete. Non tanto per fornire un minimo di approfondimento sul significato di un’espressione usata di frequente a ogni latitudine (e spesso ripetuta come un “detto”…), ma per entrare nella maniera migliore (per quel che intendo io, all’evidenza) nello spirito di questo libro, oserei dire nell’anima del libro stesso. Avrei potuto dire che si tratta di una pubblicazione che contiene la leggerezza di una narrazione tra il diaristico e il romanzo (meglio, data la brevità testuale, di un racconto) di formazione, e la profondità della riflessione stimolata dalla fiaba, ché Pap’ Ngady Faye è uomo di stirpe “Griot” e si nota. Avrei potuto dire che i libri di Amadou non sono più nella mia libre ria. Avrei potuto dire che tutti i libri che Amadou mi ha venduto in tutte le strade in cui ci siamo incontrati continuano a girare. Tutti quei libri che erano suoi perché narravano di miti e leggende africane. Di favole. Di fiabe. Che non sono la stessa cosa (lo sai, vero?). E d’altro. Di quella Terra da dove anche lui è giunto. Di quella Terra madre di tutti. Anche se qualcuno non lo sa. O fa finta d’ignorarlo. Avrei potuto dire che tutti quei libri continuano a viaggiare (insieme a qualche altro migliaio e a altre parti di me…) da quando ho alleggerito il mio fardello di vita per rendere più agevole il mio cammino… Questo e ancora avrei potuto dire. E, siccome è un pezzo, scriverlo. Ma preferisco notare l’aspetto spirituale di questo racconto e l’unico vero modo possibile per farlo è avvicinarsi alla spiritualità di chi l’ha scritto. Partendo da qui, la lettura diventerà altro e, quel c he più importa, lascerà altro. Io, adesso, non ho più nulla di cui disfarmi. Tutto l’inutile e il superfluo ormai è fuori di me. Non dirò più BASTA! E, parlo con te ora Amadou, tu sai quanto può far male un BASTAAA! (pag. 44). Io il tuo libro (questo libro, ch’è tuo, proprio tuo perché lo hai scritto tu, non me lo hai soltanto venduto) lo conserverò, forse lo rileggerò, ché era destino incontrarti una volta ancora. Come il tuo destino, “Il destino di un venditore di libri”, nato in un altro Sud e giunto in questo Sud dal Nord. Lo custodirò il tuo libro Amadou (lo custodirò Antonella), ché un libro è (anche) dono e come dono va accolto. Con questo approccio ho letto “Se Dio Vuole”. Chi vuole conoscere il resto apra questo libro, ma prima abbia cura di aprire il suo cuore.



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