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giovedì 22 dicembre 2011

“Il buio delle volpi”: dolore e lamento di un estirpato dalla proprio terra di Roberto Martalò























Abbandonare la propria terra per cercare lavoro e fortuna altrove: quella dell'emigrante è una condizione che milioni di italiani hanno dovuto condividere per inseguire la speranza di una vita migliore. Partire con fiducia e aspettative, ma anche con timore e trepidazione per un futuro tutto da definire: anche questa è una condizione tipica dell'emigrante. Ma se si fosse costretti a partire? Se del domani a una persona non gli importasse granché? Anzi, se costui fosse più legato al passato che proiettato a guardare avanti?
“Il buio delle Volpi” di Tony Sozzo affronta il tema dell'emigrazione, rovesciandone però modalità e contenuto; nell'andare al Nord non c'è più quella chimera tipica di chi si sente pronto, con la convinzione di avere dinanzi svariate possibilità, a giocare una sfida con il destino, ma, al contrario, si prova una sensazione di condanna, come se si fosse imprigionati in una cella senza barriere, costretti a scontare una pena senza alcuna colpa. In questo modo, non è più il territorio a essere impoverito dalla partenza di tanta gente, ma è chi lascia la propria terra, che resta lì immobile, a sentirsi più povero.
Il protagonista del libro abita in un paesino del Salento e vive tra le sue certezze e le sue abitudini, senza avere alcuna ambizione, intrappolato in una volontà di eterno ragazzino. Così trascorre le proprie giornate a leggere libri, identificandosi con i personaggi che di volta in volta incontra in queste sue escursioni narrative, a parlare con l’anima di Hanno, il gatto morto e sepolto in campagna, a pedalare con la bici in giro per il paese. L’unico contatto con una vita normale è Marco e qualche rara uscita il sabato sera a Lecce, senza però socializzare con il resto della compagnia dell’amico. Rifiutando categoricamente di ammettere la diversità del figlio e nel tentativo di smentire quanti lo vedono come “lo scemo del villaggio”, il padre del protagonista decide di mandarlo al Nord dalla sorella alla ricerca di un lavoro e di una normalità preclusa nel Salento.
“Il buio delle Volpi” è un grido di dolore, un lamento di chi non accetta una vita all’insegna della responsabilità, di chi vive in un mondo identico e parallelo alla società contemporanea, di chi gode di un bel sole e di una brezza di vento, di un singolo momento senza pensare al domani.
L’autore organizza la narrazione come un flusso di coscienza del protagonista, conferendo un ritmo travolgente, incalzante, forse a volte anche eccessivamente. Si ha quindi un amalgama tra fatti e idee, tra azioni e pensieri, con continui cambiamenti di stati d’animo: una mescolanza espositiva che corrisponde alla confusione della psiche del personaggio principale. Un romanzo cupo che ha sì una certa originalità nell’affrontare l’emigrazione in un’ottica capovolta, ma che si dilunga un po’ troppo, rendendo meno efficace lo stile scelto.

Il buio delle volpi di Tony Sozzo
Lupo Editore, 223 pag, 16€

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