Quando
Piero Panesi muore, la sua terra e la sua epoca non ne vogliono sapere
di lui. Eppure Piero non è veramente del suo tempo: è troppo giovane o
troppo vecchio, come si preferisce.
Questo libro, invece, vuole essere un omaggio a Piero Panesi, alla sua
vita e alla sua arte baciata dal genio, che sconvolge le mode
artistiche, passa sopra le convenzioni sociali e culturali. Un libro
necessario, come lo definisce Sergio Torsello, uno dei due curatori
insieme a Paolo Torsello, che raccoglie gli articoli più significativi
apparsi sulla vicenda umana e artistica, nei ventuno anni trascorsi
dalla morte, corredati da trentaquattro opere che segnano momenti
salienti della produzione artistica di Panesi.
Piero Panesi nasce ad Alessano (Le), il 29 giugno 1959. Fin
dall’infanzia si nota una spiccata tendenza per l’arte figurativa,
allievo poi all’Accademia di Belle Arti di Firenze di Silvio Loffredo,
Panesi mostra di essere riuscito in pochi anni ad acquistare la
padronanza del disegno e del colore, della forma compositiva dei
materiali usati. Il suo messaggio al mondo avveniva talvolta con
pennellate violente ma la sua poesia, la dolcezza d’animo trasparivano
nella maggior parte delle sue opere.
Durante la sua breve esistenza, la sua opera pittorica è rimasta
completamente sconosciuta, e la vastità del suo lavoro è stata scoperta
soltanto dopo la sua morte. Dalla catalogazione generale delle opere
dell’artista, avviata nel 2006 dall’Amministrazione comunale di Alessano
nell’ambito del progetto Conservare la memoria, si è riusciti a
giungere all’identificazione di ben 621 opere, fra olii, tempere,
disegni, grafiche e una scultura, anche se molti sono i lavori ancora
sconosciuti.
Un talento precoce, Panesi, ma intimista, appartato, refrattario alle
mode e alle seduzioni dell’industria culturale. A scorrere le sue opere
vengono in mente le parole di Boris Vian quando dice: «L’arte deve
provocare nel pubblico uno shock violento, che sia attraverso la gioia,
la paura, il sesso o qualsiasi altra cosa!».
Lo shock, qui, viene dalla spazialità deformata, da androgini
malinconici che si crogiolano nella loro ambigua bellezza, da quelle
pennellate spesse, capaci di rivisitare attraverso la lente di una
personalissima cifra stilistica intere pagine di storia dell’arte.
La ricerca della bellezza e dell’armonia sono un denominatore comune fra
la pittura e gli scritti di Panesi, gelosamente custoditi dalla madre
dell’artista.
Dalla lettura degli appunti si comprende che la bellezza, antidoto ai
mali della vita e nello stesso tempo misterioso prodotto di questi, è
cercata da Piero Panesi non solo nella pittura, ma anche nella
scrittura.
Amo la pura pioggia di settembre…/ che sa ballare malinconica in punta
di piedi/ sulla veste di lava di un cuore accasciato./ E la amo perché
dona quei baci trasparenti/ negli occhi angosciati…/ accarezza sottile i
nervi spezzati e gli alberi secchi,/ i campi bruciati./ Amo la pura
pioggia di settembre che cura gli squarci/
dell’anima sanguinante.
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