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giovedì 6 ottobre 2011

Nefrhotel - Mi hanno venduto un rene di Giuseppe Cristaldi (Promo Music)





















Kamal è un ragazzino nepalese, orfano, naufrago nella miseria, eppure appartenente all'alta casta dei Newari, la casta egemone a Kathmandu, culla floreale dell'omertà. È innamorato di Buddha, il cui nome egli pronuncia per allontanare la paura mentre si sciacqua nelle pozzanghere o durante le meditazioni del nonno sciamano. Come tutti i suoi coetanei carezza il sogno di una vita, ma a differenza di essi sacrifica il corpo per realizzarlo: svende un rene ai trafficanti di organi che operano tra Oriente e Occidente. È una piaga di inaudite proporzioni che contrasta la diffusa spiritualità orientale, una dualità spirito/macelleria che si ripete in tutto lo sfogo di Kamal. È un vomito silente che scorre nel cinismo dei turisti sui risciò, nelle mani dei medici collusi con le organizzazioni dedite alla mercificazione delle vite, nella violenza e nello schiavismo perpetrati sui minori. Un vomito che rifluisce intorno ai bordi della vergogna e della rabbia, in cui a sopravvivere resta solo il sentimento improvviso della pietà come una reincarnazione nel futuro.

“Kathmandu - Calcutta, solo andata. Sì, io ritorno, io sì, ma ultimamente ho il vizio di farmi portavoce del mio rene e quello quando emette parola, tra una drenata e l’altra, è serio e sentenzioso; almeno lui conosce il proprio futuro, arresta la sua indefessa marcia di filtraggio, s’asciuga il sudore come un contadino della valle e dice che sì, questa è la volta buona che abbandoni un corpo immeritevole e infruttuoso a favore di altre mete capitaliste. Ha un suo orgoglio il rene, roba da schifiltosi, come il sangue. Sarà per la sua predisposizione al viaggio e per il fatto che anziché sborsare rupie egli guadagni somme cospicue per questi spostamenti. Lui ha un altro corso, ha già l’occhio al sorpasso, oltre l’umido opprimente di Calcutta; chissà, forse lo vedremo giocare a rimpiattino tra le finestre smog style del Colosseo, o improvvisare una piroetta circense sui resti del Muro di Berlino, prima di scendere in terra a piè pari, davanti al murales di Brezhnev e Honecker che si stampano un bacio in bocca. Chissà, forse ci invierà una fotografia sfocata mentre che l’ascensore vitreo lo sbatacchierà su e giù per i bulloni acciaiosi della Torre Eiffel. Il mio rene avrà la voce di tutti i turisti che mi hanno parlato e a cui ho affidato i miei occhi. Il mio rene avrà il piede veloce, la sillaba cis pronta per ogni kanon impicciona e il silenzio, come dire, alla moda.

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