In Puglia o meglio nelle Puglie, che abbracciano le terre di Foggia, di Barletta, di Bari, di Taranto, di Brindisi e di Lecce, non si passa per andare altrove. Chi le vuole ammirare deve venire apposta in questo “stivale” d’Italia, che si tuffa tutto intero nel mare sino a “finibus terrae”, ultimo lembo che – secondo la leggenda – o va visitato da vivi oppure, con l’anima, da morti. In pratica, si vuol dire che tutti dovranno conoscere queste contrade, contrassegnate da uno speciale, fascinoso richiamo, unico, irripetibile, meraviglioso. Un segno da noi, pugliesi residenziali, non percepito, reso sconosciuto, quindi non apprezzato, anche se immersi in esso. Un immenso dono naturale, che, in quanto tale, sembra non far notizia, non esprime ammirazione, non porta vanto. Gli altri, invece, lo scoprono subito sin da quando, provenienti da lontano, varcano il tavoliere foggiano e si incamminano verso la punta di Santa Maria di Leuca, luogo che salda l’amoroso incontro tra l’Adriatico e lo Ionio. Anni or sono, conversando ad Acquaviva di Marittima, vicina alla perla di Castro, con gli allora Principi del Belgio, Alberto e Paola, oggi regnanti, chiesi loro il perché avevano scelto, per una pausa vacanziera, il Salento, terra lontana, non facilmente accessibile, quasi esule. Chiesi, pure stando da noi, quale particolare seduzione li aveva catturati. La risposta fu netta: “la luce che si gode nei vostri luoghi, altrove non esiste”. Finalmente, il dono, rimasto occulto si manifestò anche ai miei occhi. Invero, al pari degli altri, qui dimoranti, mai ci avevo pensato, dimentico del tutto che proprio dalle coste adriatiche, pugliesi e salentine, si ammira la sorgente luce dell’alba. Parimenti, dalle coste ioniche di Puglia si scorge, al tramonto, l’abbagliante palla di fuoco del sole, che, calante, insanguina un mare azzurro più del cielo. È proprio questa luce, unica, fiabesca, stregona, cangiante nella sua intensità, secondo le ore del giorno, ad avvolgere, affrescare, tingere, smorzare, accarezzare le bellezze di Puglia e del Salento, in minima parte, filmate in questa pubblicazione, voluta, impostata e descritta dalla passione dell’editore Lorenzo Capone e dai suoi figli, che, con gli occhi, spesso smarriti e sedotti, hanno arato l’intera Regione, fissando colori, meraviglie, usi, costumi, paesaggi, angoli remoti e tesori nascosti. Un vero e proprio zibaldone dalle molteplici effervescenti sfaccettature, che fluiscono ed esondano come un fiume in piena, rendendo dolcemente curioso, attonito, sazio lo sguardo su un Creato posseduto, sfavillante, divino e terreno. Diciamolo pure: la Puglia, orgogliosamente ha tutto in sé. Certo, non possiede una economia forte e florida, fabbricata dall’imprenditorialità dell’uomo. Però, trionfa e ammalia la sua natura, consolidata dai secoli. E su tutto filtra la nostra luce, che reca esaltazione e splendidezza. Indora palazzi, castelli, masserie, dolmen, aree archeologiche, anfiteatri, cattedrali, cripte rupestri, ville, monumentali tappeti di ulivi, paesaggi mozzafiato e tant’altro. Giocherella, a nascondiglio, con i pupi, gli angeli grassi del barocco e i ricami dei rosoni romanici. Accarezza e bacia spiagge stupende, sabbiate e rocciose, dove fluttuano mari tersi e luccicanti. Ingemma una sequela di piccoli borghi, di grumi di bianche casette e di gentili, medie città, aperti all’accoglienza, all’ospitalità, all’amicizia, conditi di profumi caserecci e di piatti prelibati, innaffiati da vini genuini. Rende bagliori suggestivi sugli ottoni e sugli strumenti delle bande musicali, trionfo di armonie inedite e tradizionali, arricchite da marce baldanzose, circondate da spettacolari luminarie ornamentali, chiamate, oramai ad abbellire tutto il mondo. È sempre la nostra luce a scaldare antichi riti, usanze, costumi. Ravviva musei. Conforta eleganti silenzi. Avvampa pizziche vertiginose. Rende parlanti le trine di muretti a secco e le “paiare”, capolavori che sfidano le celebrate architetture mondiali. È sempre questo godimento di luce a dare più luce a fior di scrittori, di poeti, di artisti, di letterati, che scontano la colpa di essere nel giù più giù d’Italia, dove solo la voluta malizia dell’oblio ostinatamente oscura. Prima di sera, residui squarci di luce perdurano nella danza di civiltà stratificate e di quanti – nei secoli – hanno percorso la nostra terra pugliese. Alcuni l’hanno invasa, sfregiata, conquistata mai, però, domata. Altri l’hanno amata e arricchita, lasciando vestigia e memorie, che vivono ancora tra di noi, sprofondate nei secoli come le Grotte dei cervi di Porto Badisco, scoperte ma inviolate perfino all’aria e all’occhio di molti. In sintesi, gli spartiti armoniosi, scritti in questo volume esplodono di luccicante bellezza, che reclama conoscenza, e voglia di fruire degli occhi altrui in modo da renderli avidi di luce e di luci, per accecare il quotidiano buio della nostra epoca e rendere bagliori di speranza. Certo, non tutto è canto di elegia. Anche da noi frullano travagli, guasti, incertezze. Comunque, la nostra luce, unica, insuperabile, splende. Luce sovrana che aiuta ad amare la vita, a fruire delle cose belle, a salvaguardare il Creato, che, in Puglia, affresca un trionfo di grazia di Dio, pressante offerta a farsi vedere e a farsi amare. Venite in questa terra. La luce da capogiro non frastorna, fulmina il brutto, rifinisce il bello e luccica una sequela di meraviglie. Una luce da imbottigliare, da mettere – a ricordo – sul comodino delle vostre case con una bella etichetta: “made in Puglia”. E luce è anche in lontananza.
Benvenuti in Puglia.
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