L’Aquila che non c’è. Il 6 aprile del 2009, come è largamente noto, L’Aquila, un’intera città, per intero una città, è stata cancellata. Distrutta da uno dei terremoti maggiormente devastanti della storia. E, a un anno dal sisma, due giornalisti, giovani e indipendenti, Sabrina Pisu e Alessandro Zardetto, sono stati capaci, dopo un meticoloso lavoro di ricerca e registrazione, di far comprendere quanto ed esattamente in che maniera quel che rimane della vera city è divenuto un non-luogo. Oltre che, ovviamente, in che direzioni sono andati, quando sono andati, e per merito di chi, i soldi. Oltre che, per di più, di come e in che misura si può benissimo parlare, senza ormai rischiare d’esser tacciati per anti-italiani e non patriottici, d’una delle bugie più grosse ed eclatanti della storia moderna. Il destino del progetto C.A.S.E., infatti, per esempio, non può esser altro che la rappresentazione stessa d’un fallimento sociale e culturale. A parte economico. Anzi sconfitta in termini economici per la collettività, grazie al pubblico stesso, che fa rima baciata con il successo, la vittoria assoluta e definitiva, tranne per conseguenze eventualmente penali, di tantissimi, si dice, interessi in pole. Mister Bertolaso, l’uomo, il cosiddetto secondo Berlusconi, grazie al quale in miracolo è stato presentato ma non è avvenuto, è egli stesso l’emblema d’un’apparenza utile a gestire emergenze e catastrofi e, nel contempo, a fornire strumenti di lavoro ad amici e amici dei soliti amici. Il racconto, in forma d’inchiesta giornalistica minuziosa e fatto d’una puntigliosità dotata della voglia di sprofondare in parallelismi giustificati ove non giustificabili dalla cronologia strutturale del volume e opportuni, più interviste inopportune in quanto scomode, è infine utile a rendere presenza analizzate e finanche certissima d’uomini importanti per l’inizio e la fine, magari la prosecuzione, dei sogni d’aquilane e aquilani. Non a caso, il libro è chiosato dall’intervista al primo cittadino dell’Aquila, e forse benissimo non ne esce, buono sì quale “incidente” di percorso ma utile a una scena tanto grande da sembrare disponibile di spazi aggiunti appunto per questi soggetti minore. Ma l’umanità è spinata nelle nostre vene, invece, dalle testimonianze di persone pronte a spiegare pubblicamente un dramma custodito nelle segrete stanze d’una casa mai ottenuta, d’una dimora che non c’è. Al pari delle città sfumata. E che per sempre ricorderà i rintocchi del centro storico che fu.
L’Aquila 2010. Il miracolo che non c’è, di Sabrina Pisu e Alessandro Zardetto, prefazione di Curzio Maltese, Castelvecchi (Roma, 2010), pag. 254, euro 14.00.
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