Nell’agosto del 1942 Rachel Bespaloff sbarca a New York: inizia così il suo esilio americano, attraversato da una profonda nostalgia per la Francia. Alla patria perduta sono dedicati gli scritti raccolti in questo secondo volume delle opere: una lunga lettera d’amore indirizzata alla cultura francese, culla di valori inalienabili quali onore, coraggio, nobiltà. Charles Péguy, Georges Bernanos, Antoine de Saint-Exupéry, nonché i maestri del classicismo tragico Racine e Corneille sono i testimoni di un umanesimo che Bespaloff considera l’unico antidoto alla barbarie nazista che pervade l’Europa. Mentre il Vecchio Continente sprofonda nel «culto dell’orgoglio» delle mistiche nazionali, Bespaloff riflette su un’altra idea di appartenenza, elaborando un’originale posizione sionista. Gli orrori del conflitto mondiale impongono una domanda radicale: quanto conta la saggezza costruita dall’Occidente «nelle situazioni in cui l’uomo perde la facoltà di sentirsi uomo, in cui si trasforma in un oggetto superfluo, votato alle distruzioni meccaniche»? Meditando sul mistero dell’opera artistica e poetica, capace di imprimere una forma al caos, Bespaloff contrappone alla violenza del mondo un’etica della creazione fondata sull’istante, quel tempo decisivo in cui l’essere umano sceglie di assumere su di sé i rischi della libertà. Il volume contiene anche i due saggi pubblicati postumi, nel 1950, su Montaigne e Camus: testamento di una filosofa raffinata la cui eredità è ancora tutta da scoprire. Introduzione di Cristina Guarnieri.
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