Ritanna Armeni, con l’entusiasmo rigoroso e profondo di sempre, attraversa un passaggio cruciale della nostra Storia e dà corpo a una vicenda esemplare, che parla di coraggio e sorellanza, di forza e creatività, di gioia, paura, resistenza.
In un convento francescano di periferia, tra i
profumi del giardino e un nuovo quartiere in costruzione, suor Ignazia e
le sue sorelle si trovano nella surreale situazione di ospitare al
piano terra un’infermeria tedesca e al secondo alcune famiglie sfuggite
per miracolo al rastrellamento del Ghetto. A separarli, solo una scala e
l’audacia mite di chi non esita a mettersi in gioco fino in fondo.
Roma, nell’ultimo anno di guerra, non è «città aperta». I tedeschi, a un
passo dalla sconfitta, la stringono in una morsa sempre più spietata,
gli alleati stentano ad arrivare, i romani combattono pagando con il
sangue ogni atto di ribellione. In una città distrutta dalla fame, dalle
bombe, dal terrore, gli ebrei vengono perseguitati, deportati, uccisi,
come il più pericoloso e truce dei nemici. E la Chiesa? Mentre in
Vaticano si tratta in segreto la resa nazista e il pontefice sceglie,
più o meno apertamente, la via della cautela, i luoghi sacri si aprono
ad accogliere – sfidando le regole e perfino alcuni comandamenti – chi
ne ha bisogno.
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